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Piano casa Berlusconi: Horror vacui

di Nicola Piro - 01/02/2010

 

Si dovrebbe poter fare l' analisi logica e grammaticale alle "terribilità"
(Michelangelo) che scrivono gli approssimatori dei quotidiani italiani allorché
si accingono a riportare il "pensiero" (o cosa vorrebbero esprimere) dei
rappresentanti della (mala)politica del nostro Paese. Ne verrebbe fuori una
tragicomica promenade letteraria che farebbe arrossire di vergogna Petrarca,
Dante e la folta schiera dei grandi del mondo letterario italiano.

Più che l' esposizione di sane proposte (il minimo che ci si potrebbe attendere da una
classe politica responsabile), si tratta di una continua passerella di parole senza
senso e costrutto logico, funzionale soltanto a legittimare un movimentismo fine a
sé stesso. L' ultima impennata di Fini e della Finocchiaro sulle uscite di un
"Berlusconi che irride il parlamento", pone l' interrogativo se ad irridere l'
Italia e le sue malconce istituzioni non siano - oltre ai soggetti testè citati - gli
"onorevoli" tutti: quelli che ci teniamo in Italia e gli altri esportati a Bruxelles.

Da quanto abbiamo dai quotidiani online - generosi nella profusione di gossip di
bassa tacca ed episodi di cronaca non certamente bianca - non si è capito bene se a
recarsi nella sede romana della stampa estera sia stato "sua sponte" il presidente
della Camera, Gianfranco Fini, o se si fosse trattato di un invito. Propendiamo per
una azione "combinata" in guisa che il mondo (preso certamente da ben altre e serie
ansie) potesse apprendere dei salti nel sacco di pelo dell' ex primus di An e, in
ispecie, del suo pensiero su Mussolini. Un giochetto non degno di un ex leader
politico cresciuto nel cono d' ombra del Duce che gli costerà caro in termini di
coerenza, coraggio, serietà politica e, non ultimo, affidabilità. Affari suoi,
direbbe Bonolis.

Ma veniamo al premier Berlusconi nel ruolo di saltimbanco, di conoscitore di tutto e
di nulla, specialmente quando i suoi discorsi ruotano attorno al mattone italiano
dalle dimensioni disunificate (quello adottato nella prassi progettuale e
costruttiva in Germania, dedotto dal sistema ottametrico secondo la relazione
100:8=12,5 cm, donde le dimensioni di 11,5x24x5,2/7,1 cm, rappresenta il modulo
"base" nell' edilizia al quale si riferiscono le dimensioni di un manufatto
edilizio, l' altezza dei comini spazi abitabili, le dimensioni al rustico di vani di
porte e finestre, etc.), liquefacendosi nei meandri della "questione abitativa" e
nella danza di un provvidimento sulla casa (cos' ha voluto intendere, lui
autoreferenziatosi "urbanista", per tale ?), sull' abitazione (cos' ha voluto
intendere, lui autoriferenziatosi "architetto", per tale ?), sulla villa (cos' ha
voluto intendere, lui proprietario di tante ville, per tale ?) che riguarda "quasi il
50% delle abitazioni, che sono monofamiliari o bifamiliari . Dalle ultime notizie in
nostro possesso sono il 25-28 % delle monofamiliari e 13-15 % bifamiliari. Cose dell'
altro mondo nella bocca di un ex palazzinaro che ancora sogna "new towns" attorno ai
grandi centri abitati, un po' sul modello da lui realizzato con la "Milano2".

Almeno Mussolini lasciava tutto alle menti di architetti, pianificatori e giuristi
di quella stagione, specialmente quando - come nel caso del concorso naz. le per la
costruzione della stazione ferroviaria di Firenze sollecitò Marcello Piacentini
(presidente della commissione esaminatrice dei progetti di concorso) affinché si
concedesse spazio alle "giovani leve". Infatti il progetto vincitore fu quello del
gruppo diretto dal giovane Giovanni Michelucci, in guisa che accanto alla chiesa di
Santa Maria Novella dell' Alberti potè essere poi costruito un complesso nel
linguaggio formale dell' Architettura Moderna. Tutto questo mentre a Berlino
Albert Speer con il suo gruppo di collaboratori si apprestava a portare avanti quel
grando (e disumano) progetto "Germania" nato dalla mente di Hitler.

