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Il testamento di Shaban. Un contadino palestinese assassinato dall'esercito israeliano

di Vittorio Arrigoni - 13/01/2011


Un contadino palestinese assassinato dall'esercito israeliano, appena dopo essere stato intervistato da una cooperante italiana




Un anziano contadino palestinese al lavoro nei campi. Una giovane cooperante italiana che si reca a intervistarlo.
Mentre anche ieri notte caccia F16 ci hanno tirato addosso i loro confetti di morte (tre bombardamenti a sud di Gaza City e uno a Kahn Younis) ho trascritto la registrazione audiodell'ultima intervista a Shaban, anziano contadino ucciso lunedi' da un cecchino subito subito dopo aver incontrato una cooperante italiana.
Il testamento di una vita dedicata all'amore per la sua terra, un amore che alla fine se l'è inghiottito dentro.

Non hai paura degli israeliani che sparano? ''No, non m'importa degli spari. Se succede qualcosa di brutto noi esseri umani moriamo una volta sola, e solo Dio sa quando arriverà la mia ora per morire. Io dormo qui alcune volte e non m' importa di morire, sento sempre i carri armati e bulldozer invadere la mia terra e non mi importa più quello che fanno''.

Cinque minuti dopo aver pronunciato queste frasi dinnanzi ad un registratore acceso, i due cordialmente si congedano.
Poi uno sparo, e la morte rioccupa la scena.

Shaban Karmout, contadino di 65 anni é l'ultima vittima civile dell'escalation di violenza innescata dall'esercito israeliano da due mesi a questa parte, dopo gli omicidi del pastore beduino Salama Abu Hashish il 23 dicembre a Beit Lahiya e del giovane Mohammed Qedeh 5 giorni dopo a est di Khan Younis.

Shaban aveva costruito la sua casa dinnanzi al confine all'inizio degli anni Settanta, e presto nel terreno adiacente aveva fatto fiorire alberi da frutta come limoni, aranci e clementine.

I frutti della terra erano generosi e nonostante l'occupazione Shaban conduceva una vita serena, almeno fino ad una notte del 2003, quando in pieno Ramadan, bulldozer e carri armati israeliani hanno invaso i suoi campi distruggendo tutte le sue colture e sradicando i suoi preziosi alberi: il frutto di trenta anni di duro lavoro raso al suolo in meno di tre ore.

Al termine dell'offensiva israeliana Piombo Fuso, l'anziano contadino non se la sentiva più di dormire tutte le notti nella casa al confine per via delle frequenti incursioni israeliane.

Aveva preso allora in affitto un minuscolo bugigattolo nel campo profughi di Jabalia nel quale viveva stipato con la sua numerosa famiglia, una decina di persone.

D'abitudine Shaban iniziava il lavoro sui campi da poco dopo il sorgere l'alba fino a poco prima del tramonto. Ogni giorno per quarant'anni, fino a lunedi' scorso.

Erano circa le 2 del pomeriggio quando, salutati i visitatori forestieri, il contadino si è recato sulla sua terra per riprendere l'asino legato ad un arbusto, e un cecchino israelianopiazzato su una torretta di osservazione a trecento metri gli ha sparato contro tre colpi: il primo lo ha centrato al collo, gli altri due al torace.

Esalando l'ultimo respiro Shabab ha fatto appena in tempo ha nominare il nome di suo figlio,Khaled. Quando Khaled è accorso nei campi suo padre era già stato disteso esamine di fianco al quadrupede.

"Non c'erano combattimenti nella zonanon c'erano guerriglieri palestinesi ne noi rappresentiamo una minaccia, viviamo in quella casa da decenni, i soldati ci conoscono benissimo. Ci hanno osservato per anni lavorare e vivere tramite le loro telecamere, i droni, perfino i dirigibili spia. E' questo il vero terrorismo, ditelo ai media occidentali". 

