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New Orleans: otto mesi dopo Katrina

di Bill Quigley - 12/05/2006


Otto mesi dopo l’uragano Katrina, ci sono ancora 300.000 persone che a New Orleans non hanno fatto ritorno; e, mentre si può solo sperare che non vengano alla luce altri cadaveri, continua la lotta per rendere giustizia alle centinaia di migliaia di profughi della città

Lo scorso 17 aprile sono stati ritrovati due corpi sepolti sotto ciò che una volta era una casa della nona circoscrizione. Questa scoperta ha fatto salire a 17 il numero delle vittime di Katrina ritrovate a New Orleans negli ultimi due mesi. L’uragano è ora accusato ufficialmente della morte di 1282 abitanti della Louisiana e, a distanza di 8 mesi dalla tragedia, lo Stato statunitense conta ancora 987 persone disperse.

Steve Glynn, coordinatore delle ricerche per il corpo dei vigili del fuoco di New Orleans – grazie ai quali sono stati ritrovati gli ultimi due corpi – ha dichiarato alla CNN: “A un certo punto vorresti darci un taglio, vorresti che fosse tutto finito; e invece non lo è mai”.

Otto mesi dopo l’uragano Katrina, ci sono ancora 300.000 persone che a New Orleans non hanno fatto ritorno; e, mentre si può solo sperare che non vengano alla luce altri cadaveri, continua la lotta per rendere giustizia alle centinaia di migliaia di profughi della città.


Il Blues delle elezioni

New Orleans rimane esclusa dal diritto di voto. Nonostante fossero state pubblicizzate come “le elezioni più importanti nella storia di New Orleans”, soltanto il 36% degli aventi diritto ha votato nelle recenti elezioni cittadine. La partecipazione è stata alta nelle aree residenziali più ricche, abitate dai bianchi, dove i danni provocati da Katrina sono stati contenuti. Al contrario, l’affluenza alle urne è stata straordinariamente bassa nelle zone più colpite, abitate quasi esclusivamente da neri, ovvero i quartieri a est della città, la zona di Gentilly e la nona circoscrizione, dove alcune circoscrizioni hanno registrato soltanto il 15% di partecipazione.

Il rifiuto dello Stato di organizzare la votazione via satellite per coloro che avevano trovato riparo all’estero ha avuto come conseguenza proprio l’esclusione di questa gente dal processo decisionale politico – come del resto ci si attendeva. Mentre agli iracheni che non vivono in Iraq da molti anni è stato concesso di votare negli Stati Uniti, le persone costrette da Katrina ad abbandonare il proprio paese per 7 mesi non sono stata messe nelle condizioni di votare dal luogo in cui hanno trovato rifugio temporaneo. Ciò dà vita a qualche implicazione politica.

Il quotidiano di New Orleans, il Times-Picayune, ha riportato che nel ballottaggio per le elezioni del senato Usa, tenutesi nel 2002 fra la democratica in carica Mary Landrieu e la repubblicana Suzanne H. Terrell, New Orleans si è rivelata decisiva a favore della prima, che nella città Louisiana ha ottenuto 78.900 voti – contro i 42.012 ottenuti a livello nazionale. Nello spareggio del 2003 per la poltrona di governatore della Louisiana, fra la democratica Kathleen Blanco e il repubblicano Bobby Jindal, la Blanco ha vinto a livello nazionale per 54.874 voti, e nella sola New Orleans con un margine di 49.741.

La sistematica esclusione dei profughi incoraggia coloro che non vogliono che i poveri ritornino in città, e contribuisce a far avverare una profezia annunciata. La bassa affluenza alle urne nei quartieri poveri in cui i profughi non sono potuti tornare per votare può ora essere considerata come un segnale di un loro supposto disinteresse generale, e strumentalizzata come scusa per, ancora una volta, metterli a tacere.

Come ha fatto notare il Washington Post, “la quantità di persone che è risultata aver votato in ogni sezione è stata interpretata come un indicatore per verificare quali quartieri è più probabile vengano ricostruiti; in molte zone abbandonate la gente ha paura che chi se ne è andato definitivamente non voti, rivelando una mancanza di partecipazione sociale nel quartiere e nella città. Le stime sull’affluenza alle urne potrebbero offrire delle tracce per la futura composizione razziale della città”.


