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Libia, con la guerra civile perdiamo tutti

di Lucio Caracciolo - Matteo Alviti - 14/03/2011

 


Mentre il colonnello Muammar Gheddafi intensifica la sua offensiva, che oggi sembra destinata a sbaragliare i ribelli, sul fronte diplomatico continua la partita a scacchi tra le istituzioni internazionali e i paesi che ne fanno parte. Ne abbiamo parlato con Lucio Caracciolo, direttore della rivista mensile di geopolitica Limes, che alla crisi libica e alle rivoluzioni del mondo arabo ha dedicato il numero in edicola (Il grande tsunami).

Caracciolo, qualche giorno fa Sarkozy ha spiazzato gli altri membri dell'Unione europea riconoscendo i ribelli come unici interlocutori e sostenendo l'ipotesi di azioni militari mirate contro le forze di Gheddafi. Cosa muove il presidente francese?

Mi pare che quella di Sarkozy sia stata un'alzata di testa che ha sorpreso la sua stessa diplomazia. Forse pensa che in questo modo la Francia possa acquistare un ruolo speciale nella regione, o in Libia - che come produttore di petrolio non è secondario. Ma temo che abbia anche puntato sul cavallo sbagliato: non penso che gli attuali difensori della Cirenaica possano volgere la situazione a loro vantaggio. La mossa di Sarkozy rischia fortemente di essere un errore.

Forse però non è l'unico ad aver puntato sul cavallo sbagliato: anche il summit europeo dei capi di stato e di governo di venerdì ha ribadito che Gheddafi deve abbandonare il potere.

Sono due cose diverse: una cosa è delegittimare politicamente Gheddafi, e su questo si può discutere, altra cosa è proporsi come una specie di sceriffo globale. La Francia da sola dovrebbe vincere la guerra con un paio di bombardamenti mirati... D'altra parte la posizione dell'Ue è abbastanza scontata. Sarebbe invece il caso che l'Unione, oltre a posizionarsi, si attivasse per arrivare a una composizione di questa guerra. Perché più dura il conflitto, più gente muore e più la situazione si destabilizza. Mi rendo conto che la stabilità per alcuni paesi europei può anche essere secondaria, ma per noi è decisiva.

Quali sono i paesi per cui potrebbe essere secondaria? Forse la Germania, che tra i membri "forti" dell'Ue sembra essere quello più contrario all'intervento militare, in opposizione all'"asse anglo-francese"?

Bah, un po' di fondi libici in Germania ci sono. Ma per Berlino la stabilità rimane un elemento probabilmente secondario da un punto di vista della sicurezza, di flussi migratori e altro. Rispetto al differente atteggiamento tra Parigi e Berlino, occorre ricordare che non è la prima volta che i due paesi si mettono su posizioni diverse. Tra Merkel e Sarkozy non c'è un grande feeling e in questo caso la Germania ha assunto una posizione più saggia, nel senso che l'idea di una no-fly zone, che poi in altre parole è l'idea di una guerra a Gheddafi fatta da noi, è pericolosa e astrusa.

L'Europa si può permettere una guerra sulla sponda meridionale del Mediterraneo?

Dal punto di vista militare la vedo un po' difficile visto che le risorse in mano a francesi e inglesi sono piuttosto modeste. Da un punto di vista politico è abbastanza singolare che si passi dalla proposta di un'Unione del Mediterraneo a una guerra nel Mediterraneo. Il salto è notevole.

Quali sono allora gli strumenti politici che l'Ue può mettere in campo per cambiare la situazione?

In quanto tale, nessuno. I singoli paesi possono però disporre di vari strumenti, visto che abbiamo relazioni annose con Gheddafi e fresche con i ribelli della Cirenaica. Dovremmo darci da fare per arrivare a un cessate il fuoco e a una situazione negoziata. E' chiaro che il nostro ruolo sarà minore, ma vale la pena di provarci.

Come giudica, a proposito, l'atteggiamento del governo italiano, prima titubante - per non dire reticente -, poi allineato sulle posizioni europee nel chiedere a Gheddafi di lasciare il potere e, ora che la situazione sta volgendo a favore del colonnello, di nuovo in seconda fila.

L'Italia è nota per cambiare rapidamente posizione nel giro di pochissimo tempo, a volte di centottanta gradi, altre addirittura di trecentosessanta. Non è una novità. Io penso che dovrebbero prevalere gli interessi concreti, sia nel caso di una vittoria di Gheddafi che nel caso di una vittoria, oggi improbabile, della Cirenaica. Se si dovesse invece arrivare, come sembra ora più probabile, a uno stallo, quindi a una partizione delle risorse del paese e a una sorta di guerra civile endemica, allora alla fine avremo perso tutti.

Gli Usa e la Nato hanno finora più volte ribadito che non interverranno, nemmeno per l'istituzione di una no-fly zone, senza una risoluzione in tal senso del consiglio di sicurezza dell'Onu. Pensa sia possibile aggirare questa condizione?

Tecnicamente una no-fly zone senza il contributo degli statunitensi è impossibile. Il perno devono essere loro. Da un punto di vista politico, se gli Usa dovessero in qualche modo sentirsi vincolati dal Consiglio di sicurezza mi pare piuttosto improbabile che si passi il veto russo, o cinese, o di entrambi.

Perché Pechino e Mosca porrebbero il veto?

C'è una propensione di principio a non intervenire in quelli che sono considerati affari interni di paesi terzi. Quindi tutte quelle situazioni che vengono normalmente catalogate sotto il nome di "guerra umanitaria" o "intervento umanitario" suonano molto male alle loro orecchie. Poi bisognerà vedere che tipo di trattative gli Stati Uniti troveranno con questi paesi e quali scambi offriranno sotto banco.