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Alla ricerca dei ‘Green drivers’

di Gianluca Cristoni - 08/12/2010

Fonte: nemetonmagazine



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Viviamo un momento di difficoltà generale della nostra economia, la crisi originata dalla finanza, come era prevedibile, sta attanagliando il mondo delle imprese e i cittadini. Come tutte le fasi di crisi economica amo pensare che si tratti di un momento di transizione e che in un certo senso può offrire possibilità di crescita e di riflessione sui nostri ‘sistemi operativi’. Una cosa è certa, siamo tutti più ansiosi di ieri, ci mancano alcuni punti fermi, ma allo stesso tempo abbiamo ripreso a cercare la trasparenza e le cose semplici, sognando un sistema di valori lontano da quello proposto negli ultimi anni, cercando di costruire rapporti più diretti e sinceri. Quando s’innescano fenomeni di cambiamento epocali, nascono nuove opportunità per tutti e, in questo scenario, il mondo dell’agricoltura e del verde credo possa offrire molte possibilità.

Un up-grade tutto naturale

Prendiamo come esempio il portale www.culturadelverde.it immaginandolo come una piccola cittadella (di circa 80.000 persone) una community che non dorme mai, aperta tutti i giorni, 24 ore su 24, chiunque può entrare ed esprimere la propria opinione. Una città dove il verde colora i muri, i tetti e le strade, aperta ad agricoltori, progettisti, costruttori di aree a verde, appassionati e a chiunque vuole conoscere tecniche e sistemi, ma soprattutto dove, chiunque, può trovare il file giusto che gli consenta un up-grade in grado di dare una spinta in più alla conoscenza e al proprio modello di business. In questa grande piazza virtuale vogliamo riportare al centro il ruolo delle imprese e dei professionisti che tutti i giorni si occupano (nel mondo reale) di questo settore. Stiamo vivendo l’era della condivisione e della conoscenza, il fare rete tra le persone e le imprese è destinato a diventare un modello di riferimento per le nuove forme di imprenditorialità e per quelle esistenti. Vogliamo soltanto favorire questa evoluzione sia all’interno della rete internet che in tutti quegli eventi nazionali e internazionali dove i nostri driver stanno diventando sempre più protagonisti. Cicerone sosteneva che «… di tutte le arti dalle quali si ricava qualche profitto, nessuna è migliore dell’agricoltura, nessuna più redditizia, nessuna più dolce, nessuna più degna di un uomo, e di un uomo libero …» (Cicerone, De Officiis, I, 150-ss, 44 a.C.). E “alcuni” anni dopo – più precisamente a metà dell’Ottocento – Flaubert in Madame Bovary si domandava retoricamente: «È davvero necessario, signori, che io vi dimostri l’utilità dell’agricoltura? Chi dunque provvede ai nostri bisogni, chi dunque ci fornisce gli alimenti se non l’agricoltore? Come ci vestiremmo noi, come ci nutriremmo senza l’agricoltore?».

E oggi – nell’era postmoderna, nella società liquida, nell’epoca dell’agricoltura multifunzionale – a cosa serve l’agricoltura e come si guadagna (se si guadagna) praticandola? Nella dinamica attuale delle economie sviluppate, e nel mezzo di una crisi esplosa in tutta la sua gravità anche nella dimensione agricola e alimentare, appare dunque quanto mai necessario esplorare nuovi “sentieri” per rispondere a queste domande di fondo, e per fornire soluzioni concrete a chi opera sul campo. L’agricoltura, nella sua dinamica evolutiva, si sta progressivamente terziarizzando, seguendo così l’andamento che ha caratterizzato gli altri settori del nostro sistema economico. Il che sta avvenendo nell’ambito essenzialmente della cosiddetta “differenziazione” delle aziende agrarie. In altre parole l’azienda, da utilizzatrice di servizi, diventa a sua volta fornitrice di servizi per altre aziende e più in generale per la collettività. E una parte di questi servizi, ancora non del tutto noti agli stessi agricoltori, sono di carattere commerciale: come ad esempio quelli legati alla gestione di aree verdi pubbliche e private, uno dei temi che interessano questo lavoro. E dunque questi servizi presentano una qualche opportunità di profitto – per dirla con Cicerone – per l’imprenditore agricolo. Ovviamente vi sono altre tipologie di servizi – ad esempio quelli aventi valenza ambientale – alle quali la società moderna attribuisce comunque una rilevanza significativa, ma che è difficile remunerare esclusivamente attraverso il mercato, e il cui compenso non può che essere affidato a meccanismi di intervento pubblico, che vanno però affinati proprio attraverso la acquisizione di conoscenze specifiche sul tema in questione. Insomma, passati anche i tempi di Flaubert e giunti ai giorni nostri, ecco che l’identificazione puntuale (anche sul piano statistico) e la regolamentazione normativa dei servizi, nonché l’analisi teorica ed empirica della terziarizzazione dell’agricoltura e dei relativi modelli aziendali, diventano dei percorsi di ricerca e di elaborazione operativa ineludibili per il futuro del mondo agricolo imprenditoriale, ma anche per i decisori pubblici. Si tratta di percorsi che impongono la ridefinizione stessa – appunto – del ruolo e dell’utilità del settore e, perché no, del “guadagno” in agricoltura.