Vorremmo, intanto, chiedere - anzi, chiediamo - al premier ed ex palazzinaro
Berlusconi cos' ha voluto intendere per "abitazione monofamiliare o bifamiliare".
Vero è, invece, che nell' Italia repubblicana abbondano tuguri e catoi abitati da
famiglie numerose (a fronte del lusso nel quale vegetano il premier e i signori
"onorevoli" di prima, seconda e terza taglia), tuttavia confondere una casa mono o
bifamiliare (la seconda tipologia è rarissima, se non a costi inaccessibili alla
famiglia medio-bassa italiana) con un alloggio mono o bifamiliare (?) è veramente da
asini, egregio signor Silvio Berlusconi.

Si può realizzare (e sarebbe auspicabile) un "tipo" edilizio come casa
"trigenerazionale" (nonni, figli, nipoti) articolata in piano-terra e 1°
sottotetto; d' obbligo il cantinato in c.a. per via dell' alto grado di sismicità del
territorio italiano, destinando il 2° sottotetto, nel caso di falde di tetto
fortemente spioventi, agli impianti tecnologici) della superficie media lorda
complessiva di 130-140 mq., su un lotto di terreno ci 300-400 mq e del costo
complessivo di 250.000 € che, afronte dei miserabili appartamenti offerti dall'
ingorda categoria di costruttori del belpaese, in generale, milanesi e romani (v.
gli scandali denunciati nelle due metropoli, Milano e Roma, da "report"), in
particolare, rappresenterebbe una grande conquista sociale. Un realtà, questa,
percepibile in quasi tutti i paesi dell' area mitteleuropea.

Ma che, scherziamo ? Dietro le terga del premier ex palazzinaro, è stato imbandito un
"tavolo tecnico" fatto di assicelle di truciolare attorno al quale siede il suffleur
e sottosegretario Gianni Letta che fissa nel limite di 72 ore il tempo entro il quale i
"governatori dovranno mettere a punto un inventario delle misure da introdurre in un
provvedimento che dovrebbe essere varato in Cdm"; mentre il "Merkur" del Pdl, il non
proprio tanto lindo ma ministro degli Affari Reg. li, Raffaele Fitto ("Due o tre
giorni sono determinanti al fine del provvedimento"), il neo-sc, ministro per l'
Attuazione del programma di Governo, Gianfranco Rotondi, ("Dal Pd il solito disco
rotto: accuse infondate"), i "difensori" degli interessi dei lavoratori, Raffaele
Bonanni ("Un accordo interistituzionale tra governo e regioni"), e Luigi Angeletti
("Il peggio non è passato"), i portavoce degli Enti Locali, Vasco Errani e Leonardo
Dominici ("Siamo sul binario giusto"), il governatore della Toscana, Claudio
Martini ("Ci sono molte questioni che non sono assolutamente condivise; penso ai
cambi di destinazione d' uso, al mercato delle cubature o delle vacche, a procedere in
deroga a tutto"), il governatore del Regno delle Due Sicilie, Raffaele Lombardo
("Venerdì nessun decreto-legge sarà adottato. . ."), il ministro delle Riforme,
Umberto Bossi ("Meglio trattare con le Regioni e trovare l' accordo, così si evitano
scontri. Io ho bisogno di un locale per far studiare i figli"). . . tutti i
"lorsignori", chi più e chi meno, hanno detto la loro sapendo bene tutti che un
problema sì cogente come quello della casa o dell' alloggio, resterà lettera morta.

Lacerante, quanto commovente, da lontano arriva il grido/monito del sàtiro, capo
pro-tempore del Pd, Dario Franceschini, alle prese con la diarrea dilagante nel suo
partito, che ha definito il piano-casa "un decreto cementificazione . . .,
dappertutto, in deroga ai piani regolatori nei centri storici come nelle coste"
(pensieri di un' altro esemplare, ma "giurista", dell' ignorantia oceanica della
politica il quale, come il suo predecessore e co-autore del terzo Sacco di
Roma, Veltroni, non ha ancora capito che la gestione ed il controllo dello sviluppo
urbano - soprattutto di quella città "storica" italiana nata dalle radici della
"polis" della Magna Grecia dove oggi scorazza l' antistato - e la tutela dei centri
storici sono prerogativa dei Piani Particolareggiati e degli Statuti urbani, ma
anche di rigorosi Regolamenti edili regionali, giammai ambiti di Piani Reg. ri
Generali.

Ma il premier-quater "ghe pensi mi", Silvio Berlusconi, continua a sventolare la
bandiera di un fatturato di 60 miliardi e di percentuali senza capo né coda, mentre la
cultura internazionale trepida per il futuro dell' Italia dell' urbs, della civitas
e delle città ideali del Rinascimento, sino alle città di fondazione del Fascimo.

Così loro vissero tutti felici e contenti ed agli italiani restarono pene e tormenti.

Su Rinascita, il Quotidiano della Sinistra Nazionale, dell' 8 aprile 2009