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Quel sistema alla canna del gas

di Roberto Zavaglia - 13/12/2010

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Berlusconi, nel bene e nel male, non cambia mai. Tra i pochi rimproveri che non gli si può fare è che, nelle sue uscite pubbliche, si dimostri ipocrita, fingendo di essere diverso da come è. Ciò, per un uomo di Stato, che sarebbe tenuto a una certa prudenza nei comportamenti, non rappresenta però una qualità. Nei rapporti con i leader politici stranieri, il presidente del Consiglio si lascia talvolta guidare dalle simpatie personali e abusa di “toni amichevoli” anche nelle sedi in cui sarebbe consigliabile un atteggiamento più formale. E’ la cosiddetta politica della pacca sulla spalla, che Berlusconi ha a lungo praticato con l’ ”amico Bush” e oggi continua ad usare con Putin.
  Ci devono però essere delle gravi differenze, che a noi sfuggono, se il capo del governo dà prova della sua eccessiva socievolezza in una dacia russa invece che in un ranch texano. Sugli incontri privati con il presidente Usa si fece al massimo dell’ironia, quando invece Berlusconi si intrattiene con il Primo ministro russo, i giornali si chiedono quali affari criminosi ci siano sotto. La nostra stampa ha subito colto al volo le rivelazioni di Wikileaks sulle critiche dei diplomatici statunitensi all’eccessiva vicinanza a Mosca, per sferrare una serie di poderosi attacchi al capo del governo. I due maggiori quotidiani italiani, “Corriere della Sera” e “Repubblica”, espressione di due diverse  cordate del potere economico-finanziario nazionale, si sono schierati in prima linea con una serie di “inchieste” ed editoriali.
    Il 3 dicembre, il Corriere ha pubblicato un duro articolo,  -a firma di Massimo Mucchetti, che in altre occasioni aveva invece dato prova di indipendenza e anche un certo coraggio- in cui si demoliva la politica del gas dell’Eni. Le scelte strategiche dell’azienda di idrocarburi nazionale sarebbero completamente sbagliate poiché essa ha puntato sul “costoso” gas russo, proprio quando l’innovazione tecnologica, attraverso il gas di scisto (shale gas), consente di procurarsi energia a prezzo ridotto. Mucchetti si chiede, con una pesante insinuazione, a chi abbiano giovato, in termini di illeciti guadagni, gli accordi con Gazprom. Poiché –lo ammettiamo- di questo gas di scisto non ne sapevamo nulla, abbiamo provato frettolosamente a informarci su questa scoperta rivoluzionaria che il Corriere, in prima pagina, ci ha indicato improvvisamente come la soluzione di gran parte dei problemi energetici mondiali.
  Per quel poco che possiamo avere capito, per usufruire dello “shale gas” si dispone di una tecnica ancora troppo recente per basare su di esso l’intero approvvigionamento. Inoltre, è meno costoso di quanto creda il Corriere e, soprattutto, causa un forte inquinamento che, negli Usa, ha già suscitato numerose proteste. Indovinate, poi, qual è l’unico Paese con una forte produzione di questo tipo di energia?  “Strano a dirsi” sono gli Usa e il brevetto per l’estrazione appartiene alla tristemente celebre (per gli affari acquisiti grazie all’invasione dell’Iraq) Halliburton. Insinuazione per insinuazione, ci piacerebbe chiedere a Mucchetti a chi converrebbe sostituire gli acquisti del gas russo con quello statunitense.          
  La Repubblica si è invece servita dell’ “Eurasian Energy Security”, un rapporto del Dipartimento di Stato Usa, usandolo come il Vangelo. Ciò che va bene alle strategie energetiche di Washington è la via maestra; le altre strade, come quella scelta dall’Eni, non possono essere che il frutto di una immensa opera di corruzione. Di tangenti o di guadagni illeciti la stampa non ha finora dato alcuna prova, ma è riuscita comunque ad insinuare nei lettori il dubbio che la politica di Berlusconi verso la Russia sia motivata da suoi personali interessi. Una situazione ben diversa da quanto avviene in Germania: Berlino ha attuato una politica energetica di collaborazione con Mosca (l’ex cancelliere Schroeder è addirittura presidente del consorzio Nord Stream) ma i rimproveri di Washington non hanno prodotto significative polemiche interne.