L’economia mondiale sta spostando l’attenzione dalla “produttività umana” alla “produttività delle risorse”, cercando così di ridurre l’impatto dell’uomo sull’ambiente. L’interesse si sta trasferendo sempre più dal capitale “economico” a quello “naturale” e di conseguenza anche l’industria sarà obbligata a imitare la natura. Tutto ciò induce all’affermazione di nuovi valori, a un radicale cambiamento di mentalità dell’acquisto, basato non più sul concetto di ricchezza, ma su quello di benessere inteso come qualità, utilità e prestazioni. Tale cambiamento comporta una crescente attenzione nei confronti del verde, dello stare bene e dell’uso di materiali riciclabili, elementi che appagano l’esigenza di benessere. Wto, protocollo di Kyoto, riforma della politica comune in materia agricola, tracciano ormai scenari chiari, di come il mondo agricolo, e di conseguenza il territorio, si adatterà a queste “evoluzioni”. Il paesaggio del nostro paese è profondamente segnato dalla mano dell’uomo: i campi coltivati con ordine in pianura si alternano alle colline boscate, coltivate a castagneto o a ceduo, che fanno da sfondo alle città d’arte e alle attività produttive. Le architetture si sono stratificate nel corso dei secoli, avvicendandosi o sovrapponendosi al reticolato agricolo, mentre il paesaggio che interessa oltre il 70% del nostro territorio, è “occupato” dalle coltivazioni agricole e sono gli agricoltori stessi che con il loro “operare giornaliero” lo gestiscono. Le recenti evoluzioni fiscali, giuridiche e previdenziali, hanno mutato la figura dell’imprenditore agricolo, che diventa sempre più multifunzionale e pluriattivo ed esce dagli “steccati dell’impresa agricola tradizionale” per arrivare alla realizzazione e alla manutenzione di aree a verde, siano esse di natura pubblica o privata. L’impresa agricola è, per definizione, inserita all’interno di uno specifico territorio, ma non sempre a questa naturale connotazione geografica corrisponde un’interrelazione strutturata con tutti i soggetti presenti sul territorio. L’imprenditore è il soggetto determinante per stabilire il sistema di relazioni di cui, ormai, il fare impresa ha bisogno, un tema di grande attualità che ha portato centinaia di aziende in Italia a guardare con interesse a queste opportunità di mercato.

Il settore dell’agricoltura assicura la gestione di oltre 14 milioni di ettari di terreni e il presidio, ben più ampio, nei suoi aspetti ambientali, paesaggistici e culturali. Le imprese agricole possono trovare grandi opportunità in questi ambiti ripensando al proprio futuro, rimettendosi in gioco, valutando opzioni diverse da quelle praticate fino a ora. Allo stesso tempo sentono sempre più la necessità di approdare a nuovi mercati che in modo inesorabile richiedono una maggiore collaborazione con gli altri soggetti del panorama locale, siano essi parte integrante della propria filiera o meno, siano essi di natura privata o pubblica Le imprese oggi devono essere orientate verso forme di ‘integrazione’ per aumentare la competitività e aggredire segmenti di mercato non debitamente serviti. Ecco perché stiamo lavorando sul progetto Agri Business Club (ABC) che altro non è che un network di imprese che costituisce una vera e propria filiera produttiva integrata che non ha il vincolo della territorialità (tipica dei distretti) ma un nuovo modo di utilizzare le forme di marketing che la rete internet ci permette di utilizzare. Un network che consente di fare squadra, creando una rete di imprese, aiutandole ad affrontare mercati che difficilmente riuscirebbero ad aggredire da sole. La rete di imprese deve essere vista come un ‘collegamento’ che consente alle imprese agricole (che vogliono entrare nel mercato dei ‘servizi verdi’ pubblici e privati) di uscire dai propri steccati rendendosi visibile rafforzando il legame con il territorio in cui opera, mettendo in rete le proprie maestranze e le proprie macchine/conoscenze. È fondamentale mettersi in rete condividendo un progetto comune in grado di sviluppare sinergie per ogni singolo azienda che può beneficiare di ampi canali di comunicazione sfruttando un marchio che oltre a promuovere la terziarizzazione dell’impresa agricola promuove territorialmente l’azienda più vicina al richiedente del servizio. È evidente che il servizio può ricevere solo benefici dalla comunicazione, che porta al richiedente una risposta diretta sul suo territorio. La rete diventa quindi, un obiettivo comune per fare cose che da soli sarebbero impossibili. Solo in questo modo si può mettere in campo un network produttivo che sfrutta le leve della comunicazione e dei media a livello nazionale lasciando, in una visione a nido d’ape, il protagonismo a chi presiede l’ultimo chilometro di territorio.