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Futuro e guerra

di Angelo Mastrandrea - 05/08/2010

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Se è vero che la verità di solito si nasconde nei particolari, tralasciamo per un attimo la boutade di Bersani sul governo di transizione prossimo venturo: Tremonti, «senza far nomi». Se le parole del segretario del Pd possono prestarsi a smentite e si può dibattere sulle reali intenzioni del partito democratico, è chiaro come il sole quanto accaduto nella stessa giornata al Senato. Dove, alla prima occasione utile per smarcarsi dal Pdl, l'opposizione ha votato compatta (o quasi, se si fa eccezione per il voto contrario dell'Italia dei valori e l'astensione dei due radicali) il rifinanziamento delle missioni militari all'estero.

Tradotto: 700 militari in più da inviare in Afghanistan e, visto che la coperta è corta e bisogna tagliare da qualche parte, il ridimensionamento degli altri contingenti. A partire dal Libano e proprio nel giorno in cui, ironia della sorte, i venti di guerra alla frontiera con Israele hanno pericolosamente ripreso a spirare. 700 militari in più e un corrispettivo aumento del budget per finanziare una guerra che, come ha candidamente confermato ieri al quotidiano francese Le monde il presidente pakistano Zardari mettendo in difficoltà Obama, «la comunità occidentale sta perdendo». 700 militari in più nel momento in cui altri Paesi della coalizione, ultimo l'Olanda tre giorni fa, stanno ritirando i
propri.

Soprattutto, mentre ovunque si parla senza mezzi termini di exit strategy dall'Afghanistan, in Italia sembra di essere fermi al dopo 11 settembre. La guerra al terrorismo, i nostri eroi che si immolano per generoso altruismo (anche se progressivamente scompaiono dalle cronache mediatiche) e, udite udite, «la sicurezza e la stabilità» come «bene comune al quale tutti hanno il dovere di contribuire». Chi l'ha detto? Un berlusconiano vetero teocon? Un leghista non contento del flop delle ronde che propaganda lo scontro di civiltà? Qualche «futurista» ancora convinto che la guerra sia l'unica igiene del mondo? Magari. La risposta esatta è: il gruppo del Pd nella sua dichiarazione di voto a favore del rifinanziamento. Con l'obiettivo di offrire una stampella alla guerra e preservarla dalla crisi del Pdl. Ecco, il particolare è questo. Che, in un Paese che discute se e quando tornare al voto, immediatamente o passando per governi tecnici, istituzionali, di scopo o di transizione, si fa sempre più fatica a distinguere l'opposizione dalla maggioranza. Quando si parla di beni comuni.