Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Fazio, Saviano, Feltri: il paese del fango e della censura

Fazio, Saviano, Feltri: il paese del fango e della censura

di Giorgio Cattaneo - 13/11/2010

Fini & Bersani nella super-tribuna televisiva di Fazio & Saviano? No, grazie. Puntuale come il più grigio dei censori dell’Unione Sovietica, il direttore generale della Rai, Mauro Masi, impegnato nell’eterna sfida con Michele Santoro per silenziare “Annozero”, interviene ora per tentare di bloccare i due ospiti di “Vieni via con me”, mentre l’Ordine dei Giornalisti imbavaglia Vittorio Feltri, condannandolo a tre mesi di silenzio stampa per l’incidente del caso Boffo. «Se le cose le facciamo noi è dossieraggio, se le fa “Repubblica” va tutto bene», è la replica di Feltri, che a sua volta si sente vittima di un complotto della burocrazia editoriale contro una voce libera e scomoda, la sua. 

«Il “Giornale” – scrive in un editoriale il direttore, Alessandro Sallusti – pubblicò, nel settembre dello scorso anno, la notizia, risultata MILANO - TRASMISSIONE TV CHE TEMPO CHE FAassolutamente vera, che il direttore di “Avvenire”, Dino Boffo, aveva patteggiato una condanna per molestie telefoniche a sfondo sessuale». Nell’articolo, continua Sallusti, «si faceva riferimento a una lettera anonima recapitata a numerosi vescovi e cardinali nella quale si sosteneva che all’origine del caso c’era una vicenda a sfondo omosessuale». Boffo non ha querelato il “Giornale” né esibito pubblicamente le carte processuali, e nel giro di pochi giorni ha presentato le dimissioni da direttore: dimissioni subito accettate dall’editore, cioè dai vescovi italiani.

«Ci vogliono far tacere», protesta Sallusti, che addebita alla cordata editoriale antiberlusconiana la vera “macchina del fango”, basata su «dichiarazioni non verificate di escort, ricattatrici e millantatori», ovvero «spazzatura spacciata per notizie, che non vengono poi smentite anche quando risultano manifestamente infondate». Per Sallusti, il gioco è retto da una «compagnia di giro» ben collaudata: «Ai soliti Travaglio, Santoro, Benigni e soci, si è aggiunto di recente lo scrittore Saviano, che dopo aver scritto un buon libro è diventato un trombone, patetica e modesta Vittorio Feltricontrofigura di ciò che Pasolini rappresentò per gli anticonformisti negli anni Settanta».

Con la sentenza anti-Feltri, secondo Sallusti l’Ordine dei Giornalisti «si è reso di fatto complice di questa porcheria», dopo un esposto del Pd al garante dell’authority «per farci chiudere», un mese dopo gli avvisi di garanzia e le perquisizioni a Sallusti e Porro «per aver pubblicato un editoriale critico con il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia». A dire il vero, secondo le informazioni diffuse, risulta che la perquisizione al “Giornale” sia scattata dopo che la stessa Marcegaglia confidò ai magistrati di Napoli di sentirsi minacciata dall’evocazione – secondo Porro, scherzosa – di “dossier” in uscita contro di lei.

«Io sono libero di scrivere quello che voglio», replicò Feltri, difendendo orgogliosamente la propria indipendenza anche nel salotto televisivo delle “Invasioni Barbariche” su La7: «Ormai ho una certa età, non ho più necessità di denaro». Come dire: per impedirmi di esprimere la mia opinione possono solo cacciarmi. Resta il fatto che l’editore del “Giornale” è Paolo Berlusconi, e che lo staff della Marcegaglia contattò proprio il numero uno di Giampaolo PansaMediaset, Fedele Confalonieri, per ottenere la garanzia che il giornale di Feltri non avrebbe “colpito” la presidente di Confindustria.

“Il padrone in redazione” era il titolo eloquente di un saggio di Giorgio Bocca, in sintonia con un titolo ancora più esplicito, “Carte false”, con il quale negli anni ’80 un altro dei capiscuola del giornalismo italiano, Giampaolo Pansa, mise alla berlina i vizi maggiori dell’informazione nostrana: spesso faziosa, omertosa e pavida, giustizialista o reticente, quasi sempre “dimezzata” a favore della politica. Con un’aggravante, a monte: l’editore. Impossibile avere un’informazione indipendente, se in Italia non esistono editori puri: imprenditori che cioè facciano delle notizie il loro unico mestiere, servendo quindi soltanto il proprio pubblico, cartaceo o televisivo.

Dato lo strapotere decisivo della risorsa pubblicitaria, in grado di esercitare pressioni fortissime a suon di milioni, se l’editore non è puro ma ha altre attività industriali e finanziarie, è automaticamente “sensibile” alla politica e, di conseguenza, orienterà l’informazione dei suoi media in base a strategie che difficilmente i lettori e i telespettatori potranno cogliere. Questo vale purtroppo per tutti i principali quotidiani, scriveva Pansa, per non parlare della lottizzatissima televisione di Stato, occupata militarmente dai partiti in tutte le sue ramificazioni: compresa l’isola di RaiTre, quella che oggi propone Fazio, Benigni e Saviano (nonché Fini e Bersani) come armi “culturali” contro il berlusconismo.