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I suggerimenti pelosi e non richiesti per uscire dalla crisi

di Valerio Lo Monaco - 18/07/2011



E se uscisse la Germania, dall'Euro? Invece di tutti gli altri Paesi falliti o in via di fallimento, una soluzione possibile sarebbe quella di fare blocco proprio contro la locomotiva europea affinché essa esca dalla moneta unica, e non il contrario, ovvero gli altri Paesi con il ritorno alla Lira, alla Dracma, alla Peseta…

Ma attenzione: la proposta arriva a firma di Edmund Conway, l'editorialista economico del Telegraph. E gli fa da spalla un articolo sull'ultimo numero dell'Economist. Dunque, come si conviene vista la provenienza di tali suggerimenti, l'attenzione deve essere almeno doppia (l'Economist è di un gruppo al cui capo c'è un certo Rothschild…).

Il ragionamento è semplice, suggestivo e in un certo senso anche giusto, e lo spieghiamo brevemente, ma c'è bisogno di una premessa necessaria: nasconde una fregatura grossa così.

Andiamo per ordine. Dunque, secondo il Telegraph si potrebbe ipotizzare una politica comune dei Paesi Piigs al fine di fare pressione sulla Germania affinché sia essa a uscire dall'Euro, invece di subire, inevitabilmente, l'uscita della Grecia, del Portogallo, dell'Irlanda, e poi gioco forza della Spagna e dell'Italia, visto che si stanno incamminando, questi ultimi due, sulla medesima strada senza ritorno degli altri tre Paesi. Il motivo è molto semplice: visto che il numero dei Paesi danneggiati dall'Euro è la grande maggioranza in Europa, facendo due rapidi calcoli, il Pil di tutti questi Paesi messo assieme supera quello tedesco. Allo stesso tempo, è evidente a tutti che i piani di salvataggio - si fa per dire - messi a punto per la Grecia, non stanno servendo a nulla. Da qui, si inizia ad ammettere, da più parti, l'inevitabile default ellenico. E se non stanno servendo a nulla per un Paese piccolo, economicamente, come la Grecia, è di tutta evidenza che nulla potranno con i Paesi più grandi, come la Spagna e l'Italia, tanto per essere precisi. Ciò che Bruxelles e Francoforte stanno imponendoci, dunque, è risibile, non fosse che per le conseguenze immediate che stiamo vivendo sulla nostra pelle. Al fine di un risanamento, peraltro, il tutto è inutile. Insomma tutti sanno che i rigori imposti alla Grecia sono infinitamente superiori alle capacità della Grecia stessa di soddisfarli. E in pratica si dà per scontato il fatto che in un modo o in un altro, qualcosa si dovrà cambiare, da quelle parti. Lo stesso, a maggior ragione, sarà per gli altri Paesi.

A questo punto, visto che i Paesi deboli della zona euro sono la maggioranza assoluta, dovrebbe - secondo l'editorialista del Telegraph - essere proprio la Germania a tornare al Marco. E noi dovremmo tenerci l'Euro. Il tutto perché - questo il punto - l'Euro che dovremmo tenerci sarebbe immediatamente svalutato rispetto al Marco (un 30%?) e la cosa avrebbe l'effetto di alleggerire i nostri debiti sovrani, oltre ad accrescere la nostra competitività (ah, la competitività…). 

Certo, la Germania perderebbe in competitività al pari della rivalutazione del suo nuovo Marco, e le sue Banche prenderebbero un brutto colpo, poiché gli investimenti in Euro che hanno all'interno dei propri forzieri cadrebbero immediatamente. D'altra parte, però, non si trattava forse di cattivi investimenti?

Del resto, proprio la Germania, non ha fatto altro, sino a ora, di avere un grosso attivo commerciale forte delle esportazioni tenute alte a forza di chiusure sociali al suo interno e di costrizione dei salari, quindi ha incamerato molto denaro nella Banche, e queste lo hanno investito proprio nei Paesi più a rischio, come appunto la Grecia. Il motivo è semplice: aver investito in tali Paesi gli ha offerto la promessa di avere una resa maggiore, visti i tassi richiesti. E allora, se la Germania ha operato così, sulle spalle di tutti i cittadini degli altri Paesi della zona Euro, perché a pagare il conto dovremmo essere noi altri? Ancora: siccome è stata proprio la Germania a imporre di fatto bassi tassi di interesse in Europa e a incitare gli altri all'indebitamento, e dunque a innescare le bolle poi puntualmente scoppiate, incamerando quote dell'export complessivo prosperando sulla sua forza imposta agli altri, così come sull'Euro forte da essa stessa voluto, adesso dovrebbe essere la prima a pagarne le conseguenze. Esca dunque dall'Euro e ritorni al Marco.

Il ragionamento, in un certo senso, fila.

E a questo gli fa eco quello dell'Economist, come accennato: secondo il quale, come in ogni momento della storia, i periodi di rientro dal debito sono sempre molto tristi, le economie si restringono e mettono in dubbio la capacità dei Paesi indebitati di rientrare grazie a una crescita economica che non può esserci (maddai?). Dunque, oltre ai prelievi fiscali eccezionali e ripetuti - oramai ne sappiamo qualcosa anche dalle nostre parti - all'austerità e alla stretta di cinghia, non si può fare. Come dire: anche l'Economist sa che alla fine i debiti non vengono pagati. Ergo serve una via di uscita, come appunto il "sacrificio" della Germania. Sarebbe una nemesi: il Paese più forte economicamente paga per gli altri più deboli. Eppure non tanto, probabilmente è proprio giusto così, visto che tale Paese è diventato forte proprio grazie a manovre speculative sugli altri.

Che facciamo, allora? Politica comune per far uscire i tedeschi dall'Euro?

No, assolutamente. Perché qui si annida la sòla: anche ottenendo, in tale remoto caso, una svalutazione dell'Euro e dunque la diminuzione dei nostri debiti sovrani, saremmo pur sempre agganciati a una moneta che non è nostra. Alle mercé di Banche e speculatori. E inizierebbe solo un altro giro di ruota. Anzi, di macina, attaccati alla quale saremmo sempre noi, come schiavi.