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La ripresa non si sente ma per i soliti noti la festa non è mai finita

di Massimo Fini - 14/03/2010


 
 
Si sente molto disagio in giro, scoramento e anche rabbia, ascoltando i discorsi nei bar, nelle pizzerie o parlando con i negozianti. Ciò che ha colpito di più la gente in questa nuova mandata di scandali non è tanto la corruzione in sè, ma il fatto che i suoi protagonisti, ricchi signori, non bisognosi di nulla, piazzavano figli e nipoti in impieghi remunerativi mentre i loro fanno una fatica boia a trovarne uno a bassissimo reddito, o non ce l’hanno o l’hanno perduto.
Questo è il caso del figlio del mio cartolaio, una piccola cartoleria di quartiere. Questi commercianti, marito e moglie, gente modesta che ha lavorato una vita, che ha fatto sacrifici per mantenere i figli, un maschio e una femmina, agli studi, per farli laureare, erano particolarmente orgogliosi di quel loro ragazzo che insegnava matematica, una materia in cui non si può bleffare. Da sette anni alla Statale di Milano, prima come dottorando di ricerca, poi come "assegnista", sostituendo in tutto e per tutto il titolare di cattedra, in perenne giro per il mondo per convegni, facendo lezione, esami, laboratori. Adesso, in virtù della combinazione della legge Gelmini e della stretta della Finanziaria, finiti i quattro anni da "assegnista", si trova a spasso. "In università lo stimano" mi dice il cartolaio" e del resto conosco mio figlio e so che ha lavorato con scrupolo e diligenza. Peraltro i suoi studenti gli hanno dato un voto altissimo, ma non c’è possibilità legale di trovargli un posto all’interno dell’università. Sette anni buttati via. Lui adesso se la cava dando lezioni private, ma è molto depresso e temo per la sua salute. Oltretutto queste categorie non hanno cassa integrazione né alcun tipo di ammortizzatore sociale. Io sono furibondo e temo di commettere uno sproposito".
Meno sensibile è invece la gente alla corruzione. Non percepisce esattamente che anch’essa ricade sulla sua testa. La prima Tangentopoli, secondo i calcoli del professor Cazzola, costò 630mila miliardi alla collettività, un quarto del debito pubblico. Se non ci fosse stata forse non esisterebbe, almeno nei termini drammatici che conosciamo, il problema delle pensioni, e forse il figlio del mio cartolaio avrebbe il posto che gli spetta.
I Telegiornali dicono che c’è la ripresa economica. Ma intanto i disoccupati aumentano. E allora ci si chiede, e se lo chiede anche il mio cartolaio, di che ripresa di tratti e se, per caso, l’economia sia ancora al servizio della popolazione o non sia la popolazione al suo servizio.
Proprio davanti a casa mia è stato raso al suolo un bosco, che era sorto spontaneamente sul terreno delle ex Varesine. Ci costruiranno la "città della moda", con tre grattacieli alti fra i trenta e i trentacinque piani e altre cementificazioni. Ma intanto il sindaco Moratti, dopo aver distrutto uno dei pochi polmoni verdi della città, ci obbliga, per motivi economici, ad andare a piedi la domenica, la sola giornata in cui potremmo utilizzare l’automobile per i nostri svaghi.
Entro in un famoso ristorante molto trendy di Milano e ascolto i discorsi ai vari tavoli. "Domani parto per New York, poi mi sposto a Chicago, quindi torno a Milano ma facendo una capatina in Thailandia". E allora ti tendi conto che forse la ripresa c’è, ma per i soliti noti, gente che se gli chiedi che cosa fa nella vita risponde come il personaggio di Moretti: «Faccio cose, vedo gente». E mi chiedo fino a quando il cartolaio, o suo figlio, continueranno a subire.