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Cina: "Yuan pensiero"

di Romolo Gobbi - 10/10/2010


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Durante la "Rivoluzione culturale" cinese il pensiero di Mao Tse Tung dettava legge in ogni sfera del pubblico e del privato. Nel "libretto rosso" era concentrato il Mao Tse Tung pensiero, che per l'economia prescriveva: "Nel settore economico, dobbiamo imparare a lavorare da tutti coloro che se ne intendono (non importa chi siano. Dobbiamo considerarli nostri maestri e imparare da loro coscienziosamente e con modestia". Gli attuali dirigenti del Partito Comunista Cinese, senza tanta modestia, ma coscienziosamente, hanno imparato a difendere l'attuale valore di scambio dello yuan. Da Giappone hanno imparato che la rivalutazione della moneta nazionale porta alla stagnazione economica: "Il Giappone sta facendo tutto il possibile per porre fine ad un lungo periodo di stagnazione, anche copiando dalle nazioni occidentali". Gli Stati Uniti, infatti, cercano sistematicamente di svalutare il dollaro, anche se per ora l'operazione è riuscita solo nei confronti dell'euro. In teoria, la svalutazione di una moneta dovrebbe rendere più appetibili i prodotti del Paese che l'ha adottata, ma, soprattutto, diminuire il valore del proprio debito con l'estero. Certamente gli USA puntano più sulla riduzione del loro enorme debito, in quanto i loro prodotti sono troppo cari per poter pensare di fare concorrenza ai prodotti cinesi. E' proprio per questo che da parecchi mesi insistono con i dirigenti cinesi affinchè questi rivalutino lo yuan, minacciando anche di adottare misure punitive nei confronti dell'economia cinese.
Anche gli europei vorrebbero una rivalutazione dello yuan: "per favorire la continuazione dell'exploit delle esportazioni tedesche in Cina e per rendere possibili simili successi anche nel resto d'Europa".
Infatti, durante i due giorni di incontri Asia-Europa, tenutisi a Bruxelles nei primi giorni di ottobre: "l'Europa ha chiesto alla Cina di consolidare lo yuan e di ridurre il deficit commerciale che sta rovinando le relazioni commerciali". All'incontro erano presenti rappresentanti di 48 Paesi, che nel loro insieme rappresentano il 60% della ricchezza e della popolazione del globo. Nonostante l'importanza dell'incontro, i risultati sono stati praticamente nulli e, in particolare, il premier cinese Wen Jabao, che era accompagnato dal governatore della Banca del Popolo, Zhio Xiaochuan, ha rifiutato di cedere alle pressioni per la rivalutazione dello yuan. Invece: "Il premier dell'ex 'celeste impero' coglie l'occasione per invocare più potere per le Tigri nelle istituzioni internazionali". In particolare, l'Europa, che ha 9 seggi sui 24 del Fondo Monetario Internazionale, potrebbe cederne alcuni ai Paesi asiatici, così importanti per l'economia mondiale, ma scarsamente rappresentati. La rivalutazione dello yuan sarebbe dunque barattabile con un qualche contentino politico, ma i dirigenti cinesi sono consapevoli che si tratta di una questione ben più grande. Infatti, lo squilibrio dell'economia mondiale non è dovuto a ragioni monetarie, ma alle profonde diseguaglianze tra sistemi politici. Di fatti, i discendenti di Mao hanno mantenuto un ferreo controllo sui lavoratori cinesi, il cui tenore di vita è enormemente più basso di quello dei lavoratori occidentali e vi sono scarse possibilità di porvi rimedio in un breve periodo di tempo. Invece, questo periodo potrebbe diventare più breve se nel frattempo i lavoratori occidentali abbassassero il loro tenore di vita: ed è ciò che i governanti dei Paesi occidentali stanno facendo.