Ho scoperto, leggendo i dati ufficiali sui redditi degli italiani, che viviamo in un Paese povero. Tale deve essere considerata l’Italia se «circa la metà dei contribuenti dichiara non oltre 15mila euro annui e circa due terzi non più di 20mila euro». Secondo le statistiche il 52% del totale dell’imposta é pagato dal 13% dei contribuenti con redditi oltre i 35mila euro. Dunque chi guadagna più di 35 mila euro va considerato ricco. E, in fondo, un benefattore.

Dalle cifre emerge un Paese schizofrenico. La Lombardia ha il reddito medio più alto, pari a 22.540 euro, ma il Lazio è quello che mediamente paga più imposte pro capite (5′740). Solo l’un percento dichiara più di 100mila euro.
I conti non tornano: con questi livelli di reddito non si giustificano le quotazioni del mercato immobiliare, nemmeno calcolando l’effetto leva dei mutui, perché per quanto si possa ottenere denaro in prestito, le rate poi vanno pagate e devono essere proporzionate al reddito, dunque inevitabilmente contenute.

Non c’è proporzione con il numero di auto possedute (tra l’altro l’Italia credo sia il secondo Paese in Europa per vetture di lusso), né con le spese per le vacanze, per l’abbigliamento e per lo svago.

Delle due l’una: o questo Paese vive da sempre oltre il proprio livello di reddito o è un Paese di furbi ma forse più semplicemente di gente che si protegge da uno Stato inefficiente e oneroso, che impione tassazioni straosferiche. Chi può evade e non si sente in colpa, perché pensa di tutelarsi da un’ingiustizia.

E’ un Paese contraddittorio che non sviluppa senso civico, né fiducia sociale, in cui ogni cittadino tenta di crearsi piccole bolle di benessere e di protezione familiare, nella speranza che questo sia sufficiente per superare ogni bufera.
La formula ha funzionato per tanti anni, ma la crisi sta incidendo pesantemente sul nostro tessuto produttivo e sulla nostra struttura sociale. L’Italia è sempre più vecchia, demotivata, portata a vivere più di rendita che a creare nuova ricchezza. S
E questo mi preoccupa. Storicamente questo atteggiamento è perdente e conduce al declino e alla povertà.

Mi chiedo: è ancora possibile rilanciare un Paese ricco di straordinarie individualità, ma cronicamente scombinato come questo?