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L'Ultimo uomo

di Martino Mora - 26/01/2010

riceviamo e pubblichiamo (ndr)

Cosa spinge un quotidiano di estrema sinistra come “Il Manifesto” a difendere, con tanto di foto in prima pagina, la candidatura di una strenua sostenitrice del capitalismo, del mercato e delle “guerre umanitarie” come Emma Bonino?
Cosa spinge i comunisti ex maoisti de “Il Manifesto”, che avversano gli Usa, Israele, il mercato, il capitalismo, l'esportazione della democrazia, a sostenere  con tanto trasporto  un' anziana militante radicale che non ha passato giorno della sua lunga vita politica senza dichiararsi a favore degli Usa, di Israele, del mercato, del capitalismo, dell'esportazione della democrazia?
E' presto detto. I comunisti del Manifesto apprezzano Emma Bonino perché si è battuta e si batte per divorzio, aborto, eutanasia, liberalizzazione delle droghe, matrimonio e adozione omosessuale,  esperimenti sugli embrioni.
E' evidente, leggendo gli articoli de “Il Manifesto” a firma di Norma Rangeri e Giuseppe Chiarante, che questi punti di contatto sono considerati più importanti delle differenze. E' più apprezzabile, quindi, agli occhi dei comunisti nostrani, essere abortisti  che essere anticapitalisti. E' più significativo favorire il matrimonio omosessuale che avversare le “guerre umanitarie”. E' più importante voler liberalizzare le droghe che difendere i palestinesi. Lo spinello libero conta più di Marx e il libero amore batte Gramsci con punteggio tennistico.
Qualche anno fa scrissi un commento intitolato “Da Gramsci a Jovanotti”, ma oggi lo intitolerei “Da Gramsci a Luxuria” (inteso come Vladimiro Guadagno, il travestito ed ex prostituto pugliese fatto eleggere in parlamento da Bertinotti e poi approdato sull' “Isola dei famosi”). Del resto, se Bertinotti fece eleggere Luxuria, Marco Pannella, l'eterno mentore della Bonino, portò in parlamento la pornostar Ilona Staller, in arte Cicciolina. Era il 1987 e credo che gli attuali comunisti glielo riconoscano come grande titolo di merito.
Quindi la libertà sessuale dell'individuo è più importante, per i comunisti di oggi, di qualsiasi altro tema all'ordine del giorno. Sono la libertà sessuale ed il modo in cui la si concepisce il metro per giudicare la bontà di una proposta politica, di un progetto culturale, e soprattutto della religione cattolica, che viene ormai giudicata quasi esclusivamente sotto questo aspetto (salvo poi chiudere gli occhi sull'Islam).
Si è quindi avverata la profezia di Augusto Del Noce, che previde il futuro del comunismo italiano come “partito radicale di massa”(nel senso di partito pannelliano di massa). Lo stesso si potrebbe dire, a maggior ragione, per le socialdemocrazie europee di Zapatero and company.
In realtà, i radicali di Pannella e Bonino meritano maggiore considerazione dell'attuale estrema sinistra,  perché, se non altro,  sono lucidi e coerenti. Consapevoli di rappresentare senza veli l'individualismo edonista della società dei consumi, di una società cioè priva di qualsiasi legame sociale e di qualsiasi trascendenza, destrutturata dal primato del denaro e della merce (nonché dal welfare state), decantano il primato di Mammona, esaltano le virtù del capitalismo e difendono le “guerre umanitarie” dello zio Sam. Pensano che tutti i popoli debbano seguire il nostro modello di sviluppo e i nostri costumi, e quindi si fanno apologeti della globalizzazione, dei diritti umani e dell'esportazione della democrazia. Per loro le uniche realtà degne di attenzione sono l'individuo-atomo e la società che lo ha generato e lo riproduce.
Come si sarà capito, è un'impostazione che non condivido per nulla, che anzi ribalto quasi completamente, ma che è almeno è lucida e coerente. Mi chiedo invece come si faccia a definirsi comunisti, anticapitalisti, a piangere lacrime di coccodrillo sul consumismo becero e la perdita di qualsiasi tipo di legame sociale, e poi continuare pervicacemente la linea di quel “godere senza ostacoli” di sessantottesca memoria che è la logica interna della società delle merci. Come si fa a dirsi no-global e poi concepire l'uomo come un povero atomo senza comunità,  senza famiglia (la famiglia va superata perché oppressiva), senza popolo (i popoli non sono soggetti storici), senza chiesa (che è  solo  oscurantismo), senza nessun tipo di appartenenza e di identità collettiva?
Ed, al contrario, cosa c'è di più “global”, di più “mondialista”, cosa nega maggiormente le differenze dell'individualismo egualitario, omofilo ed immigrazionista, che è ormai l'ideologia riconosciuta della sinistra radicale?
Da qui la nuova apologia del meticciato e dello sradicamento, che si camuffa di antirazzismo. La xenofilia e l'immigrazionismo cosa sono se non il rifiuto del dato etnico, del pensarsi come popolo, come identità collettiva, come civiltà?
La xenofilia, l'immigrazionismo, l'esaltazione del meticciato si sposano a perfezione con l'antinatalismo implicito nell'omofilia, nell'omosessualismo, l'altro grande cavallo di battaglia di questa sinistra allo sbando. Non ha forse affermato Gianni Vattimo (vero ideologo, assai più di Marx, della nuova sinistra radicale) che non importa se in Europa non si fanno più figli, che non è un problema se tra cento anni o poco più gli europei si saranno estinti? Ci sono gli immigrati, ha detto. E la clonazione, ha aggiunto. Ecco il punto di approdo: il nichilismo.
Non solo di Vattimo, certo. Tutte le volte che ho affrontato, con persone che si definiscono di sinistra, il problema della possibile estinzione demografica degli europei  -che rischia di essere anche l'estinzione di una civiltà, della sua arte, della sua letteratura, della sua filosofia, della sua musica – mi è stato risposto che, in fondo, questo problema non é poi davvero importante. Conta solo l'individuo, il qui ed ora degli individui.
L'estinzione demografica e culturale degli europei appare, agli stessi che piangono per l'estinzione del panda o dell'orso polare, un problema secondario, qualcosa di poco importante, forse in qualche caso anche segretamente agognato. Il panda sì, l'uomo europeo no. Per il panda occorre preoccuparsi, dell''uomo europeo chissenefrega.
Tutto questo non può che far pensare a Nietzsche. Non il Nietzsche del Super-Uomo (che non esiste né mai esisterà), ma dell'Ultimo-Uomo. E' questo, infatti il modello antropologico che oggi piace (a sinistra come a destra), e che ci si propone di diffondere ovunque. 
Nietzsche così immagina l'Ultimo-Uomo, quello che chiama “l'uomo più spregevole”:

