Criminali di pace
di Alessia Lai - 01/06/2010

Non basta, a Tel Aviv, lo schieramento internazionale, quello ufficiale, quello dei piani alti del potere, in suo favore. Sempre e comunque.
La Flotilla era una “provocazione”. Volontari pacifisti e giornalisti sono una “provocazione”. Chiedere giustizia e libertà per i palestinesi, con le mani alzate di fronte alle armi, è provocatorio. Come pure pretendere che le condizioni di vita di chi vive nella Striscia possano essere documentate.
La Verità diventa una provocazione.
E la realtà, quella invece universalmente accettata, è ancora una volta quella israeliana.
Tel Aviv si spinge sempre più avanti nel mettere la comunità internazionale davanti a gesti vergognosi pretendendo che questa resti immobile, come puntualmente accade.
Mette alla prova il resto del mondo, Israele. E vince.
È una sfida costante: armi e violenza contro azioni pacifiche di sostegno ad una popolazione, quella della Striscia di Gaza, sotto embargo costante, affamata, malata, sola. Ancora di più dopo il massacro di Piombo Fuso.
E quella di ieri è stata una strage. Un massacro premeditato, perché il convoglio navale della “Freedom Flotilla” aveva reso di dominio pubblico la sua volontà di attraccare a Gaza per portare aiuti alla popolazione.
Così a Tel Aviv si sono organizzati. È stata una punizione collettiva. Un monito. L’attacco, alla nave in testa al convoglio, in acque internazionali, è un messaggio molto chiaro.
La Flotilla era una “provocazione”. Volontari pacifisti e giornalisti sono una “provocazione”. Chiedere giustizia e libertà per i palestinesi, con le mani alzate di fronte alle armi, è provocatorio. Come pure pretendere che le condizioni di vita di chi vive nella Striscia possano essere documentate.
La Verità diventa una provocazione.
E la realtà, quella invece universalmente accettata, è ancora una volta quella israeliana.
Tel Aviv si spinge sempre più avanti nel mettere la comunità internazionale davanti a gesti vergognosi pretendendo che questa resti immobile, come puntualmente accade.
Mette alla prova il resto del mondo, Israele. E vince.
È una sfida costante: armi e violenza contro azioni pacifiche di sostegno ad una popolazione, quella della Striscia di Gaza, sotto embargo costante, affamata, malata, sola. Ancora di più dopo il massacro di Piombo Fuso.
E quella di ieri è stata una strage. Un massacro premeditato, perché il convoglio navale della “Freedom Flotilla” aveva reso di dominio pubblico la sua volontà di attraccare a Gaza per portare aiuti alla popolazione.
Così a Tel Aviv si sono organizzati. È stata una punizione collettiva. Un monito. L’attacco, alla nave in testa al convoglio, in acque internazionali, è un messaggio molto chiaro.

Chiunque osi opporsi alla violenza quotidiana che Israele infligge alla popolazione palestinese è un antisemita. E per questa ragione bersaglio possibile. L’Onu si preoccupa, ma resta immobile. Alcuni si indignano, ma finisce là. Per la colonia Italia bastano le parole del sottosegretario Mantica.
Rachel Corrie, nel 2003, venne schiacciata a Rafah da un blindato israeliano. Per lei, volontaria pacifista nordamericana, qualche protesta in più del silenzio generalmente riservato al massacro di uomini, donne e bambini palestinesi.
Ieri, i non-palestinesi a cadere sotto i colpi dei corpi speciali israeliani sono stati molti di più. La quantità non dovrebbe fare la differenza, ma la speranza è che stavolta possa essere un discrimine.
Non lo sarà… lo sappiamo bene.
Rachel Corrie, nel 2003, venne schiacciata a Rafah da un blindato israeliano. Per lei, volontaria pacifista nordamericana, qualche protesta in più del silenzio generalmente riservato al massacro di uomini, donne e bambini palestinesi.
Ieri, i non-palestinesi a cadere sotto i colpi dei corpi speciali israeliani sono stati molti di più. La quantità non dovrebbe fare la differenza, ma la speranza è che stavolta possa essere un discrimine.
Non lo sarà… lo sappiamo bene.