Cosi' Khaled si è rivolto agli attivisti dell'International Solidarity Movement durante la veglia funebre in onore di suo padre, e non è possibile dargli torto. E' risaputo infatti che i contadini al confine sono tutti schedati e la terra nella quale lavorano è monitorata minuziosamente centimetro quadrato per centimetro quadrato. Inoltre i cecchini israeliani a differenza dei lanciatori di razzi Qassam non sparano a casaccio nel deserto; come tutti i cecchini inquadrano l'obbiettivo, prendono la mira.  Il sistema più veloce per pulire etnicamente la Palestina.

Come avveniva durante Piombo Fuso, Israele continua a impedire alle ambulanze di raggiungere i luoghi degli attacchi, minacciando di sparare a medici e infermieri.

Cosi', non essendoci altri mezzi disponibili Khaled ha potuto trasportare via il cadavere del padre caricandolo sul braccio di una ruspa. Come si fa con gli alberi sradicati.

Daniela, cooperante dell'ong GVC, a conclusione della riabilitazione di un pozzo nell'area di Beit Hanoun, fra l'altro finanziato coi fondi del governo italiano, si era recata al confine con i suoi collaboratori per intervistare gli agricoltori beneficiari del progetto idrico.

Shaban era stato l'ultimo dei contadini intervistati, cinque minuti prima che venisse ucciso.

Il figlio della vittima, Khaled, ha parlato di terrorismo; per Saber, un amico presente durante l'intervista quest'ultimo assassinio è una sorta di avvertimento mafioso per quanti solidarizzano con i lavoratori palestinesi che resistono, gli ultimi veri uomini in questi tempi anonimi.

Daniela non riesce a tenere in mano le foto scattate poco prima di salutare l'anziano contadino: ''Non posso guardarle ancora, sembra un sogno, un incubo. Da qui all'obitorio nel giro un'ora".

Ho trascritto la registrazione audio dell'ultima intervista a Shaban, il testamento di una vita dedicata all'amore per la sua terra, un amore che alla fine se l'è inghiottito dentro.

Un contadino palestinese si racconta a una cooperante italiana prima di essere assassinato dall'esercito israeliano

Il mio nome è Mohammed Shaban Shaker Karmoot. Sono nato nel 1964. Ho iniziato a lavorare come agricoltore quando ero giovane, prima di sposarmi, più di 35 anni fa.

Quanti figli hai?
Ho sei figli maschi, questo è qui Kamal (indica il ragazzo), nato dalla seconda moglie. Ho quattro figli e tre figlie dalla mia prima moglie, e tre figlie e due figli dalla mia seconda moglie.
Ho comprato due dunam (un dunam equivale ad un chilometro quadrato) accanto alla via comunale più vicina alla buffer zone nei pressi Al Basayna. Qui ho desiderato e costruito una casa nella quale vivere con la mia famiglia.

Accanto a questo muro?
A 22 metri di distanza da quel muro. Queste due dunam sono mie, le ho comprate.

Quanto ti sono costate?
Le ho comprate per 7500 dinari giordani (circa 8 200 euro)

E dimmi, può raggiungere quei due ettari della tua terra?
Sì, certo, ma è molto rischioso, perché i soldati sparano.

Quindi non la puoi coltivare e neanche costruirci sopra?
Esatto, non posso fare nulla nella mia terra.

E' stato così fin dall'inizio?
Una volta non era così. La mia terra era piena di alberi: palme, limoni, arance, clementine e altri frutti. Era piena di tutti i tipi di frutta possibili e immaginabili la mia terra. L'albero di mandorle che mi permetteva di riempire sacchi e sacchi
di mandorle quando c'erano frutti, (i soldati israeliani) me l'hanno sradicato proprio nel momento in cui ero pronto a raccogliere. Sono venuti di notte con i bulldozer e lo hanno sradicato.

Come è stata la tua vita? Come hai fatto per mantenere la tua famiglia?
Eravamo abituati a vivere una vita felice, lavorando su queste terre riusciamo a fare 650 NIS ogni mese (circa 150 euro), più il lavoro nei campi altrui, riuscivamo a cavarcela bene.