Crisi sanitaria

Da Katrina in poi, New Orleans ha perso il 77% dei suoi medici generici, il 70% degli odontoiatri e l’89% dei medici psichiatrici.

La radio pubblica nazionale ha riportato che i pochi ospedali della città sono pericolosamente sovraccarichi, soprattutto per quanto riguarda i reparti di primo soccorso. Negli Usa servono in media 20 minuti per trasportare un paziente da un’ambulanza che si trovi davanti all’ospedale direttamente alle strutture di primo soccorso. Nella zona di New Orleans invece, secondo un chirurgo del East Jefferson Hospital, il tempo necessario è di solito di 2 ore – a volte serve anche di più; l’attesa più lunga di cui egli ha avuto testimonianza è stata di 6 ore e 40 minuti.

A New Orleans non sono in crisi soltanto le strutture di primo soccorso. La chiusura del Charity Hospital e di molte cliniche pubbliche, per esempio, ha reso complicato per un qualsiasi bambino svolgere i test per l’intossicazione da piombo o da altre tossine – nonostante recenti resoconti indichino la presenza di 46 “punti caldi” a rischio ambientale nella città. All’angolo fra ‘la Magnolia’ e la prima strada, nel centro della città, i livelli di piombo sono di 3.960 parti per milione, circa 10 volte il livello accettabile. Il Dott. Mielke dell’Università di Xavier sostiene che il 40% del territorio della città sia contraddistinto da elevati livelli di piombo nell’atmosfera.

Fra i profughi, le condizioni sanitarie si presentano ancora più problematiche. La ‘Mailman School of Public Health’ della Columbia University, New York, ha esaminato la situazione di centinaia di migliaia di famiglie che vivono nelle roulotte fornite dalla FEMA, (la protezione civile Usa), e ha scoperto quanto segue: circa la metà dei genitori intervistati ha affermato che almeno uno dei loro figli è affetto disturbi comportamentali che non aveva prima dell’uragano; più della metà delle donne che hanno prestato assistenza alle vittime ha sviluppato problemi psichiatrici diagnosticati clinicamente, quali depressione o disturbi dell’ansia; in media, dopo Katrina le famiglie hanno traslocato 3,5 volte, alcune addirittura 9; più di un quinto dei bambini in età scolastica sfollati hanno perso almeno 10 giorni di lezione nell’ultimo mese.


Il graduale ritiro dalla pubblica istruzione

New Orleans è diventata l’esperimento nazionale delle “scuole charter”. Prima di Katrina, 60.000 studenti frequentavano le 115 scuole pubbliche della città; ora il numero è sceso a 12.000. Comunque, solo 4 scuole pubbliche sono dirette da una commissione eletta internamente; le restanti sono diventate “scuole pubbliche charter”, gestite privatamente o direttamente dallo Stato. Le autorità hanno di recente approvato l’apertura di altre 22 scuole di questo tipo, mentre ancora molti bambini a New Orleans non stanno andando a scuola perché nel loro quartiere non ne sono state aperte.


Dove sono finiti tutti i soldi? Il modello Robin Hood al contrario

Chi visita oggi New Orleans rimane stupito dallo stato di devastazione in cui la città ancora versa. Ci si chiede dove siano finiti tutto il denaro messo a disposizione. Seguiamo i vari passaggi che ci sono stati. “Quanti appaltatori sono necessari per trasportare un mucchio di rami?”, ha domandato il Washington Post. Se si tratta di un lavoro statale, allora ne servono almeno 4: un appaltatore, il suo subappaltatore, il subappaltatore del subappaltatore e infine il personaggio locale munito di camion e motosega. I grandi imprenditori solitamente ricevono fra i 28 e i 30 dollari per circa 0,8 metri cubi di macerie; subappaltando via via il lavoro ad aziende più piccole, al camionista locale spettano per la quantità considerata dai 6 agli 8 dollari.