  Nel momento in cui i documenti rivelati confermano “ufficialmente” che gli Usa considerano l’alleanza con l’Italia come un rapporto tra un superiore e un dipendente, la reazione della nostra stampa è quella di scagliarsi contro il governo che, in alcuni settori, prova sfuggire alla sottomissione. Non abbiamo letto, sui giornali più diffusi, critiche per le manovre dell’ambasciata Usa tese a imporre un cambiamento delle nostre scelte energetiche. Anzi, la maggior parte della stampa ha parlato solo delle accuse rivolte contro il governo, omettendo di citare l’attività lobbystica svolta da una potenza straniera sul nostro territorio, per orientare le politiche italiane secondo la sua volontà, anche a dispetto dell’interesse nazionale. A proposito delle parole dell’ex ambasciatore Ronald Spogli sull’azione svolta “con figure di spicco del governo in forma aggressiva e a tutti i livelli”, nessuno si è chiesto in cosa consistesse tale aggressività a tutto campo.
  Tenendo conto che le carte pubblicate non sono tra quelle catalogate “top secret”, si può immaginare come i servizi Usa mettano in atto “pressioni” ancora più consistenti di quelle dei  diplomatici. Eppure, non si cerca di scoprire , per esempio, quali sono gli uomini politici italiani che hanno rapporti riservati con Washington e si prestano a lavorare, occultamente, in suo favore. La stampa è quotidianamente impegnata a scoprire le occasionali “amicizie femminili” del capo del governo, ma non trova interessante sapere se qualche esponente del suo governo lo tradisce alle spalle in un settore fondamentale per la vita del Paese. E dire che gli opinionisti liberali lamentano che in Italia è diffuso un pregiudizio antiamericano…
  A una prima analisi, la massa dei documenti diffusi da Weakileaks ribadisce che, in questa fase, la maggioranza delle alleanze tradizionali sono considerate a rischio da Washington. Essendo in corso un riallineamento geopolitico a livello globale, la Casa Bianca è preoccupata che anche “il campo occidentale” sia meno unito di quanto sembri. Con la considerevole (in termine di truppe messe a disposizione) partecipazione alla disastrosa avventura afgana e con l’allineamento, spinto fino all’assurdo, alle posizioni israeliane, Berlusconi si è guadagnato solo una gratitudine condizionata. Il “codice atlantico” deve essere rispettato in tutte le sue molteplici norme: non è lecito sgarrare nella politica energetica e nelle cruciali relazioni tra Europa e Russia. Nonostante il proclamato “reset” nei reciproci rapporti, Washington considera ancora Mosca un nemico e teme che le sue risorse possano sedurre gli europei, inducendoli ad allentare i vincoli atlantici. Si ripete che i fondamentali equilibri mondiali si stanno spostando verso il Pacifico, ma il controllo dell’Europa per Washington continua ad essere fondamentale.
  Le rivelazioni di Wikileaks riguardanti il nostro Paese avvengono in un momento politico particolare. Il Partito Democratico, almeno per ora, ha evitato di strumentalizzare eccessivamente le notizie, forse perché è consapevole che i rapporti con la Russia riguardano pure il periodo del governo Prodi. E’ chiaro, comunque, che nella lotta di successione a Berlusconi, questi documenti avranno un peso. Non mancherà, infatti, chi cercherà di accreditarsi a Washington come un amico più fidato dell’attuale presidente del Consiglio, per averne in cambio l’appoggio. Nella lotta per gli approvvigionamenti energetici il teatro italiano è sempre stato considerato con “attenzione” dagli statunitensi, come la vicenda di Enrico Mattei dovrebbe insegnare agli immemori.