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Wikileaks e Gianfranco Fini

di Manuel Zanarini - 06/12/2010


 

Alla fine, i tanto sospirati files di Wikileaks sono stati pubblicati. Come era assolutamente lecito aspettarsi non scateneranno rivoluzioni o guerre mondiali; infatti, si tratta di poco più che veline e impressioni di qualche funzionario di ambasciata. Direi che, però, un aspetto è interessante, e ci rivela (anche se io lo sostengo da tempo) le ragioni dell'attuale crisi politica interna italiana.

 

Come tutti sanno, dopo il successo clamoroso alle ultime elezioni regionali e amministrative, Gianfranco Fini ha iniziato un'opera di sistematica demolizione del lavoro del governo, criticando pubblicamente qualunque provvedimento legislativo venisse proposto, tanto che il Presidente della Camera si è trasformato da “nipotino dei fascisti” a idolo incontrastato della sinistra (con tanto di santificazione mediatica a opera del duo Fazio-Saviano). Una delle menzogne maggiormente diffuse oggi in Italia, è che la scissione di FLI sia determinata da inattività dell'esecutivo o dalla deriva personalista voluta da Berlusconi. La realtà è che Fini ha iniziato ad attaccare il premier all'indomani delle elezioni regionali stravinte, in un momento nel quale i cosiddetti scandali sessuali erano ancora aldilà da venire e non vi erano particolari ragioni politiche (a differenza di quello che viene detto) o di insofferenza dell'elettorato (visti gli enormi risultati elettorali), tali da giustificare lo strappo. Potendo contare su una copertura mediatica senza precedenti (mi ricordo i tempi in cui a Raisi non venivano pubblicati nemmeno i comunicati stampa sui quotidiani locali...) e sostanzialmente senza contraddittorio (si veda la scenetta da Fazio), Fini e i suoi seguaci sono riusciti a far passare una lunga serie di menzogne, insabbiando, e non spiegare agli elettori, i veri motivi di questo attacco al governo. Da tempo, si segnalava come gli attacchi di Fini fossero spesso preceduto da visite in Israele o negli Stati Uniti, e avvenivano in corrispondenza di scelte di politica internazionale, volute da Berlusconi, volte ad avvicinare l'Italia alla Russia e alla Libia. I più ingenui, o quelli più in malafede, hanno sempre liquidato il tutto come coincidenze o letture complottiste. Oggi, dopo la pubblicazione dei files di Wikileaks, si scopre che non si trattava di visioni o di teorie assurde; ma, probabilmente, di aver capito cosa ci sia dietro l'”operazione Fini”.

 

Fin dalla fine della II Guerra Mondiale, l'Italia ha progressivamente perso ogni sovranità – sia politica che economica – specialmente quella estera, dato che per ovvie ragioni, ci si è dovuti piegare alle scelte fatte da Washington. Dal 1945 a oggi, tutti gli interessi esteri hanno dovuto rispettare i desideri del nostro padrone a stelle e strisce, comprese le missioni in Iraq e Afghanistan. Adesso che alla Casa Bianca è arrivato Barack Obama, la situazione è anche peggiorata. Il maggior consigliere di politica estera del Presidente è Zbigniew Brzezinski, uno dei fondatori del Bilderberg Group e della Trilateral Commission, il quale, in tempo non sospetti, aveva enunciato la necessità primaria, per Washington, di assumere il controllo sull'Eurasia - la zona geopolitica che comprende l'Europa, la Russia e gli stati ex-sovietici. Il motivo è presto detto: si tratta della maggiore zona al mondo per ricchezza di risorse energetiche; quindi, se il cosiddetto Occidente vuole continuare a mantenere il sistema dello “sviluppo senza limite”, deve assolutamente assumere il controllo di tali riserve, peraltro sempre più scarse. In tale ottica, ad esempio, va letto il disinteresse verso l'Iraq, e il contemporaneo aumento dello scontro in Pakistan e in Afghanistan. Cosa c'entra tutto questo con l'attuale crisi interna alla maggioranza italiana? Berlusconi, per interessi personali o politici poco importa, sta da tempo aprendo scenari diversi per la politica economica, e, soprattutto energetica, del Belpaese, aumentando le relazioni con la Libia e la Russia. Basti pensare ai contratti milionari siglati con Gheddafi e la partecipazione al progetto “South Stream”, il gasdotto che dovrebbe collegare direttamente la Russia all'Unione Europea, costruito in collaborazione tra l'italiana ENI e la russa Gazprom, in diretta contrapposizione al “Nabucco”, voluto fortemente dagli Stati Uniti, che  trasportando il gas dal Caucaso e dal Mar Caspio, indebolirebbe i rapporti crescenti tra Mosca e Bruxelles.

 

È ovvio, peraltro era già chiaro prima che Wikileaks ce lo confermasse, che per Washington tale politica estera del governo italiano non fosse accettabile; quindi, come sono soliti fare gli “sceriffi del mondo”, sono passati all'attacco, cercando in almeno 3 mosse a destabilizzare il Belpaese. Prima tramite l'”amico delle spie”, Antonio di Pietro, le cui foto a cena con 007 sono da tempo note a tutti, il quale, però, si è dimostrato incapace di rappresentare un'alternativa credibile al Cavaliere. In seguito, hanno tentato una “rivoluzione colorata”: il “popolo viola”. Un tentativo, peraltro subito abortito – se un anno fa, al NO-B Day, in piazza c'erano decine di migliaia di persone, oggi se ne sono riunite qualche decina in un teatro – di scatenare la piazza contro il governo, sullo stile di ciò che era già stato tentato a Teheran. Fallita anche questa strategia, si capì che, in Italia, oggi, per sconfiggere il centro-destra, bisogna ricorrere al...centro-destra; così, è iniziato il corteggiamento a Gianfranco Fini, che mai ha dimostrato un briciolo di coerenza politica, preferendo il più remunerativo egoismo carrieristico.

 

Aldilà delle belle parole, e degli annunci retorici, questo è lo scopo della manovra finiana, destabilizzare un governo italiano che cerca di essere più autonomo – per carità, di indipendenza non se ne ha neppure l'ombra, come testimonia la posizione di Roma sull'Iran – rispetto al volere degli Stati Uniti, in cambio, magari, della presidenza del consiglio, o di qualche casetta a Montecarlo.

 

Manuel Zanarini