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Vittimie e carnefici di una inutile tragedia greca

di Galapagos - 29/04/2010




Perché è successo? E, soprattutto, a chi giova? Sono queste le domande (senza risposte) che si intrecciano sulla crisi che ha precipitato la Grecia sull'orlo del baratro e rischia di trascinarvi anche Portogallo, Spagna e Italia. Come è potuto accadere che un paese che ha alle spalle un area di quasi 500 milioni di abitanti nella Ue e una moneta comune arrivi a questo drammatico punto? Di chi le responsabilità? Proviamo a ripartire dall'inizio nella descrizione di ciò che è accaduto. A fare da detonatore è stata la finanza che ha fatto esplodere l'economia reale. E qui iniziano i problemi della Grecia che non ha una industria avanzata. Precipita il Pil e cresce le spesa pubblica: nel 2009 - anno elettorale - il governo conservatore è stato prodigo. E per nascondere i buchi di bilancio non ha esitato a ricorrere (con l'aiuto di varie banche) a trucchi contabili. Il risultato è stato che in settembre il governo Papandreou ha rivelato che il deficit sfiorava il 13%, il doppio di quanto programmato. E iniziata così la fuga dai bond pubblici e quella dei capitali all'estero, nonostante gli annunci di una manovra correttiva «lacrime e sangue». Fin qui emergono le responsabilità della Grecia e della speculazione.

A questo punto sarebbe stato necessaria una forte solidarietà dell'Unione europea: tutto - anche al vertice dei capi di stato e di Bruxelles - si è risolto in vaghe promesse di aiuti bilaterali (anziché un prestito comunitario) che si sarebbero affiancati agli aiuti dell'Fmi. Perché? Due i motivi: il primo riguarda l'atteggiamento della Germania; il secondo la pochezza e la scarsa coesione politica della Ue. Ma anche della Bce che - alla prima vera prova, e dopo aver inondato di soldi il sistema creditizio - ha dimostrato tutta la propria impotenza seppure masticando amaro per «l'intrusione» dell'Fmi. Dopo una breve pausa, quindi, la speculazione ha ripreso ad operare alla grande con forme diverse: non più vendite di obbligazioni elleniche in portafoglio, ma con vendite di bond che non possedeva. Si chiamano operazioni short, cioè vendite allo scoperto per deprimere i prezzi delle obbligazioni.

L'operazione è riuscita alla perfezione: ci sono sul mercato titoli pubblici ellenici che rispetto a un valore nominale di 100 vengono venduti a 60-70. E questo ha fatto schizzare verso l'alto i rendimenti: oltre l'11%, con un differenziale enorme - oltre l'8%, 800 punti base, come scrivono i media - rispetto agli omologhi bond tedeschi. Gli alti tassi pongono una seria ipoteca sulle prossime emissioni del debito pubblico greco: dovranno essere offerti tassi di rimunerazione molto alti, aggravando così i problemi di deficit pubblico che si cerca di ridurre. Da un punto di vista sociale significa che i sacrifici richiesi alla popolazione finiranno a rimunerare la rendita: anche se per stare tranquilli, e garantirsi contro il rischio di default, gli investitori saranno costretti a stipulare una polizza - Cdw - non proprio a buon prezzo. Ma la speculazione scommette anche su questi strumenti finanziari spingendoli al rialzo.

La crisi globale dei mercati finanziari non sembra aver insegnato nulla e la speculazione seguita a «sgavazzare» alla grande. Gli hedge fund fanno il loro «dovere». Come Soros (speculatore-filantrofo) - quando all'inizio degli anni '90 - provocò il collasso della lira e della sterlina. Il problema è che a non fare il proprio dovere è la politica, l'ottusità dell'Europa che quanto meno ha sottovalutato quanto stava accadendo. La crisi greca somiglia molto a quella argentina degli anni '90: l'aggancio al dollaro forte fu all'origine del tracollo di Buenos Aires. La Grecia non era pronta a entrare nella moneta unica: fu forzata a farlo anche dalla Germania che aveva bisogno di sbocchi sicuri delle sue merci senza l'ostacolo di una dracma ondeggiante. Ora la Grecia sta trascinando al ribasso l'euro che la Germania vorrebbe forte e potrebbe pagarne le conseguenza con un aumento dell'inflazione, ma con la certezza che il suo export ne beneficerà. Trovare i colpevoli della crisi non è difficile. E tra chi tira un sospiro di sollievo ci sono i grandi paesi indebitati (Gran Bretagna, Usa e Giappone) che vedono spostarsi su altri fronti i possibili rischi per le loro monete e il proprio debito.