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Ma chi rifila agli italiani 40 miliardi di euro di derivati?

di Marcello Foa - 30/06/2010


Raccomando la lettura della relazione del presidente della Consob Lamberto Cardia, in cui fotografa la realtà finanziaria degli italiani. Alcuni dati sono prevedibili: forte propensione al risparmio, quota investita in depositi e risparmi postali attorno al 44%. Atri dati, però sono sorprendenti.

- La quota investita in titoli di Stato è scesa dal 18 al 15% circa. Per contro è aumentata la quota di ricchezza investita in obbligazioni (dal 13 al 15% circa) e in particolare in quelle bancarie.

- Nell’ultimo triennio sono stati collocati presso i risparmiatori retail italiani prodotti strutturati per circa 40 miliardi di euro all’anno, valore l’argamente superiore a quello rilevato nei principali paesi europei. Nel 2009, infatti, rileva la Consob la quota investita in prodotti e strumenti finanziari rischiosi è cresciuta dal 38% circa a fine 2008 al 41% per cento circa a fine 2009 contro il 49% a fine 2007.

Domanda semplice, semplice. Il risparmiatore italiano è notoriamente molto prudente e tra i più conservatori, com’é possibile che prenda tanti rischi?

La mia risposta è che verosimilmente non ne sono consapevoli. Tendono a fidarsi del proprio intermediatore finanziario, della propria banca, tanto più se conosciuto da tanti anni. Si fidano di chi è più competente di loro .

Allo sportello si sentono proporre un’obbligazione bancaria “rende pocom ma è sicura. La stanno comprando tutti”. rende poco. Vero. Meno dei titoli di Stato, ma l’istituto trascura sovente di comunicare il rating e di avvertire il risparmiatore che molte di queste obbligazioni sono illiquide.

E anche l’esposizione sui derivati è indiretta, opaca. Il risparmiatore pensa di comprare un fond o obbligazionario tranquillo, sicuro o una polizze assicurativa, garantita naturalmente; ma nessuno gli spiega che includono componenti derivative, covered warrant e certificates e depositi o altri prodotti bancari con rendimenti agganciati all’andamento di altre attività finanziarie; insomma strumenti finanziari complessi.

Ho appena finito di leggere un bel libro che mi ha regalato un amico che tra l’altro segue regolarmente questo blog e di tanto in tanto pubblica dei commenti come “Giorgio”. Il libro é di Michael Lewis e s’intitola “The big short. Inside the doomsday machine“, narra le storie dei pochi operatori finanziari che hanno smascherato la truffa dei derivati prima degli altri. Uno di questi, Steve Eisman, è un caratteraccio fissato con l’etica. Quando incontrava grandi finanzieri, li lasciava parlare e poi li sorprendeva con questa frase:
Ok l’accordo si può fare, ma solo dopo che mi avrà spiegato come intendete fottermi”. E lo intendeva davvero.

Insomma, non si fidava dei suoi colleghi di Wall Street. Il linguaggio è un po’ crudo, ma il concetto efficace.

Eisman conosceva la materia, ma i risparmiatori italiani no. La loro fiducia nelle banche e nelle assicurazioni è ben riposta?