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Toh! chi si rivede: l'austerità

di Alessandro Farulli - 26/05/2010

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E ti pareva che quei "comunisti" di greenreport non ti tiravano fuori per l'ennesima volta il discorso di Berlinguer sull'austerità del 1977 all'Eliseo di Roma. Sarà anche la nostra coperta di Linus, ma quando leggiamo in prima pagina del Sole24Ore Alberto Orioli sostenere, sotto il titolo "Lo sviluppo a tempo di austerity", che siamo in «Tempi di sacrifici, dunque. Tanto più efficaci quanto più sarà visibile e condiviso il motivo per cui si faranno» e che «non sarà sufficiente presentare agli italiani misure utili solo per evitare il baratro, per tamponare una falla sia essa nazionale o europea. Funzioneranno, queste misure, se il paese tutto avrà la percezione di stringere i denti per obiettivi "positivi" come sono, ad esempio, la necessità di tornare a crescere e l'esigenza imprescindibile di recuperare la fiducia», alla memoria tornano le parole di quel signore che, ai tempi, qualche cosa l'aveva capita davvero.

Nel 1977, dopo una crisi che al confronto dell'attuale fa ridere, parlava di un'esigenza che «nasce dalla consapevolezza che occorre dare un senso e uno scopo a quella politica di austerità che è una scelta obbligata e duratura, e che, al tempo stesso, è una condizione di salvezza per i popoli dell'occidente, io ritengo, in linea generale, ma, in modo particolare, per il popolo italiano. L'austerità non è oggi un mero strumento di politica economica cui si debba ricorrere per superare una difficoltà temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il ripristino dei vecchi meccanismi economici e sociali. Questo è il modo con cui l'austerità viene concepita e presentata dai gruppi dominanti e dalle forze politiche conservatrici. Ma non è cosi per noi. Per noi l'austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l'esaltazione di particolarismi e dell'individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato. L'austerità significa rigore, efficienza, serietà, e significa giustizia; cioè il contrario di tutto ciò che abbiamo conosciuto e pagato finora, e che ci ha portato alla crisi gravissima i cui guasti si accumulano da anni e che oggi sì manifesta in Italia in tutta la sua drammatica portata».

Qualcuno può sostenere che quanto diceva allora sia datato? Non è una questione di nostalgia è che la storia gli ha dato ragione, ma come si è capito da tempo, essa non è - come sosteneva Cicerone - maestra di vita. Perché ancora una volta di fronte al fallimento di un modello di sviluppo l'austerità non è vista come un'opportunità, bensì «gli esponenti delle vecchie classi dominanti e molti uomini del governo, quando arrivano a tanto, non sanno andare più in là dell'obiettivo di riportare l'Italia sugli stessi binari su cui procedeva lo sviluppo economico prima della crisi. Come se quelle vie e quei modi dello sviluppo possano rappresentare ancor oggi un ideale di società da perseguire, e come se, soprattutto, la crisi di questi anni e di oggi non fosse esattamente la crisi di quel modello di società (crisi in atto non solo in Italia, ma anche, in forme sia pure diverse, in altre nazioni europee)».

Di nuovo c'è che il centrodestra pare si sia accorto che c'è un problema enorme di evasione fiscale arrivato a toccare quota 120 miliardi di euro e che forse sarà il caso di andare a grattare da lì qualche risorsa per «un'azione amplissima contro gli sprechi e per il risparmio in ogni campo» cosa per la quale appunto si «avrebbe bisogno dello stimolo, della direzione, dell'iniziativa continua di un governo che sapesse davvero esprimere l'autorevolezza politica e morale oggi indispensabile».

Ma c'è di più ovviamente e c'è dell'altro. Oggi si vara in serata la manovra del governo e vedremo questi 24 miliardi di euro (si parla esplicitamente di "sacrifici pesanti") dove si andranno a prendere. Si dice niente nuove tasse, niente condoni (?), niente macelleria sociale. Addirittura il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti sostiene che si parte dall'assunto secondo il quale «in un periodo di riduzione generale delle spese e' giusto che chi guadagna di più dia un segnale equo al Paese». Roba da comunisti veri! Ma vediamo come andrà a finire. Il tempo, questo sì, è galantuomo. Ma anche tiranno per la crisi ecologica e sociale almeno al pari di quella economico-finanziaria.

Il problema ovviamente non è solo l'Italia, è l'Europa che deve riprogrammare la propria idea di sviluppo che nella realtà sarebbe più un riappropriarsi dell'impostazione che anche a Lisbona era stata ribadita. Questione che non è sfuggita a Mario Monti che infatti nel sua proposta sulle Nuove strategia per un mercato unico Ue consegnate giorni fa a Barroso (su richiesta dello stesso), mette tra i punti focali: sfruttare le potenzialità del mercato unico per sostenere la crescita verde e la transizione dell'Europa verso un'economia caratterizzata da basse emissioni di carbonio e da un uso efficiente delle risorse.

Il tema quindi è ancora come si intende uscire dalla crisi e che via si vuole seguire dopo. Un modello di sviluppo alternativo incentrato sulla sostenibilità sociale e ambientale ispirato all'austerità soprattutto in occidente è possibile e avrebbe, se costruito con una governance mondiale, gli effetti di definanzializzare l'economia, renderla più attinente alla realtà, mirata alla conservazione delle risorse non rinnovabili e allo sviluppo di quelle rinnovabili senza più l'ansia di una crescita di tutto e a tutti i costi. Un mondo possibile, contro il quale però troppe forse cercano di impedirne persino l'auspicio.

Chissà, infatti, cosa direbbe oggi Enrico Berlinguer, come leggerebbe questo magmatico tempo della globalizzazione, dello spreco delle risorse, dell'avidità diventata legge e costume? Cosa direbbe ad una sinistra incapace di leggere e spiegare il nuovo alfabeto di Babele di un mondo uscito della morte di quel socialismo reale di cui aveva già visto la fine della spinta propulsiva. Un mondo finito nel turbo-capitalismo della Cina comunista e nella speculazione finanziaria che condiziona le stanche democrazie occidentali e la loro politica marketing post-ideologica. Non sprechiamo anche questa crisi...