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Intercettazioni, scacco all’anello più debole

di Roberto Paradisi - 25/05/2010

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Voglio chiarire preliminarmente il mio punto di vista. Che è questo: la libertà e la riservatezza di un cittadino per bene vengono prima del diritto di cronaca. Non si possono mettere sullo stesso piano due valori che di pari grado non sono. Con una precisazione, però: quando la cronaca riguarda personaggi pubblici e i fatti hanno una indubbia rilevanza pubblica e politica, senza dubbio il bilanciamento torna in perfetto equilibrio. Non si può non partire da tale presupposto per commentare il nuovo colpo di scena sul ddl delle intercettazioni.
L’altra sera, la commissione Giustizia del Senato, che avrebbe dovuto dare la stretta finale al provvedimento, ha annunciato, per bocca del suo Presidente Berselli, che si riunirà in seduta notturna lunedì sera. Ma la notizia è un’altra: la commissione ha intanto bocciato gli emendamenti presentati dalle opposizione per sopprimere le norme sulle intercettazioni che inaspriscono le pene per giornalisti ed editori.
Il testo che ci si appresta a varare, quindi, prevede il carcere fino a due mesi o l’ammenda da due a 10mila euro per il cronista che pubblica o riassume atti di indagine prima dell’udienza preliminare. Via libera anche alle multe per gli editori da 64.700 a 464.770 euro. Si tratta, evidentemente, di un giro di vite robusto contro la stampa. Forse troppo. Certo, non è il caso di buttarla sul catastrofismo delirante, come ha fatto il senatore Ligotti del Pd che ha dichiarato che tali restrizioni aiuteranno la criminalità organizzata. è vero il contrario: spesso, quando filtrano notizie su indagini delicate contro la criminalità, è il crimine che ne trae profitto. Il punto pertanto è un altro.
Lo riassumo con una domanda: perché si sceglie di colpire duramente solo la parte terminale di ogni vicenda di pubblicazione di atti di indagine? Perché a pagare devono essere solo i giornalisti? Il Governo di centrodestra sbaglia due volte. La prima, quando vorrebbe punire un cittadino per bene (tale è, generalmente, il cittadino che svolge la sua onesta carriera di cronista) con sanzioni spropositate. La seconda, quando, forse per paura degli “intoccabili”, non tocca i veri centri di smistamento delle notizie riservate. Che sono le Procure. Troppo facile sanzionare la ruota più debole del carro.
Se, dunque, una critica deve essere fatta al ddl sulle intercettazioni, questa non riguarda la volontà di imbavagliare la stampa (fatto salvo per la questione, già denunciata da queste colonne, relativa al divieto assurdo di intercettare una conversazione in cui si è presenti), piuttosto la schizofrenia dei provvedimenti sanzionatori. Non solo. Per tornare al punto di partenza, occorre precisare che un conto è la divulgazione di notizie riguardanti reati veri e propri (comunque mai dovrebbero filtrare nel corso delle indagini preliminari, anche per garanzia verso gli indagati), altro conto è la divulgazione di fatti privati e riservati che, al massimo, costituiscono notizie idonee a solleticare curiosità morbose e particolarmente squallide.
Faccio un esempio: una delle argomentazioni utilizzate per attaccare il ddl è stata la constatazione che, con l’approvazione di queste norme, non avremmo mai saputo che dei costruttori brindavano la notte del terremoto de L’Aquila. Bene, ma a parte lo squallore di tutto ciò, dove sta il reato? In quanti, anche tra i moralisti soloni, possono dire di non aver mai fatto al telefono, con un conoscente o un amico, una battuta truce e cretina? è pensabile vedersela ritrovare su tutti i quotidiani ed essere indicati al pubblico ludibrio per una battuta idiota?
Lo Stato, prima di entrare nel letto e nei telefoni di un cittadino e di permettere che il mondo sia informato di quello che avviene privatamente, dovrebbe pensarci dieci volte. Nozick, uno dei più lucidi filosofi del diritto americani, ha spiegato che lo Stato dovrebbe essere un «guardiano notturno», evitando ogni interferenza molesta nella riservatezza del cittadino. Ebbene, più che «guardiano notturno», l’impressione è che il nostro Stato stia diventando un «guardone notturno». è ora di mettere un punto. Ma, per favore, non utilizziamo i cronisti come capro espiatorio.