Il Miami Herald ha riportato che il più grande appaltatore di contratti federali è stato Ashbritt Inc., di Pompano Beach, Florida, che ha siglato con l’esercito Usa contratti per più di 579 milioni di dollari al fine di rimuovere le macerie dal Mississipi. Lo stesso quotidiano ha poi aggiunto che la compagnia non possedeva una sola autoribaltabile! Tutto il loro lavoro si riduce a subappaltare e subappaltare. Tuttavia, Ashbritt ha recentemente versato 40.000 dollari alle compagnie lobbiste Barbour e Griffith & Rogers – dirette dal governatore del Mississipi ed ex-presidente nazionale del Partito Repubblicano Haley Barbour. I proprietari di Ashbritt, nel 2004, hanno anche trasferito 50.000 dollari al Comitato Nazionale Repubblicano. Tirate le vostre somme su dove potranno mai essere finiti tutti i soldi.


Fondi federali per gli alloggi destinati alla riabilitazione delle abitazioni private

Sfortunatamente, New Orleans non ha ancora ricevuto nemmeno un centesimo dei miliardi di dollari che il 'Community Development Block Grant', un programma federale di soccorso, ha stanziato per la ricostruzione delle abitazioni della città. Il 70% dei fondi CDBG è solitamente destinato alle famiglie che hanno un reddito basso o modesto, ma l’HUD, (Housing and Urban Development) che si occupa dello sviluppo urbanistico della città, ha già abbassato questa quota al 50%, e per i più poveri l’aiuto si rivelerà davvero insignificante.

Nonostante più della metà degli abitanti di New Orleans abitasse in affitto e 84.000 di queste unità abitative siano state distrutte o danneggiate, soltanto 6.000 blocchi di abitazioni destinate ai redditi più bassi sono inclusi nel piano di ricostruzione statale.In tutta la città la gente vive già in case malmesse, in molte manca la corrente elettrica: se ci si avventura in un tour notturno attraverso i quartieri di New Orleans, è possibile notare persone sotto i portici delle case con le candele accese. La Louisiana chiama il piano CDBG “la strada verso casa”, ma ovviamente solo una parte di questa povera gente sarà in grado di avere accesso a questa “strada”.


Chiusura degli alloggi pubblici


Nel 1996 a New Orleans esistevano 13.694 unità di alloggi pubblici; ad agosto del 2005 la cifra si era ridotta a 7.381. E ora? Forse ce ne sono 700. Ai cittadini di New Orleans desiderosi di tornare in città e rientrare nelle loro case viene detto che i loro alloggi sono stati confiscati in quanto abbandonati! Come si può parlare di “appartamenti abbandonati”? Molti di questi sono chiusi con saracinesche di metallo e circondati da catene. L'autorità che si occupa degli alloggi dispone di un elenco segreto di 1.407 case in lista per essere demolite e ha licenziato 290 dipendenti, per lo più manutentori. Tutto ciò suona forse come un progetto di riapertura?

A New Orleans gli alloggi pubblici erano occupati da donne, soprattutto lavoratrici, bambini e anziani: come potranno fare ritorno quando i prezzi degli affitti di abitazioni private saranno saliti alle stelle? Il segretario dell’HUD, Alphonso Jackson, il cui ente ha in mano la gestione degli alloggi locali, ha dichiarato in maniera chiara che i residenti degli alloggi pubblici non dovrebbero essere autorizzati a ritornare. In un’intervista al Times-Picayune, Jackson ha dichiarato: “Certe persone non dovrebbero tornare. Lo sviluppo urbano era ostacolato da alcune fra le più famose gang del paese. La gente nascondeva e si prendeva cura di queste persone perchè queste le proteggevano. Soltanto i migliori cittadini dovrebbero ritornare, quelli che pagano gli affitti puntali, quelli che hanno un’attività e quelli che lavoravano”. Lo schietto oratore Jackson, di colore, ha ammesso che il suo discorso avrebbe potuto sembrare offensivo dal punto di vista razziale. Ha detto Jackson a un reporter bianco: “Se fosse stato lei a dirlo, le avrebbero dato del razzista".

Nonostante i seri problemi, ci sono anche segni di speranza. Per ogni campagna di ingiustizia e bassezza, ci sono persone che lottano, nonostante tutto, per creare opportunità di giustizia e di bellezza. La gente di New Orleans, insieme a collaboratori da tutta la nazione e dal mondo, continua a resistere alle forze dell’ingiustizia e a creare opportunità di decoro, comunità ed equità. Eccone alcuni esempi.

