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L’implosione dell’Italia

di Francesco Lamendola - 27/10/2010





Mentre si avvicinano le solenni celebrazioni per il centocinquantennale dell’unità d’Italia, il nostro Paese sta attraversando la crisi più grave della sua storia, dopo quelle del 24 novembre 1917 (Caporetto) e dell’8 settembre 1943 (annuncio dell’armistizio di Cassibile).
Anzi, sicuramente più grave della prima di queste ultime due: perché allora la disfatta militare fu accompagnata, sì, da un collasso morale dell’esercito e della nazione, ma questo fu estremamente breve e tanto l’esercito quanto la popolazione civile si risollevarono con straordinaria vitalità, come mai si era visto e come mai gli altri, amici e nemici, avrebbero immaginato.
Il paragone è, semmai, più pertinente con i fatti dell’8 settembre; perché, anche se in quel caso si trattò di un tracollo clamoroso e, per certi versi, perfino spettacolare, mentre oggi si assiste a un lento sfilacciamento e ad una disgregazione strisciante, tuttavia allora come oggi si verificò qualche cosa di molto simile alla “morte della Patria” (con buona pace della retorica resistenziale che vorrebbe vedere nell’8 settembre, addirittura, i prodromi della rinascita).
La crisi che stiamo vivendo è complessa e strutturale: investe l’economia e la finanza, ma anche le istituzioni, la cultura, la società, la stessa convivenza civile. È una crisi trasversale: attraversa tutti i partiti, tutte le ideologie, tutte le generazioni; ed è strutturale: rispecchia, cioè, i mali congeniti ed i nodi irrisolti della nazione, così come si sono venuti configurando sin da quel lontano 17 marzo 1861 in cui venne proclamato il neonato Regno d’Italia, sotto la dinastia dei Savoia.
Una classe politica corrotta e screditata, assolutamente inadeguata sia sotto il profilo tecnico e professionale, sia sotto il profilo morale e civile, ma, in compenso, straordinariamente vorace e incredibilmente becera e arrogante; una finanza irresponsabile, dominata da un sistema creditizio e assicurativo pensato per prestare denaro a chi ne ha già tanto e per vanificare i sacrifici del piccolo risparmiatore; una industria del pari inadeguata e irresponsabile, che sa solo batter cassa dallo Stato quando si trova in difficoltà e scaricare sulla collettività i costi sociali del lavoro, salvo trasferire i capitali nei paradisi fiscali e le fabbriche nei paesi ove il costo della manodopera è due o tre volte inferiore a quello italiano; una classe di amministratori inefficienti, incapaci e intrallazzatori, che non sanno neppure smaltire i rifiuti dei centri urbani; una stampa e una televisione asservite al potere oltre ogni limite della decenza, che disinformano sistematicamente il cittadino e lo trattano ogni giorno da perfetto imbecille; una scuola fatiscente e priva di risorse, una università asfittica e in predicato di smantellamento, una sanità pubblica allo sbando, un sistema di trasporti obsoleto, intasato e altamente inquinante; una cittadinanza sempre più intontita da un conformismo edonistico e svuotata di senso civico, dilaniata da campanilismi feroci, da faziosità incorreggibili, da partigianerie localistiche e ideologiche, capace di mobilitarsi solo per la difesa d interessi strettamente particolari o addirittura corporativi, di solito all’insegna del: «Fate quel che volete davanti alla casa del mio vicino, ma non davanti alla mia»; una sistematica mortificazione del merito, del talento, dell’inventiva e della buona volontà, a favore di una altrettanto sistematica premiazione della obbedienza mediocre, della furbizia da quattro soldi, del nepotismo, del familismo, dell’omertà e del menefreghismo eretto a sistema.
Un territorio che cade a pezzi, disboscato in maniera selvaggia, cementificato in maniera irresponsabile, lottizzato oltre ogni limite dell’immaginazione; una montagna che si disgrega, una collina che frana, una rete fluviale tormentata da mesi di siccità e poi da piene improvvise e catastrofiche; una edilizia pubblica e privata da Terzo Mondo, con palazzi dalle fondamenta di sabbia in zone ad alto rischio sismico; un abusivismo sfrenato, un proliferare di discariche abusive, un ricorso sempre più massiccio alla chimica nell’agricoltura, con l’inquinamento delle falde acquifere e l’avvelenamento della verdure e della carne destinate alle nostre tavole; una assoluta mancanza di controlli; la quasi certezza dell’impunità per chi viola le norme e per chi calpesta le regole del vivere civile.
