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Alleggerimento dell’assedio a Gaza: “Una semplice mossa di facciata”

di Eva Brugnettini* - 02/07/2010






Abdelhadi Abu Khousa è il presidente per la striscia di Gaza della Palestinian Medical Relief Society, una ong sanitaria attiva in tutto il territorio palestinese. Secondo Abdelhadi  qualcosa sta finalmente cambiando nel modo in cui l’opinione pubblica mondiale vede il conflitto israelo-palestinese. E riguardo al presunto alleggerimento dell’embargo su Gaza, dice: “Tutte falsità, non è cambiato niente”.

Il Palestinian Medical Relief è stato fondato nel 1979 esclusivamente su base volontaria, fino a diventare un punto di riferimento per la popolazione della Striscia: “Durante l’attacco [l’operazione “Piombo fuso”, lanciata da Israele a fine 2008, ndr] abbiamo lavorato venti giorni di seguito, giorno e notte, negli uffici centrali e sul campo, per aiutare le vittime e le loro famiglie”. Il loro lavoro è stato tale che oggi non c’è nessuno a Gaza che non li conosca. “Chiedete a chiunque se conosce il Medical Relief e scommetto che tutti risponderanno di sì”.

Solo nella Striscia, oggi l’ong porta avanti 17 programmi sociali, tra cui quello di cure mediche primarie, per la salute mentale, della donna e infantile, un programma di promozione ed educazione sanitaria, numerose cliniche mobili e un centro per le malattie croniche. A proposito delle quali Abdelhadi spiega la situazione attuale: “Dopo la guerra, abbiamo visto nuovi tipi di malattia tra i giovani al Medical Relief: cancri, infarti, malattie ai reni e al fegato. Non che prima non ci fossero, ma erano diffuse solo tra gli adulti, e comunque in numero minore”.

Malattie fisiche ma soprattutto psicologiche stanno affliggendo anche i bambini: “La violenza è entrata nella vita quotidiana attraverso giochi di guerra, canzoni di guerra. I bambini sono sempre più aggressivi”.

“In quanto medici non possiamo fermarci a curare semplicemente la malattia, bisogna risolvere la causa che ne sta alla base”, cioè l’assedio sulla striscia in corso quasi da tre anni e mezzo, e un conflitto che va avanti da 62 anni. “Come si fa a vivere giorno per giorno sotto assedio? Senza acqua perché è completamente  inquinata, e ad alta salinità. Ogni giorno ci sono tagli all’elettricità che vanno dalle 4 alle 16 ore. La produzione agricola è ridotta per l’inquinamento del terreno dopo i bombardamenti, e comunque Israele non permette agli agricoltori di esportare i propri prodotti. La zona industriale di Gaza è stata distrutta. E poi ci dicono che Israele e Palestina sono ugualmente responsabili di questo conflitto? No, qui c’è una vittima e c’è un carnefice. E metterli allo stesso livello è ingiusto”.

Ingiusto verso i propri morti soprattutto: “Non c’è una sola famiglia in Palestina che non abbia un parente ucciso o imprigionato. La mia famiglia ha perso sette membri, nessuno era un combattente. E il mio non è un caso isolato”.

Il Medical relief ha creato programmi psicosociali per aiutare le famiglie sopravvissute all’attacco sulla striscia: “Ogni palestinese di Gaza ha bisogno di un supporto psicosociale. Io per primo”.

Qualcosa sta cambiando, dice il dottore, nel modo in cui l’opinione pubblica comincia a vedere il conflitto, e appare sempre più evidente che la vittima non è Israele. “È un cambiamento piccolo ma bisogna coglierlo. Israele guarda con molta paura ai movimenti di solidarietà verso i palestinesi. Noi dipendiamo da questi movimenti, e la campagna di Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni è l’arma migliore contro l’occupazione, arma che Israele guarda con sempre maggiore preoccupazione”.

Alla domanda su cosa pensi di Hamas, Abdelhadi risponde: “Io sono contrario a ogni movimento religioso, ma giudicare chiunque sotto assedio è ingiusto. Siamo tutti vittime sotto occupazione. Anche Hamas è vittima dell’occupazione e infatti è completamente impotente contro Israele”.

Per Abdelhadi l’alleggerimento dell’assedio israeliano è solo una mossa di facciata: “Israele ha detto di aver alleggerito l’assedio su Gaza, soprattutto perché ha paura dei movimenti di solidarietà e dell’indignazione pubblica. Ma non è vero, almeno non quanto i media hanno riportato. Siamo essere umani, gli israeliani non possono decidere se far passare il ketchup o la maionese. Abbiamo bisogno di cibo vero, abbiamo bisogno che i nostri pazienti vengano trasferiti all’estero. Abbiamo bisogno di poter importare ed esportare quello che vogliamo. Abbiamo bisogno della libertà. Ciò di cui non abbiamo bisogno è dell’occupazione israeliana”.

* per Osservatorio Iraq