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Codice del Paesaggio: dalla protezione teorica alla confusione (e cementificazione) reale

di Umberto Mazzantini - 04/01/2010

 

 

Il Sole 24 Ore annuncia compiaciuto che «Da venerdì scorso - in realtà da oggi, considerato il fine settimana festivo - si cambia passo. Tutti gli interventi sulle aree vincolate, a partire da quelli edilizi, devono prima essere approvati dalla soprintendenza. Dal 1° gennaio il parere del soprintendente - che fino all'altro ieri veniva espresso sul progetto già approvato dal comune e poteva fare leva solo su un potere di annullamento per vizi di legittimità degli atti - è diventato preliminare e vincolante. Se l'ufficio dei Beni culturali dice «no», non si può andare avanti», poi in un altro articolo, preoccupato delle possibili ricadute, titola e invoca: «Ambiente: proposte e non solo divieti».

Ad inquietare il quotidiano confindustriale è il fatto che quasi metà dell'Italia sarebbe protetta da vincoli di varia natura, a cominciare «dalla legge 431 del 1985 (la "Galasso) in poi il paesaggio è stato messo sotto chiave» ma ammette che questo è «Almeno sulla carta. Nella realtà, il sacco del territorio è continuato e continua».

Ed è proprio questa la questione: al di là del diverso ruolo e delle maggiori prerogative date alle soprintendenze, i vincoli paesaggistici ed ambientali in Italia sono spesso più teorici che reali, forzabilissimi attraverso la pianificazione ordinaria e ancor più con quella straordinaria (magari con l'aiuto di conferenze dei servizi ad hoc per agevolare iter e scavalcare vincoli), con varianti e piani, lottizzazioni e "miglioramenti ambientali", frutto di quell'urbanistica concertata che si trasforma spesso in urbanistica a richiesta.

In tutto questo "protezionismo" di facciata ha prosperato non solo l'abusivismo legalizzato ed incoraggiato dai condoni che ha notevolmente ridotto l'ampiezza di territori ancora virtualmente tutelati (e compresi nei conteggio del Sole) ma anche l'urbanistica legale di consumo e rendita che, con il consenso e le generose "prescrizioni" di diverse soprintendenze, ha invaso luoghi teoricamente immodificabili dal punto di vista paesaggistico.

Per rimanere in Toscana, basterebbe andarsi a fare un giro all'isola d'Elba, uno dei territori teoricamente completamente sotto vincolo paesaggistico (o lungo le coste nazionali protette dalla Galasso) per capire cosa si possa tranquillamente fare interpretando nella maniera più ampia ed ardita i vincoli e la legge regionale 1/2005.

La realtà è che le novità introdotte nel codice dei beni culturali e del paesaggio si scontra da subito con una situazione frammentata a livello regionale riguardo alla redazione dei piani paesaggistici e che il ministro Bondi ha dato il via libera ad un ulteriore taglio degli adempimenti per tutte le altre autorizzazioni paesaggistiche.

Il Sole 24 Ore spiega che con le nuove procedure di autorizzazione più di 2.600 comuni non hanno più le carte in regola per rilasciare i nullaosta e che il codice Urbani prevede che in questo caso le competenze tornino alle regioni. Il caos per le regioni e le soprintendenze, già carenti di personale e in ritardo sulle deleghe, sembra alle porte e l'ennesimo escamotage "facilitatorio" emergenziale si annuncia, sollecitato anche da architetti, geometri e costruttori per evitare un rallentamento nel rilascio delle concessioni e il rischio di blocco dell'edilizia in diversi comuni.

Intanto, mentre si paventano restrinzioni paesaggistiche, con un decreto di fine anno il governo trasferisce agli enti locali il patrimonio demaniale da vendere (edifici pubblici, caserme e altre installazioni militari, terreni, spiagge, fiumi, laghi, torrenti, sorgenti, ghiacciai, acquedotti, porti e aeroporti...), compresi i beni collettivi inalienabili «assoggettati a vincolo storico, artistico e ambientale che non abbiano rilevanza nazionale». L'articolo 5, comma b, prevede che la delibera del piano di alienazione e valorizzazione del Consiglio comunale «costituisce variante allo strumento urbanistico generale», una vera e propria modifica in automatico dei Piani regolatori, senza nessuna logica e programmazione. A completare il quadro l'articolo 6 che semplifica le procedure per l'attribuzione dei beni statali ai fondi immobiliari. Insomma Calderoli disfà quel che Bondi fa, aggiungendo confusione a confusione.

Per capirci qualcosa non resta che affidarsi a quanto scrive Attilia Peano nel dossier dell'Inu "Innovazioni in corso nella pianificazione paesaggistica delle regioni" e che commentiamo in un articolo seguente (segui link a fondo pagina).