A tutto ciò si aggiunga una rete sinistra di servizi segreti deviati, in tutto affaccendati fuorché nella difesa dell’interesse nazionale; un impiego a dir poco discutibile delle nostre forze armate, all’ombra di «missioni di pace» che, spesso, sono solo una forma di manovalanza al servizio di interessi strategici dell’arrogante “alleato” americano; una giustizia che non funziona, che fa sentire il cittadino onesto perpetuamente debole e indifeso, mentre fa crescere a dismisura la tracotanza dei disonesti; uno scontro istituzionale a tutto campo fra i poteri dello Stato, quotidianamente impegnati in un gioco al massacro di delegittimazione reciproca; una polizia che è cronicamente al di sotto degli organici quando deve affrontare le potentissime cosche della criminalità organizzata, padrona di quattro intere regioni, ma che è sempre agguerrita quando si tratta di prendere a manganellate pastori che manifestano per la propria sopravvivenza, come a Cagliari, o madri di famiglia con i figli in braccio, come a Terzigno: il tutto mentre il Parlamento è indaffaratissimo a discutere l’ennesima legge «ad personam» a tutela dei pezzi grossi dello Stato.
E ancora: i cittadini di Vattelapesca che scendono in strada perché non vogliono ricevere, nel proprio territorio comunale, i rifiuti del paese di Chissadove; il governatore della Lombardia che chiude le porte in faccia ai camion con la monnezza della Campania; il governatore del Piemonte che è stato eletto, ma forse non doveva governare; il partito di maggioranza relativa che presenta le liste in ritardo per le elezioni amministrative nella capitale, ma ottiene la deroga cui nessun privato cittadino avrebbe avuto diritto, si presenta ugualmente e vince; ministri inquisiti che non si dimettono e lanciano insinuazioni velenose contro i giudici, dicendosi perseguitati; assessori che, per protesta contro le difficoltà finanziarie dei rispettivi comuni, salgono sui tetti e dicono che terranno lassù le riunioni di lavoro; Marchionne che afferma che l’Italia è un peso morto per la F.I.A.T., dopo che quest’ultima ha pescato a piene mani, per decenni, nelle casse del pubblico denaro; Gheddafi che gioca a Roma come fosse a Disneyland, tra cavalcate di beduini e sfilate di belle ragazze che sventolano il Corano con la mano; alpini che muoiono in Afghanistan non si sa bene perché…
Ancora: calciatori strapagati che scendono in sciopero, e disoccupati disperati che minacciano di buttarsi dalle gru; la più alta percentuale di incidenti sul lavoro in tutta Europa; frotte di immigrati clandestini, che vengono assunti a lavorare in nero, e intere generazioni di giovani italiani - molti dei quali laureati - che, a trent’anni, non trovano uno straccio di lavoro e devono andare all’estero; giornali che, invece di informare l’opinione pubblica, la stordiscono con interminabili tormentoni su un singolo appartamento di Montecarlo o sguazzano con toni da Grand Guignol nell’ultimo, truculento fattaccio di cronaca nera; manager che percepiscono una paga superiore di oltre quattrocento volte a quella dei loro operai, ma che predicano la necessità del rigore, dei sacrifici, della mobilità e minacciano di trasferire gli stabilimenti in Serbia o in Romania ogni qualvolta si trovano davanti a una minima contestazione dal basso; improbabili attentati all’incolumità di giornalisti che non danno fastidio a nessuno, anzi, che sono fin troppo solerti nel lavare i panni sporchi di coloro che li pagano e nel ricoprire di fango gli avversari dei loro padroni…
E ancora: cittadini che si credono furbi perché non pagano le tasse, perché non pagano il ticket sanitario o il canone di abbonamento della Rai, perché riescono a procurarsi la pensione di grandi invalidi anche se stanno benissimo; che scaricano i rifiuti puzzolenti nella pubblica via, mentre si vantano della perfetta pulizia che regna nelle loro case. Pluriassassini che se ne vanno in giro per le strade a testa alta dopo aver scontato pochi anni di galera, e guardano con aria di sfida i parenti delle loro vittime; e poveracci che per aver rubato due polli, come si usa dire, vengono chiusi in carcere come pericolosi delinquenti, mentre la giustizia butta via le chiavi delle loro celle. Pompose nullità, assolutamente innocue per la malavita o per il terrorismo, che vivono sotto scorta a spese dei contribuenti, e magistrati o tutori dell’ordine che corrono ogni giorno pericolo di vita, ma che non hanno alcun genere di scorta e che sono un facile bersaglio per chiunque voglia metterli a tacere per sempre.
E poi la retorica insulsa, le pomposità ufficiali, le cerimonie senza senso, i fiumi di parole in libertà, il politichese furbesco e compiaciuto di chi non vuol farsi capire o, peggio, di chi mente deliberatamente e prende in giro gli elettori, i contribuenti, i cittadini.
