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La speculazione anglosassone affonda l’euro

di Filippo Ghira - 08/06/2010

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Il presidente della Commissione Ue, Josè Barroso, e quello della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet (nella foto), sono sempre più preoccupate per il crollo verticale del valore dell’euro sul dollaro che ormai è sceso sotto la quota di 1,20. Considerato che le importazioni di petrolio si pagano in dollari, questo fenomeno potrebbe determinare infatti il riavvio dell’inflazione nell’Unione europea. Continuano a pesare quindi le conseguenze della crisi greca e dello stato preoccupante delle finanze di Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia, sulle quali la speculazione proveniente da Wall Street e dalla City continua ad operare, mettendo sotto tiro la quotazione dei titoli di Stato.
A questi, come Paesi sotto osservazione, si sono aggiunti anche i problemi dell’Ungheria che, pur non facendo parte del sistema dell’euro, ha contribuito a diffondere altri timori ed incertezze sulla tenuta economica della stessa Unione europea.
Il commissario europeo agli Affari economici e monetari, il finlandese Olli Rehn, alla riunione dell’Eurogruppo in Lussemburgo, riprendendo analoghe dichiarazioni fatte dal suo presidente, Jean Claude Juncker, ha affermato di essere preoccupato non tanto per il calo in sé quanto per la velocità con cui sta calando il tasso di cambio dell'euro. Rehn ha comunque invitato a non comparare la situazione ungherese con quella greca, Non c’è da preoccuparsi. Tesi sostenuta pure dal direttore generale del Fondo Monetario internazionale, il francese Dominique Strauss Khan.
Rehn si è detto ottimista sull'accordo tra i Paesi Ue per definire gli ultimi dettagli tecnici del meccanismo di salvaguardia dell’euro che ammonterà a 440 milioni di euro. Alla bozza di accordo stanno lavorando il ministro delle finanze tedesco Wolfgang  Schaeuble, quella francese Christine Lagarde e il lussemburghese Luc Frieden. Affiancati alle misure di sostegno dell’euro ci saranno ovviamente anche gli interventi sulla spesa pubblica dei singoli Paesi membri che si concretizzeranno in tagli alle pensioni e agli stipendi dei dipendenti statali. Il governo tedesco, ad esempio, ha previsto di tagliare fino a 11,1 miliardi di euro nel 2011, soldi che non potranno che pesare sulla già scarsa popolarità del governo democristiano-liberale.
Da parte sua la speculazione di stampo anglosassone non sta ferma ed ora sta prendendo di mira l’Italia. Il differenziale (spread) tra il rendimento dei Buoni del tesoro decennali italiani e quelli tedeschi (assunti come riferimento per la stabilità del debito di Berlino) è salito fino a 177 punti, che rappresenta il nuovo massimo storico dall'introduzione dell'euro. Mentre quelli spagnoli hanno toccato quota 200, un altro picco storico. Il meccanismo è quello conosciuto: dopo la bocciatura da parte delle agenzie di rating, tutte made in Usa, incomincia la massiccia vendita allo scoperto di Btp. Questo spinge in basso il valore di mercato dei titoli e di conseguenza verso l’alto i rendimenti che un Paese deve pagare per rendere ancora appetibili quelli in circolazione e quelli da emettere in futuro. Si crea così un meccanismo perverso che obbliga il Paese sotto tiro a destinare sempre maggiori risorse per pagare crescenti interessi. Da qui alla bancarotta, specie in una fase di crisi come questa, il passo è breve.
 
Londra nei guai
La crisi finanziaria dei Paesi dell’euro appare così speculare a quella degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, anzi appare evidente che la speculazione in atto contro l’euro rappresenta un modo per dare respiro a dollaro e sterlina. Per il risanamento dei conti pubblici, il neo ministro britannico David Cameron ha annunciato una politica economica fatta di churchilliane “sangue, sudore e lacrime”. La situazione ereditata dai laburisti è infatti peggiore di quanto si pensasse con 156 miliardi di sterline disavanzo e 70 miliardi di interessi da pagare sul debito. Abbiamo vissuto per anni al di sopra delle nostre possibilità, ha ammesso Cameron. I tagli toccheranno quindi tutti i cittadini e i loro effetti “si sentiranno per anni e forse per decenni”. Ci saranno tagli nelle spese sociali ma al tempo stesso aumenteranno le tasse sulle rendite finanziarie. Se Cameron vuole tassare i suoi datori di lavoro, significa che la rabbia del cittadino medio verso gli intoccabili banditi della City ha raggiunto livelli tali da far temere moti di piazza e assalti alle banche come in Grecia.