Cina: "Yuan pensiero"
di Romolo Gobbi - 10/10/2010
8 |
Anche gli europei vorrebbero una rivalutazione dello yuan: "per favorire la continuazione dell'exploit delle esportazioni tedesche in Cina e per rendere possibili simili successi anche nel resto d'Europa".
Infatti, durante i due giorni di incontri Asia-Europa, tenutisi a Bruxelles nei primi giorni di ottobre: "l'Europa ha chiesto alla Cina di consolidare lo yuan e di ridurre il deficit commerciale che sta rovinando le relazioni commerciali". All'incontro erano presenti rappresentanti di 48 Paesi, che nel loro insieme rappresentano il 60% della ricchezza e della popolazione del globo. Nonostante l'importanza dell'incontro, i risultati sono stati praticamente nulli e, in particolare, il premier cinese Wen Jabao, che era accompagnato dal governatore della Banca del Popolo, Zhio Xiaochuan, ha rifiutato di cedere alle pressioni per la rivalutazione dello yuan. Invece: "Il premier dell'ex 'celeste impero' coglie l'occasione per invocare più potere per le Tigri nelle istituzioni internazionali". In particolare, l'Europa, che ha 9 seggi sui 24 del Fondo Monetario Internazionale, potrebbe cederne alcuni ai Paesi asiatici, così importanti per l'economia mondiale, ma scarsamente rappresentati. La rivalutazione dello yuan sarebbe dunque barattabile con un qualche contentino politico, ma i dirigenti cinesi sono consapevoli che si tratta di una questione ben più grande. Infatti, lo squilibrio dell'economia mondiale non è dovuto a ragioni monetarie, ma alle profonde diseguaglianze tra sistemi politici. Di fatti, i discendenti di Mao hanno mantenuto un ferreo controllo sui lavoratori cinesi, il cui tenore di vita è enormemente più basso di quello dei lavoratori occidentali e vi sono scarse possibilità di porvi rimedio in un breve periodo di tempo. Invece, questo periodo potrebbe diventare più breve se nel frattempo i lavoratori occidentali abbassassero il loro tenore di vita: ed è ciò che i governanti dei Paesi occidentali stanno facendo.