Si aggiunga, infine, a tutto questo un Paese sempre più spaccato in due metà, che centocinquant’anni di Stato unitario non hanno saputo avvicinare, anzi, che hanno visto allontanarsi sempre più: un Nord che potrebbe fare concorrenza alla Germania o alla Svizzera e un Sud che somiglia sempre più all’Albania o al Marocco.
E poi la Massoneria deviata, le logge senza scrupoli, i faccendieri senza etica, gli avventurieri senza coscienza, le lobbies senza pudore e senza rispetto per nessuno, tranne che per i loro interessi inconfessabili e per quelli dei loro amici e degli amici degli amici…
Ecco, questo è il quadro; e vi sarebbe molto altro ancora, che forse è il caso di tacere per amor di Patria: come quelle infrastrutture stradali che gli Americani, bontà loro, offriranno ai cittadini di Vicenza, in cambio di un esercito d’occupazione di 5.000 soldati stranieri, con licenza di uccidere e garanzia di assoluta impunità, come nel caso del Cermis…
L’Italia sta per implodere.
I migliori sono attoniti, scoraggiati, mortificati; i peggiori trionfano e celebrano sguaiatamente i loro osceni saturnali.
Una classe dirigente sempre più vecchia, anagraficamente e spiritualmente, rimane attaccata alle poltrone fino all’ultimo respiro: senza fantasia, senza coraggio, senza audacia intellettuale: vivacchiando di ricette vecchie e stravecchie: per esempio, tagliando ulteriormente il costo del lavoro per ridare fiato all’industria, stile cinese, invece di puntare sulla ricerca avanzata e sui prodotti di alta qualità.
Una scuola che non forma la mente dei giovani; una università che distribuisce diplomi di laurea sempre più simili a carta straccia; una fuga di cervelli che sta assumendo le proporzioni di una inarrestabile emorragia…
Uno Stato che, invece di tutelare il risparmio e di proteggere il lavoro, ipnotizza il cittadino col miraggio della vincita favolosa a qualche lotteria nazionale: proprio come descritto, più di cento anni fa, da Matilde Serao ne «Il paese di Cuccagna»…
E mentre gli onorevoli si aumentano regolarmente lo stipendio, i degenti delle corsie sono pregati di farsi portare da casa le stoviglie, perché gli ospedali ne sono privi; così come le scuole sono prive di carta igienica: mentre gli onorevoli vanno a vedere la partita di calcio con gli aerei delle Forze Armate. E tutto questo avviene a dispetto dell’altissima incidenza del prelievo fiscale, senza pari in Europa, in confronto ai servizi pubblici erogati…
Ma la crisi più grave è, senza dubbio, quella morale.
Quando i sostenitori del partito che governa il Piemonte dicevano che, se la riconta dei voti avesse dato loro torto, avrebbero chiamato a intervenire i caschi blu dell’O.N.U: allora vuol dire che la Patria è morta.
Quando la gente di Terzigno brucia il tricolore come fosse la bandiera del nemico e, insieme ad esso, brucia tonnellate di rifiuti, facendo sprigionare la diossina ed altri gas velenosi e danneggiando platealmente se stessa, allora vuol dire che la Patria è morta.
E quando le forze dell’ordine prendono a manganellate dei pastori, disperati perché il taglio delle quote latte rende loro impossibile la sopravvivenza, mandandone più di qualcuno all’ospedale: allora vuol dire che la Patria è morta.
La Patria è morta e non è detto che saprà rinascere dalle proprie ceneri: centocinquant’anni di vita nazionale non hanno saputo fare gli Italiani. Gli stati e le stesse civiltà, come diceva Spengler, sono organismi che nascono e muoiono, per non più risorgere.
Ci vorrebbe uno scatto di orgoglio, ma da dove incominciare?
Siamo in un circolo vizioso: ci lamentiamo di avere una pessima classe dirigente; ma la classe dirigente, in un sistema democratico, è il riflesso della società medesima. Non può essere né peggiore né migliore del cittadino medio.
Dunque, il problema è che siamo Italiani?
Oppure che non siamo Italiani, perché l’Italia - come sosteneva Metternich - non è altro che una espressione geografica?
Bisogna sperare nei giovani: ma non in quelli allevati e cresciuti a giochi elettronici e Grande Fratello.
Non in quelli che, dagli adulti, hanno ricevuto solo il cattivo esempio dell’egoismo, della grettezza, del disprezzo della legalità, della coscienza, del senso dell’onore.
In quali giovani, allora?
In quale domani?