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Home / Articoli / La lobby israeliana e la politica estera USA (nona ed ultima puntata)

La lobby israeliana e la politica estera USA (nona ed ultima puntata)

di John Mearsheimer e Stephen Walt - 07/06/2006

 
 

Non sorprende che Israele ed i suoi sostenitori americani desiderino che gli Stati Uniti si occupino di tutte le minacce alla sicurezza di Israele.
Se il loro sforzo per influenzare la politica USA avrà successo, allora i nemici di Israele verrebbero indeboliti o rovesciati, Israele avrebbe mano libera in Palestina, mentre l’onere di combattere, morire, ricostruire e pagare ricadrebbe principalmente sugli Stati Uniti.
Ma anche se gli Stati Uniti fallissero nel trasformare il Medio Oriente e si trovassero in conflitto con un mondo islamico sempre più radicalizzato, Israele sarebbe comunque protetta dall’unica superpotenza mondiale.
Questo non sarebbe per la lobby il risultato ottimale, ma sarebbe comunque preferibile rispetto ad un allontanamento di Washington da Israele, od alla possibilità che gli USA spingano Israele ad un accordo di pace con i palestinesi.
In conclusione ci si chiede se sia possibile limitare il potere della lobby.
Si potrebbe pensare di si, vista l’attuale debacle in Iraq, la manifesta necessità di ricostruire l’immagine dell’America nei confronti del mondo arabo, e le recenti rivelazioni riguardo funzionari dell’AIPAC che hanno passato informazioni riservate americane ad Israele.
Si potrebbe inoltre pensare che la morte di Arafat e l’elezione del più moderato Abu Mazen potrebbe spingere Washington ad esercitare forti pressioni su entrambe le parti per convincerle a raggiungere un accordo di pace equilibrato.
In breve, ci sono molte buone ragioni che dovrebbero spingere i leader USA a prendere le distanze dalla lobby ed adottare una politica estera più vicina agli interessi degli Stati Uniti.


In particolare, se l’America utilizzasse il suo ruolo di superpotenza per spingere Israele e Palestina verso una pace giusta, contribuirebbe a raggiungere l’importante obiettivo di combattere l’estremismo e promuoverebbe la democrazia nella regione mediorientale.
Ma questo non accadrà nel breve periodo.
L’AIPAC ed i suoi alleati (inclusi i cristiano sionisti) non hanno seri oppositori nel mondo delle lobby.
Sanno che oggi è più difficile promuovere la causa di Israele, e per questo hanno potenziato le loro attività ed il loro staff.
Inoltre, i politici americani sono molto sensibili alle campagne di contributi e ad altre forme di pressioni politiche; e poi i principali media rimarranno comunque favorevoli ad Israele, qualunque cosa esso faccia.
Questa situazione è profondamente preoccupante, in quanto l’influenza della lobby causa molti problemi su diversi fronti.
E’ responsabile dell’aumento del pericolo terroristico per tutto l’Occidente - includendo sia l’America che i suoi alleati europei.
Impedendo ai leader americani di fare pressioni su Israele per raggiungere un accordo di pace, la lobby ha di fatto reso impossibile la risoluzione del conflitto israelo-palestinese.
Questa situazione fornisce agli estremisti le motivazioni per reclutare nuovi attivisti, aumenta il bacino dei possibili terroristi e simpatizzanti, e contribuisce alla radicalizzazione del mondo islamico.
Inoltre, la campagna della lobby per un cambio di regime in Iran e Siria potrebbe portare gli Stati Uniti ad attaccare questi paesi, con effetti potenzialmente disastrosi.


