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Se il re delle montagne perde la sua corona

di Federico Tulli - 29/09/2010



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Il Kilimangiaro rischia di rimanere senza ghiacciaio in pochi anni. L’allarme lanciato da un’equipe di ricercatori dell’Università britannica di Portsmouth: la deforestazione selvaggia delle sue pendici provoca letali alterazioni climatiche.

Per colpa della deforestazione, i ghiacciai che ricoprono la vetta del Kilimangiaro, la più alta nonché più famosa d’Africa, si stanno sciogliendo a una velocità che un’equipe di ricercatori dell’università britannica di Portsmouth ha definito «preoccupante». L’allarme sul deteriorarsi dello stato di salute della maestosa cima è stato lanciato dalle pagine del New scientist. Gli studiosi hanno calcolato che negli ultimi 100 anni l’estensione delle nevi perenni presenti ad alta quota (il Kilimangiaro è alto 5895 metri) si è ridotta dell’85 per cento. E la responsabilità va ascritta soprattutto alla deforestazione senza controllo.
 
Attraverso delle analisi svolte tra il settembre del 2004 e luglio 2008, riportate nell’ultimo numero della rivista scientifica, il team di esperti ha potuto dimostrare un cambiamento «radicale» avvenuto in vetta: normalmente il riscaldamento diurno genera un flusso d’aria calda e umida sulla montagna, ma il disboscamento ampio negli ultimi decenni ha ridotto questo flusso di umidità. Un processo «grave» per la salute del Kilimangiaro che, agendo insieme ad altri fattori ambientali, ha fatto ridurre la cappa di ghiaccio presente ad alta quota.
 
Gli studiosi hanno infatti spiegato come accanto ad altri coefficienti deleteri, per esempio la presenza in altura di aria sempre più rarefatta che evita fenomeni nevosi, il flusso d’aria «creato» dagli alberi sia «un’importante fonte supplementare di umidità» per le zone superiori del monte. Quello del Kilimangiaro non è che l’ultimo nella lunga lista di grandi ghiacciai malati nel continente subsahariano. Qui in pochi decenni i cambiamenti climatici hanno fatto scomparire la metà delle nevi perenni.
 
Un fenomeno tristemente simile a quello che ha colpito anche le nostre Alpi, dove i ghiacci si riducono per superficie e volume a velocità crescente, secondo quanto è emerso all’ultimo meeting internazionale dei glaciologi alpini che si è svolto all’Università Statale di Milano. «Al pari del Kilimangiaro, le Alpi stanno vivendo una crisi pesante», ha spiegato Claudio Smiraglia, docente del dipartimento di Scienze della Terra dell’ateneo meneghino nonché tra i curatori del volume Clima e ghiacciai, l’evoluzione delle risorse glaciali in Lombardia.
 
«In un secolo e mezzo si è persa oltre metà della superficie e dei volumi dei ghiacci», ha ricordato Smiraglia. Tutti gli indicatori hanno segno meno: in Lombardia, ad esempio, la superficie glaciale totale è passata dai 117,4 km quadrati del 1991 ai 92,4 del 2003 (-21%). Ma quello che più preoccupa è l’evoluzione del fenomeno. Sempre sulle Alpi lombarde, la contrazione areale dei ghiacciai è stata di 12,7 km quadrati tra il 1991 e il 1999 e di 12,3 nei soli quattro anni successivi. 
 
Un’accelerazione che si è avuta su tutti gli indicatori. Se la crisi sulle vette alpine è pesante, l’Africa è il paziente più a rischio. «Le grandi montagne africane stanno perdendo in modo estremamente veloce i loro ghiacciai, non tanto per l’incremento delle temperature, quanto per la riduzione della nuvolosità» ha avvertito Smiraglia. Un rischio che ora è stato confermato dai suoi colleghi di Portsmouth.