Questo in che anno è accadeva?
Prima che mi distruggessero le terre, credo nel 2003, all'inizio dell'ultima Intifada.

Come ti sei sentito in quel momento?
Beh, come pensi che mi sia sentito? Mi sentivo come qualcuno a cui stavano strappando via il mio cuore, mentre coi bulldozer gli israeliani distruggevano le mie terre. Ho assistito alla distruzione tutta una notte. Là c'era un grande albero di sicomoro, quando è arrivato il bulldozer e ha distrutto e sradicati tutto sono uscito con una torcia e ho visto che almeno mi avevano lasciato quell'albero dopo essersi ritirati. Era una notte di Ramadan, quando è successo, e poi le ruspe sono tornate di nuovo all'alba e hanno distrutto ciò che era rimasto dell'albero. Hanno impiegato solo tre ore per distruggere tutto la zona, utilizzando 8 bulldozer per distruggere tutta la zona.

E oggi continui a vivere in questa zona?
Quello che faccio qui o che si suppone io faccia, lo si può capire guardando questi alberi verdi qui. Sono io che lo ho coltivati, come ho coltivato il grano e l'orzo che al momento del raccolto è stato bruciato dall'esercito israeliano. Quest'anno quando siamo venuti a semonare i campi i soldati ci hanno sparato addosso.
Il suo nome è Ismahil Mkat, della famiglia Hameed (indica alcuni contadini nei campi) . Sono una famiglia che se la passa bene e può permettersi di acquistare i semi. L'altro uomo alla guida del trattore è Zoheer. L'esercito israeliano spara a tutte queste persone mentre stanno lavorando nei campi.

Vieni qui ogni giorno?
Sì, vengo qui ogni giorno

Non hai paura degli israeliani che sparano?
No, non m'importa degli spari. Se succede qualcosa di brutto noi esseri umani moriamo una volta sola, e solo Dio sa quando arriverà la mia ora per morire.
Io dormo qui alcune volte e non m' importa di morire, sento sempre i carri armati e bulldozer invadere la mia terra e non mi importa più quello che fanno. Ero qui in questa casa quando hanno distrutto l'abitazione di Al Shobaky's. Sono arrivati e hanno distrutto il muro di casa mia e quando il conducente del bulldozer mi ha visto ha fatto manovra indietro e si avvicinato ad un carro armato per parlare con i soldati all'interno. Poi il carro armato si è mosso verso casa mia e da un altoparlante ci hanno intimato di uscire tutti. Ho preso mia moglie e siamo usciti dal buco che il bulldozer aveva scavato nel muro di casa mia e un spiegatorisposto di no, e i soldati mi hanno concesso di tornare dentro. Successivamente ho ricostruito il muro distrutto.

Non hai paura che i soldati tornino di nuovo?
Beh, ogni cosa è possibile. Potrebbero entrare e distruggere la casa in qualsiasi momento.

Avete altre opzioni?
No, io non ho altra scelta che vivere qui.

Da dove prendete l'acqua?
Ho due pompe per l'acqua - una su questa terra e l'altro sulla terra dove non posso entrare.

Non vai mai in quella terra?
Alcune volte ma è rischioso.

A che ora vieni qui a lavorare su questa terra?
Circa alle 6:30 arrivo qui.

E a che ora la lasci?
Alle 16:15, talvolta alle 16:30.

I tuoi figli ti aiutano nel tuo lavoro?
Che lavoro? Non riesco a trovare lavoro per me, quindi perché avrei bisogno di qualcuno per aiutarmi? Sono diventato così povero che mi arrangio riciclando macerie e legno, e coltivando qualche coltura, così mi guadagno da vivere.

Qual è stata la più situazione più difficile che hai mai vissuto?
Il peridodo più difficile è stato quando hanno distrutto le fattorie e le terre in questa zona. Quello è il momento più duro che ho mia vissuto nella mia intera vita. La nostra vita era perfetta quando potevamo trarre profitto dal lavoro della nostra terra, e ora che ce l'hanno distrutta cosa ci rimane? Nulla.