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Facebook, Google, YouTube, mobiles e pane. Le rivolte nei Paesi del Mediterraneo del Sud.

di Romolo Gobbi - 19/03/2011


  Autore: RomoloGobbi | Data: 13/03/2011 20.00.47
Hanno cercato di farci credere che sia bastato lo sviluppo dei social-network per aggregare la protesta dei popoli del Mediterraneo del Sud. Dopo essere stati dominati da governi dittatoriali per più di trent’anni, sarebbe stato sufficiente che i giovani si chattassero o si messaggiassero perché nascesse spontanea la rivolta. Ma, per l’adesione massiccia alle manifestazioni, non sono bastate le comunicazioni di massa della rabbia giovanile è intervenuta anche la rabbia della popolazione, gravata dall’aumento del prezzo del pane e di altri generi di prima necessità.
Una delle prime immagini trasmesse della rivolta tunisina è stata quella di un povero Feddain che impugnava una baguette di pane e la puntava come un fucile verso le accorrenti forze di polizia. Mentre prevalevano le immagini di manifestanti urlanti, la traduzione dell’audio riguardava quasi sempre l’odio per il dittatore di turno, la libertà e un avvenire migliore. Invece, tra i commentatori politici si parlava apertamente di “rivolta del pane”, come era già successo nel 2008, anche perché l’indice mondiale dei prezzi alimentari aveva segnato un aumento del 3,4% nel solo mese di gennaio 2011. Gli economisti, poi, cominciavano chiedersi il perché dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari e, tra le spiegazioni, venivano indicati gli effetti del cambiamento climatico in vari Paesi produttori: dagli incendi in Russia alle inondazioni in Australia. Appariva però sempre nella valutazione degli economisti, sia per affermare o per negare, l’effetto del Quantitative Easing, attuato dalla Federal Reserve americana sull’aumento dei prezzi. In effetti, a novembre 2010, Ben Bernake aveva deciso “il riacquisto di titoli del Tesoro da parte della Fed, come misura di stimolo per la crescita e mercato del lavoro, che però potrebbe causare, secondo alcuni, derive inflazionistiche difficili da controllare”. In passato, La Fed aveva acquistato 1.700 miliardi di dollari di obbligazioni e crediti immobiliari, cercando di tamponare la grande crisi della finanza americana. Queste due operazioni hanno immesso 2.300 miliardi di dollari di carta sul mercato mondiale, provocando un “deprezzamento del dollaro statunitense” e “buttando benzina sul fuoco delle materie prime, ignorando i segnali di aumenti dei prezzi degli assets e rischiando un nuovo ciclo di fallimenti”. La politica della “moneta facile” ha inoltre fatto ripartire le speranze di riuscire a fare più denaro con il solo denaro, emettendo di nuovo i titoli derivati che avevano provocato la crisi finanziaria americana, fatta pagare alla finanza mondiale. Inoltre, “Per cautelarsi di fronte alla diminuzione del valore del dollaro, alcuni speculatori stanno scommettendo sui futures legati alle derrate alimentari”. La politica della Banca Federale Americana ha coinvolto l’intera finanza mondiale: “la politica di Moneta Facile, che la Fed di Bernanke si ostina a perseguire, sta creando sistematiche distorsioni al funzionamento dei mercati, a vantaggio dei soliti noti [..] la sua tossicità può essere ignorata solo da chi spera di trarne vantaggio, vale a dire dall’amministrazione Obama e dalle banche americane”. Obama però ignora come far ripartire l’economia americana, e si è ridotto a chiedere agli imprenditori americani “di mettere mano agli oltre due trilioni di dollari di profitti accumulati negli ultimi anni per creare occupazione, come finora non è avvenuto”. Ma gli imprenditori americano non sanno più creare occupazione, poiché la produzione di beni si è spostata in altre parti del mondo e quindi fanno solo speculazioni: “Per cui si è creato un paradosso: le banche che hanno creato la crisi grazie al combinato disposto di Moneta Facile e Leva Facile, continuano a fare profitti e, di conseguenza, ad essere viste di buon occhio dal mercato”. Da quando licenziare i dipendenti è diventato un segno di efficienza, non si può pensare che l’occupazione riparta, oltretutto i licenziati, non guadagnando, non possono spendere e la domanda non riparte. Invece riparte la speculazione sui prezzi delle derrate agricole e, nonostante il presidente Sarcozy abbia detto che “non è pensabile che un operatore di mercato possa comprare in pochi minuti un terzo del fabbisogno di grano del suo Paese, pagandolo con titoli, cioè con pezzi di carta, sarà inammissibile, ma succede, anzi, funziona”.
Quindi, studenti e Feddain del Mediterraneo del Sud possono anche farsi ammazzare, ma le decisioni sulla loro sorte non dipendono dai loro dittatori o dai militari che li hanno sostituiti. Chi decide le sorti delle popolazioni di tutto il pianeta e del pianeta stesso è la finanza mondiale, dominata dalla finanza americana. A tutela di questo stato di cose c’è la supremazia militare americana: “l’America sta finanziando la propria supremazia militare con la spesa in deficit, vale a dire che la guerra in Afghanistan, in realtà viene pagata con una carta di credito cinese”.