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Rivolte Arabe. Nasrallah: “No a strumentalizzazioni straniere”

di Matteo Bernabei - 08/02/2011

“Una vera rivolta popolare”. Così il leader del movimento sciita libanese Hizbollah, Hassan Nasrallah, ha definito le manifestazioni anti governative che negli ultimi 15 giorni si sono svolte in tutto l’Egitto. Il capofila del Partito di Dio ha espresso la propria solidarietà e quella di tutto il suo schieramento alle “popolazioni e ai giovani” del Paese nordafricano, sottolineando poi come queste proteste coinvolgano tutti “musulmani e cristiani, così come diverse correnti ideologiche e tutti i settori della società”. Nasrallah ha poi invitato a diffidare di tutte le voci secondo le quali la rivolta egiziana “segue direttive straniere”, ha esortato a diffidare dalle facili spiegazioni che descrivono quella in corso in Egitto come “una rivolta del pane, della fame e del cibo”.
“Questa gente – ha affermato il numero uno di Hizbollah - decide cosa vuole e sa dove sta andando e quale regime vuole. Quella in atto in Egitto è una rivolta socio-politica contro l’oppressione, la corruzione, la repressione, la fame e lo spreco del potenziale del Paese”.
Il leader del movimento sciita ha poi sottolineato come i recenti tumulti si siano verificati in Paesi (Tunisia, Egitto e Yemen) i cui governi si sono “arresi agli Stati Uniti”. Infine Nasrallah ha voluto spigare il perché il movimento sciita ha atteso tanto prima di esprimere la propria opinione sulle proteste egiziane. “Il ritardo - ha detto il capofila del Partito di Dio - non è dovuto a esitazioni o confusione, ma al fatto che se avessimo reso nota prima la nostra posizione, si sarebbe detto che i manifestanti erano appoggiati da cellule di Hizbollah o di Hamas o dei Guardiani della Rivoluzione”. Cosa che l’attuale esecutivo egiziano ha puntualmente provato a fare fin dalle prime manifestazioni di piazza, accusando i Fratelli Musulmani di aver organizzato le proteste per conto dell’Iran e di voler attuale nel Paese una nuova rivoluzione islamica. L’intervento di Nasrallah inquadra perfettamente le proteste nel loro effettivo contesto, a differenza di tutte le analisi dei cosiddetti esperti statunitensi, impegnati invece a darne una lettura che possa essere in qualche modo allineata alle malleabili posizioni della Casa Bianca.