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Demografia, è sempre più allarme in Israele

di Miriam Pace - 02/12/2010

 
 
   
Lo spettro demografico si è materializzato in questi giorni in Israele con le analisi di Sergio Della Pergola, lo studioso che da anni segue i trend di crescita delle popolazioni in Terra Santa. Le previsioni che indicavano il 2015 come l'anno della parità tra ebrei ed arabi tra il Mediterraneo ed il fiume Giordano, si sono avverate con largo anticipo.
Sostiene Della Pergola: "C'è una domanda che assilla Israele dalla guerra del 1967: quando verrà la data in cui gli ebrei non saranno più maggioranza su tutto il territorio? Con questo rapporto diciamo che è già successo. Gli ebrei sono oggi il 49,8 per cento fra il fiume Giordano e il Mediterraneo. Sarebbero appena il 50,8 se anche non considerassimo i lavoratori stranieri, che comunque sono persone vive che abitano da anni in Israele. Ciò che diciamo ha implicazioni politiche. Abbiamo studiato tutto quello che è ‘contenzioso', scontro politico. Mettiamo insieme Israele, West Bank, Gaza, Gerusalemme est, il Golan, i 200 mila lavoratori stranieri, i non ebrei in Israele. Più di due milioni di palestinesi in Cisgiordania, 270 mila a Gerusalemme est, un milione e mezzo a Gaza; 1,2 milioni gli arabi cittadini d'Israele. Mettendo assieme Israele più l'entità autonoma palestinese, che sia governata da Hamas o da Fatah, emerge un quadro in cui gli ebrei sono diventati minoranza. E' la prima volta".
Della Pergola è il propugnatore della formula a tre parametri per Israele. Considerando ebraicità, democrazia, territorialità, solo due di queste componenti possono coesistere nelle varie combinazioni possibili. Israele potrà essere ebraico e territorialmente grande ma non più democratico; ebraico e democratico ma territorialmente piccolo; democratico e grande ma non più ebraico.
Personalmente Della Pergola sostiene l'ipotesi di cedere territori ai palestinesi pur di avere uno stato democratico ed ebraico, benché territorialmente ridotto. E a chi parla di uno Stato bi-nazionale in Palestina risponde: "Chi parla di binazionalità è stupido o violento. Non si negano le identità nazionali. Guardiamo al Belgio, che si sta disgregando, o alla Cecoslovacchia. O al bagno di sangue in Jugoslavia; a Cipro greci e turchi si sono scissi su linee geografiche".

Tuttavia il professor Della Pergola sembra sottovalutare alcuni aspetti. Uno stato bi-nazionale non negherebbe necessariamente le nazionalità esistenti in quel territorio, forse al contrario le valorizzerebbe affrancandole dalla reciproca violenza e volontà di distruzione. Certo, il nazionalismo jugoslavo ha prodotto un bagno di sangue (ma c'è da domandarsi se la causa sia stata esclusivamente etnica), tuttavia altre situazioni, citate da lui stesso, parlano di una storia pacifica: forse il Belgio si dividerà, ma è convissuto ed ha prosperato per secoli in maniera concorde, ed ora se anche la divisione fosse dolorosa dal punto di vista sociale ed economico, sarebbe certamente pacifica; anche la separazione della Cecoslovacchia è avvenuta in maniera del tutto serena dopo decenni di tranquilla convivenza tra ceki e slovacchi; lo stesso avverrebbe per il Canada se un giorno i francofoni del Quebec decidessero la secessione dalla componente anglofona.
Israele dalla sua fondazione e precedentemente ha vissuto una condizione ininterrotta di guerra, conflitti, terrorismo, di cui ancora non si vede una possibile pacificazione. E ci si può legittimamente chiedere cosa sarebbe accaduto se in Palestina fosse nato non uno stato nazionale confessionale per i soli ebrei, Israele, ma piuttosto una patria bi-nazionale con pari diritti e dignità per ebrei e arabi.
Viene da domandare al professor Della Pergola: chi è lo stupido o il violento?

Fonte: Giulio Meotti, "La demografia spaventa Israele, gli ebrei sono diventati minoranza", Il Foglio, 1 dicembre 2010.