La St. Augustine's Church, una delle più antiche chiese nere cattoliche della nazione, è stata chiusa improvvisamente dall’arcidiocesi di New Orleans nei mesi successivi all’uragano Katrina. L’edificio era stato consacrato a S. Agostino nel 1842 dai cittadini di colore di New Orleans, e accoglieva come fedeli sia uomini liberi che schiavi. Era una chiesa multirazziale e allo stesso tempo un centro per le attività della comunità. Dopo continue petizioni, veglie e proteste da parte della collettività, del quartiere e dei funzionari della chiesa stessa – inclusi alcuni che si sono incatenati nel presbiterio – la gerarchia cattolica è tornata sui propri passi. La gioiosa riapertura della St. Augustine's Church rappresenta una grande vittoria culturale e spirituale per la comunità locale.

Dopo Katrina, gli abitanti della nona circoscrizione hanno perso le proprie scuole pubbliche. Essi desideravano che si intervenisse per ristrutturare la scuola del loro quartiere, la Martin Luther King Jr., dopo che vi erano entrati tre metri d’acqua. Le autorità, però, si rifiutavano di ripararla. Così i residenti, insieme ai membri del ‘Common Ground’ e del ‘Peoples Hurricane Relief Fund’ hanno deciso di fare da sé.

Hanno iniziato intervenendo sulle parti infangate, riparando e ridipingendo tutta la scuola, e hanno continuato fino a quando il sovrintendente di Stato per l’istruzione non ha chiamato la polizia e fermato i lavori dicendo che si stava recando un danno. Dopo giorni di protesta pubblica a sostegno dei volontari, lo Stato ci ha ripensato. I volontari sono tornati al lavoro, e hanno ridato vita a uno spazio vitale nell’economia del quartiere – nonché un simbolo della resistenza.

Mildred Battle ha 70 anni e si trova su una sedia a rotelle: è una delle 1.000 e più persone sfollate dai propri appartamenti nel quartiere 'S. Bernardo' di New Orleans. Sebbene sia già tornata tre volte, non le è mai stato permesso di rientrare nell’abitazione per riprendere le sue cose. Il suo appartamento ora è circondato da spesse lamiere di metallo a chiusura delle finestre, e da una pesante porta metallica della quale Mildred non possiede la chiave. La rampa di accesso al palazzo che le consentiva di raggiungere il suo appartamento è bloccata da una catena di recinzione che serve a tenere lontani i residenti. Questo mese, la sedia a rotelle di Mildred è stata la prima ad attraversare il cancello e la catena di recinzione, mentre dozzine di persone superavano l’unico guardiano e facevano irruzione nelle loro case. Mildred è stata aiutata dai alcuni amici a recuperare una foto di suo figlio, scomparso, e un trofeo in vetro intitolato a Martin Luther King, ora rotto, che aveva ricevuto negli anni novanta. Li ha stretti al petto e ha pianto dicendo: “Questa è stata la mia casa per tanto tempo, e voglio tornarci”. Mildred e gli altri residenti, insieme ai veterani delle strutture pubbliche e agli attivisti del C3 – un’organizzazione locale contro la guerra – hanno giurato che ci saranno più azioni dirette a far valere il diritto dei residenti a riprendere possesso delle loro abitazioni.

Prima di questa azione, il veterano Endesha Jukali si era servito di un corno di toro per urlare alla folla davanti all’ufficio per l’urbanistica di S. Bernardo. “Coloro che attaccano le case pubbliche rifiutano di capire che stiamo parlando del destino di donne povere e di bambini, dei più poveri fra i poveri. Perchè attaccare proprio loro? C’è chi dice ‘non tornate a New Orleans se non intendete lavorare’. Noi diciamo, invece, ‘non tornate a New Orleans se non volete combattere!’ L’unico modo in cui potremo ritornare, sarà lottando per la giustizia ad ogni passo!” Poi, ha fatto cadere il corno e ha iniziato a spingere la sedia a rotelle di Mildred lungo la strada; infine, ha alzato la recinzione, per permetterle di rientrare nella sua vecchia casa di sempre.



Bill Quigley è un avvocato per i diritti civili e umani che insegna alla Loyola University New Orleans School of Law.

 

 

Fonte: http://www.commondreams.org/views06/0426-23.htm
Traduzione a cura di Anna Lucca per Nuovi Mondi Media