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Il Super Io del consumatore incallito

di Claudio Risé - 16/10/2010

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Cosa hanno in comune stipendi e bonus milionari di banchieri e industriali in tempi di crisi, movida cittadina e libertinaggi del sabato sera, e volgarità di politici e vip di varia estrazione?
Secondo alcuni, tutti questi comportamenti denuncerebbero la generale mancanza di «senso del dovere», vale a dire quella funzione di autocontrollo psicologico che la psicoanalisi ha da tempo chiamato Super Io. È diffusa anzi l’impressione che nella postmodernità il Super Io sia addirittura morto.
In questa sua estinzione il Super Io avrebbe seguito il destino di Dio stesso, di cui per certi aspetti era un rappresentante nella psiche umana.
La morte di Dio annunciata da Nietzsche a fine ottocento, avrebbe poi inevitabilmente provocato l’estinzione del senso del dovere, del Super Io, e del senso di colpa conseguente alla sua violazione. L’uomo esprimerebbe così in questi comportamenti (ed in altri considerati fino a poco fa come fortemente trasgressivi) la propria nuova libertà. Ma è veramente così?
Alcuni fatti indurrebbero a dubitarne. Per esempio diversi famosi protagonisti di disastrose trasgressioni hanno poi fornito resoconti delle loro azioni da cui appariva una sorta di coazione, come se si fossero sentiti spinti da una forza più potente di loro. Testimonianze apparentemente sincere, anche perché non miglioravano in nulla la loro posizione, se non facendoli apparire un po’ sciocchi. Una specie di obbligo, sembra anche ispirare ai partecipanti più estremi e affezionati delle «movide», apparentemente incapaci di sottrarsi ai costi, agli orari massacranti, alle sostanze intossicanti, anche quando la loro vita ne viene progressivamente, distrutta.
Il moderno Io ipertrasgressivo e irridente alla sensibilità altrui, e alla propria autoconservazione, non sembra dunque libero, ma piuttosto coatto a comportarsi in quel modo. Una posizione psicologicamente simile (anche se diversa nei comportamenti), all’autorepressione del padre di famiglia dell’800, costretto a rimuovere pulsioni e desideri dissonanti dai costumi e dalla morale corrente.
Non era libero quel probo cittadino, esecutore scrupoloso degli ordini di un Super Io individuale e collettivo, e non è libero il trasgressore di oggi, anche se - si dice - il Super Io è morto, assieme con Dio.
Qualcosa dunque, nella spiegazione corrente circa la scomparsa del Super Io non funziona.
Osservando meglio si nota infatti qualcosa di diverso. Alla nascita della psicoanalisi, nel primo novecento, il Super Io era impegnato a sostenere l’Io personale, la coscienza dell’individuo, dagli assalti di quello che Freud chiamò l’Es, il mondo dell’inconscio e delle pulsioni.
Super Io era la sponda dietro cui l’uomo si riparava per resistere alle spinte che potevano - ad esempio - spingerlo a ubriacarsi, a rovinarsi per le donne, a lasciarsi corrompere per denaro.
Con la progressiva affermazione della società dei consumi però molti tradizionali richiami dell’Es, del mondo dell’inconscio e delle pulsioni, il sesso, il denaro, le sostanze intossicanti, la spinta all’alterazione e ottundimento della coscienza, divennero quasi doveri civili. Il cittadino veramente produttivo doveva consumare tutto: sostanze intossicanti, donne, denaro, e ottenerlo in qualunque modo.
Il Super Io non era più l’alleato dell’Io contro l’Es, ma dell’Es contro l’Io e i suoi tentativi sempre più deboli di difendere la coscienza, gli affetti, il senso della misura, del dovere e del rispetto umano.
È questo rovesciamento della struttura della psiche umana che sostiene i comportamenti devianti, ormai divenuti costume.