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Venter: scienziato o ciarlatano?

di Mario Braconi - 08/06/2010



Craig Venter, l'imprenditore-scienziato che nel 2000 ha dichiarato di aver effettuato la prima mappatura del genoma umano, ne ha combinata un'altra delle sue: il 21 maggio su un articolo su Science ha dichiarato di aver progettato, sintetizzato ed assemblato JCVI-syn1.0, una "cellula artificiale" in grado di riprodursi autonomamente. In sostanza, gli scienziati del "J. Craig Venter Institute" hanno rielaborato il genoma del Mycoplasma mycoides, un patogeno che colpisce le capre, dapprima clonandolo e poi eliminando 14 dei suoi geni; hanno poi inserito il genoma sintetico così ottenuto dentro il citoplasma di un batterio simile (il Mycoplasma capricolum) preventivamente "svuotato". Grazie ad un "trucco" segreto, il genoma sintetico è riuscito ad "ingannare" il citoplasma ospitante, "convincendolo" che l'intruso fosse "uno di casa": di conseguenza il genoma sintetico ha cominciato a moltiplicarsi producendo miliardi di cellule del Mycoplasma mycoides modificato.

Si tratta di un risultato sicuramente importante, ma la cui portata è molto inferiore a quanto appare leggendo i titoli dei giornali di tutto il mondo, da cui traspare ingiustificato trionfalismo miscelato a proclami terroristici contro il progresso e contro la scienza in generale. In effetti, nonostante i titoli "strillati" sulle prima pagine la scorsa settimana, Venter non ha davvero creato una "vita artificiale", ma, come riconosce egli stesso in un editoriale comparso su The New Scientist il 26 maggio, "una cellula vivente in grado di autoreplicarsi, che molti microbiologi farebbero fatica a distinguere dalla cellula progenitrice, a meno di non ricostruire la sua sequenza di DNA". L'elemento veramente nuovo qui è che è stato finalmente possibile mettere insieme due risultati (creazione di genoma sintetico, trasferimento del genoma da un batterio ad un altro) che erano stati già conseguiti in passato separatamente.

Come spiega The New Scientist, l'elemento rivoluzionario della scoperta è il successo del "marker" che il gruppo di Venter ha aggiunto al DNA sintetico: questo "passepartout" chimico è infatti riuscito nel suo obiettivo di "convincere" la cella ospite a non distruggerlo con l'apposito enzima "anti-intrusione". Si noti che Venter non ha fornito dettagli sulla natura e il funzionamento del marker, il vero protagonista del suo recente successo. Se Venter, che tutto è fuorché uno che minimizza i risultati che consegue, decide di non parlare, sotto c'è la sua incorreggibile smania da brevetto.

Ed in effetti, brevettare un genoma sintetico, cioè assemblato attraverso un sapiente processo di "cut and paste" a partire da un genoma originale, allo scopo di produrre un "oggetto vivente" pronto ad usi commerciali, non presta il fianco alle critiche di tutti coloro che, scienziati, filosofi o società civile, disprezzano e temono un sistema in cui l'accesso al sapere scientifico è consentito solo a patto di pagare una tassa (”vietato brevettare la vita”).

Venter, persona notoriamente interessata al profitto almeno quanto alla conoscenza, non è particolarmente sensibile a simili argomenti: basti pensare che nell'ottobre del 2006 ha fatto richiesta di brevetto per il "genoma minimo necessario alla sopravvivenza" di un batterio. Allora il gruppo di Venter individuò quei geni del Mycoplasma Genitalium non strettamente necessari alla sua sopravvivenza (89 su un totale di 470) - ecco perché "genoma minimo"; dopodiché, ne produssero una versione sintetica contenente i soli 381 geni indispensabili, inserendolo infine in un micobatterio naturale svuotato del suo materiale genetico originale. Nel brevetto vengono citati possibili usi commerciali di Synthia (la "cosa vivente" brevettata), quali la produzione di etanolo e di idrogeno. A quanto sembra, gli unici a contestare vivacemente l'iniziativa di Venter e soci furono gli attivisti di ETC Group, una ONG di Ottawa che tra i suoi obiettivi istituzionali ha la "il progresso sostenibile della diversità culturale ed ecologica".

Secondo ETC Group, prima di tutto non è ancora provato che Synthia funzionasse veramente al momento in cui è stato chiesto il brevetto; inoltre, secondo una sua rappresentante, Silvia Ribeiro, "i Syn (organismi viventi sintetici) vengono presentati al pubblico come una possibile soluzione ai problemi ambientali per stornare l'attenzione dal fatto che in realtà possono essere impiegati come arma batteriologica"; del resto non è un mistero, da quando, nel 2002, tre scienziati hanno ricreato il virus della poliomelite "in casa" basandosi su informazioni prese da un sito internet ed assemblando coppie di basi che acquistabili contrassegno a 20 centesimi al pezzo, anche i "duri" del Pentagono hanno i sudori freddi al solo sentire la parola "biologia sintetica". Infine, inventare e brevettare Synthia è un sonoro ceffone sulla faccia di tutti i ricercatori convinti che gli elementi e gli strumenti di base della biologia di sintesi debbano rimanere disponibili gratuitamente (si parla in questo caso di modello "open source").

Non c'è da meravigliarsi se i suoi detrattori ritengano che Venter si avvi a divenire per la biologia quello che Bill Gates è stato per l'informatica, un inefficiente monopolista che tiene il mondo in pugno - infatti c'è chi chiama il suo istituto di ricerca "Microbesoft", ovvero la Microsoft dei microbi. L'annuncio ha lasciato freddi i colleghi di Venter, il cui atteggiamento è ben riassunto da Alistair Efflick, direttore del Centro di Ingegneria Biomedica dell'università di Edimburgo: “il risultato è davvero fico ed è costato un sacco di fatica, ma non ci porta molto più avanti dal punto di vista scientifico". Anche se non è escluso che la proverbiale arroganza ed antipatia di Venter non aiutino le sue relazioni con gli altri biologi, è un fatto che in ingegneria biologica si sono ottenuti ottimi risultati con approcci meno ambiziosi di quelli di Venter anche se molto più pratici. Ad esempio, l'impiego dei Biobrick (o mattoni biologici), geni o circuiti di geni con caratteristiche specifiche, pronti per essere installati in bio-dispositivi per ottenere determinati effetti.

Richard Ian Kitney, Professore di Ingegneria dei Sistemi biomedici all'Imperial College di Londra, ad esempio, ha costruito un sensore biologico che identifica una certa proteina dai batteri responsabili di certe infezioni del tratto urinario, costituito di tre Biobrick, uno che individua la proteina, un altro che amplifica il segnale e un terzo che fa da indicatore. Questo biodispositivo è poi "montato" sull'Escherichia Coli, anche se Kitney e i suoi colleghi stanno mettendo a punto un nuovo sistema, nel quale i tre geni sono immessi in uno speciale brodo, anziché nel batterio. I progetti di Kitney sono meno altisonanti di quelli di Venter, ma sono molto più utili dal punto di vista pratico (ora il professore sta lavorando su un dispositivo in grado di individuare il batterio dello Stafilococco Aureo): ma Kitney, è chiaro, non ha la prosopopea e l'ufficio stampa di Venter, né i suoi milioni di dollari.