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È morto Néstor Kirchner, un presidente peronista per l’Argentina

di Francesca Dessì - 28/10/2010

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È morto Néstor Carlos Kirchner Ostoić, l’ex presidente argentino e marito dell’attuale capo di Stato Cristina Fernandez de Kirchner. È morto l’uomo che ha ridato dignità all’Argentina dopo gli anni bui della dittatura militare.
È stato un “arresto cardio-respiratorio” a stroncare la vita dell’ex capo di Stato, poco dopo essere stato ricoverato  in una clinica a Calafate, nella provincia patagonica di Santa Cruz. Da tempo soffriva di disturbi al cuore ma la sua morte ha comunque colto tutti di sorpresa.
Deputato e presidente del Partido Justicialista, il partito peronista al potere, Kirchner era stato da poco eletto come primo segretario generale dell’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur) e si parlava addirittura di una sua possibile nuova corsa alla presidenza dell’Argentina.
Nato il 25 febbraio del 1950 a Rio Gallegos, è stato presidente dal 25 maggio del 2003 al 10 dicembre del 2007, dopo essere succeduto a Eduardo Duhalde, il quale completò il mandato dell’ex presidente radicale Fernando de la Rúa, dimessosi a seguito del tracollo economico del 2001. Anni difficili in cui l’Argentina passa dall’essere tra i primi dieci Paesi più ricchi al mondo a uno dei più poveri, dalla piena occupazione al 42% di disoccupazione, dall’essere Paese sovrano e tecnologicamente avanzato, all’essere uno Stato completamente svenduto alle multinazionali straniere e prigioniero del Fondo monetario internazionale.
È con l’elezione di Kirchner che l’Argentina iniziò il percorso di recupero della sovranità e dignità nazionale. Il pil prese a crescere con ritmi pari alla Cina, con punte del 10%, la disoccupazione scese al 10% e la povertà al 33,5%. Una lenta e faticosa ripresa economica e sociale che si deve all’adozione di una politica peronista incentrata sulla nazionalizzazione dell’economia. Non è un caso che a livello internazionale Kirchner si allineò con il brasiliano Lula, il venezuelano Chávez, il cileno Bachelet, l’uruguaiano Vazquez, l’ecuadoriano Correa e il cubano Castro, inimicandosi il Fondo Monetario Internazionale.
A piccoli passi, il presidente rimise in piedi l’Argentina, ma non solo dal punto di vista economico. Diede al Paese la dignità persa durante la dittatura militare con i suoi 30.000 desaparecidos, chiudendo pagine di impunità e di corruzione.
Durante il suo governo, vennero infatti abolite la “Ley de Obediencia Debida” e il “Punto Final”, che garantivano l’impunità dei militari coinvolti nella dura e atroce repressione degli anni bui. Ma cosa ancora più importante, si diede voce al dolore delle madri di Plaza de Mayo, che chiedevano giustizia per i tanti bambini che furono regalati a famiglie vicine alla dittatura, dopo averli strappati appena nati dalle madri prigioniere. Nel 2006, il presidente Kirchner trasformò la Escuela de Mecánica de la Armada (Esma), nella quale passarono circa 4.700 desaparecidos, in un Museo della Memoria per non dimenticare i crimini della dittatura militare e per promuovere i diritti umani. Durante la celebrazione,  Kirchner chiese perdono da parte dello Stato “per la vergogna di aver taciuto durante 20 anni di democrazia su simili atrocità”. E le madri di Plaza de Mayo affermarono che per la prima volta il nemico non siede più alla Casa Rosada, il palazzo nel quale risiedeva ora Néstor Kirchner, un peronista alla guida della Repubblica.