Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Vita dura per la lobby biotech

Vita dura per la lobby biotech

di Luce Manara - 03/03/2010

  
 
L'Italia non digerisce questa patata bollente

Nonostante in Italia (in Vaticano) ci sia qualcuno che sta escogitando sotterfugi pro Ogm addirittura per conto di Dio - siamo pur sempre un paese a sovranità limitata - i vertici di Assobiotec farebbero bene a rimettere in frigorifero lo champagne. La decisione sulla patata è sì «storica», ma solo perché sancisce definitivamente la sudditanza (per non dire altro) della Commissione europea nei confronti della lobby transnazionale del biotech. Quanto al nuovo tubero della Basf, non ne resterà mai traccia nei nostri campi. Il colosso tedesco, infatti, ha già definito contratti in Germania e nella Repubblica Ceca, ed è improbabile che in futuro decida di contaminare un territorio che per conformazione è il meno adatto per accogliere gli Ogm.
Questo non significa che l'Italia non sia sotto attacco, il fatto è che l'autorizzazione in campo aperto degli Ogm è un percorso complicato e minato soprattutto per i pasdaran dell'industria biotech. Tant'è che a tutt'oggi (fatta eccezione per qualche timida pianticella universitaria coltivata nel viterbese) non esiste nemmeno lo straccio di una sperimentazione sul nostro suolo. Le regioni, quasi tutte, non ne vogliono sapere, i cittadini li vedono sempre con il fumo negli occhi, le confederazioni agricole sono da sempre contrarie, non ci sono grandi industrie che hanno interessi materiali (tipo Basf in Germania) e la grande distribuzione, già in crisi, non ha nessuna intenzione di imbarcarsi in un business così squalificante.
Eppure, altro tentato colpo di mano, alcune settimane fa il Consiglio di Stato, con una sentenza sconcertante, ha imposto al governo di predisporre gli atti relativi all'autorizzazione alla semina di un mais Ogm di Monsanto (Mon 810). Un'altra decisione storica, per Assobiotec, che ha finto di scambiare questa sentenza come un'imposizione di fatto alla coltivazione del mais modificato. Ma così non è. E proprio in queste settimane c'è una Commissione Sementi che sta «valutando» le carte (entro il 19 aprile si dovrà pronunciare, ma probabilmente sarà un diniego perché oggettivamente in Italia non ci sono le condizioni per seminare Ogm). E se così non fosse, al massimo ci toccherà assistere a qualche pericolosa semina provocatoria per mano di alcuni fanatici friulani disposti a tutto pur di fare da testa di ariete alle multinazionali del biotech. Ma queste, per ora, sono suggestioni. Tanto più che le nostre Regioni non si sono ancora dotate delle cosiddette linee guida che dovrebbero garantire la coesistenza tra colture Ogm e tradizionali: distanze tra i campi, vincoli per la semina e sanzioni per chi inquina.

Il «nostro» ministro Luca Zaia, che anche ieri ha minacciato addirittura un referendum popolare per sbarrare la strada agli Ogm, per ora, a chiacchiere, sembra essere una garanzia - come lo è stato Gianni Alemanno. Il problema però è che presto rischia di tornare nel suo Veneto da «governatore» e - considerate le pressioni esistenti - il governo potrebbe anche essere tentato di rimpiazzarlo con un ministro più malleabile, se non addirittura favorevole agli Ogm (in parlamento c'è una cordata bipartisan disposta a tutto pur di propagandare la retorica della «scienza che non si può arrestare»). C'è poi un altro fattore che concorre a lasciare nel frigorifero lo champagne di Assobiotec: il fattore B, sempre lui. Sì, perché la potentissima Coldiretti (come ai bei vecchi tempi della Dc) ormai si è decisamente assestata dalle sue parti, ragion per cui difficilmente B. potrà inimicarsi la confederazione più influente azzoppando il suo cavallo di battaglia: il «no» agli Ogm.
Detto questo, su scala planetaria, la decisione della Ue è grave, per cui bene fanno tante voci a levarsi in coro per chiedere un referendum popolare che tuteli il nostro sistema agricolo e i prodotti made in Italy. Sarebbe la prima volta, dopo tanti anni, che una «certa area» riesce a farsi ascoltare dalla maggioranza dei cittadini.