Guardate! Io vi mostro l’ultimo uomo...
“Noi abbiamo inventato la felicità” — dicono gli ultimi uomini, e strizzano l’occhio....
Un po’ di veleno qui, un po’ di veleno là; ciò dona dei sogni gradevoli. E molto veleno infine per morire piacevolmente....
Chi vuole ancora regnare? Chi ancora ubbidire? Entrambe queste cose sono troppo penose.
Nessun pastore e un solo gregge! Tutti vogliono la stessa cosa, tutti sono uguali: chi sente altrimenti va da sé al manicomio.
“Una volta erano tutti pazzi” dicono i più astuti, e strizzano l’occhio.
Ora la gente ha gli occhi aperti, e sa bene tutto ciò che accade: se non ne ha di motivi da ridere!...
Ci sono piccoli piaceri per il giorno e piccoli piaceri per la notte: ma sempre badando alla salute.
“Noi abbiamo inventato la felicità” — dicono gli ultimi uomini, e strizzano l’occhio.

E' una profezia che oggi sembra essersi davvero avverata, come quella di un altro notevolissimo intellettuale dell'Ottocento, Alexis de Tocqueville, che preconizzò l'avvento di “una folla innumerevole di uomini simili ed eguali, che incessantemente si ripiegano su se stessi per procurarsi piccoli e volgari piaceri”, o quella di Max Weber, il grande sociologo, che immaginò  la venuta di “specialisti senz'anima, edonisti senza cuore”. Un  “nulla”  che crede “di essere salito a un grado mai prima raggiunto di umanità”. 
Per Nietzsche, per Tocqueville e Weber tutto questo era uno scenario terribile. Per Vattimo, la Bonino e “Il Manifesto” è qualcosa di cui compiacersi.