Non abbiamo bisogno di un altro Iraq.
Come minimo, l’ostilità della lobby nei confronti di questi Paesi rende difficile per Washington ottenere li loro appoggio contro Al Qaeda e contro gli insorti in Iraq, cosa che sarebbe decisamente auspicabile.
 C’è anche una dimensione morale del problema.
Grazie alla lobby, gli Stati Uniti sono diventati di fatto coloro che hanno permesso ad Israele di espandersi nei territori occupati, diventando così complici dei crimini commessi da Israele nei confronti dei palestinesi.
Questa situazione mina gli sforzi di Washington per promuovere la democrazia fuori dai propri confini, ed espone gli Stati Uniti all’accusa di ipocrisia quanto questi fanno pressioni verso altri Stati per il rispetto dei diritti umani.
Gli sforzi USA per limitare la proliferazione nucleare appaiono altrettanto ipocriti visto che essi non sollevano obiezioni nei confronti dell’arsenale nucleare israeliano, che incoraggia l’Iran ed altri Stati a dotarsi di armamenti simili.
Inoltre, la campagna della lobby per sopprimere il dibattito su Israele è dannosa per la democrazia. Ridurre al silenzio gli scettici organizzando liste nere i boicottaggi - o affermando che i critici di Israele sono anti-semiti - vìola i principi del libero dibattito dai quali dipende la democrazia stessa. L’impossibilità per il Congresso di fare una discussione libera ed incondizionata su tali vitali questioni paralizza l’intero processo decisionale democratico.
I sostenitori di Israele dovrebbero essere liberi di promuovere la loro causa e di criticare chi non è d’accordo con loro.
Ma gli sforzi per impedire il dibattito tramite l’intimidazione devono essere condannati da chi crede nella libertà di espressione e discussione delle questioni pubbliche.
 
Infine, l’influenza della lobby è dannosa per Israele.
Le pressioni su Washington per sostenere i progetti espansionistici hanno scoraggiato Israele a cogliere delle opportunità - incluso un trattato di pace con la Siria ed una pronta e piena implementazione degli accordi di Oslo - che avrebbe salvato la vita di molti israeliani e ridotto i ranghi degli estremisti palestinesi.
Negare alla Palestina i loro legittimi diritti politici non ha certamente reso Israele più sicuro, e le lunghe campagne per uccidere od isolare i leader palestinesi hanno dato forza a gruppi estremisti come Hamas, e ridotto i leader in grado di accettare un buon accordo e farlo funzionare.
Questa situazione evoca lo spaventoso spettro dello Stato di Israele che riveste agli occhi del mondo il ruolo di Stato-pariah, come nel caso del Sud Africa quando era promotore dell’apartheid. Ironicamente, Israele sarebbe un posto migliore se la lobby fosse meno potente e la politica americana più equilibrata.  
Ma c’è un raggio di speranza.
Benché la lobby rimanga una forza potente, i nefasti effetti della sua influenza sono sempre più difficili da nascondere.
Stati forti possono perseguire politiche sbagliate per un certo periodo, ma la realtà non può essere ignorata per sempre.
Quello che è necessario, quindi, è una sincera discussione sull’influenza della lobby ed un aperto dibattito sugli interessi USA in questa regione di vitale importanza.
La prosperità di Israele è uno di tali interessi, ma non lo è la sua continua occupazione della Cisgiordania e più in generale i suoi progetti espansionistici nella regione.
Un dibattito aperto mostrerebbe i limiti delle motivazioni strategiche e morali per il sostegno a senso unico degli USA nei confronti di Israele, e potrebbe portare gli Stati Uniti verso posizioni più compatibili con i propri interessi nazionali, con gli interessi degli altri Stati della regione, ed anche con gli stessi interessi a lungo termine di Israele.


John Mearsheimer e Stephen Walt


(traduzione di Sebastiano Suraci)


(esteri, prima puntata, 31/3/2006)
(esteri, seconda puntata, 7/4/2006)
(esteri, terza puntata, 17/4/2006)
(esteri, quarta puntata, 23/4/2006)
(esteri, quinta puntata, 29/4/2006)
(esteri, sesta puntata, 8/5/2006)
(esteri, settima puntata, 18/5/2006)
(esteri, ottava puntata, 30/5/2006)