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Pasolini fra destra e sinistra

di Raffaele Morani - 19/07/2011


Una lunga e doppia incomprensione, ma soprattutto una grande occasione persa, ovviamente doppia! Con queste parole possono essere brevemente descritti i rapporti di Pier Paolo Pasolini con la sinistra e la destra, rapporti ricostruiti efficacemente nel saggio Una lunga incomprensione. Pasolini fra destra e sinistra uscito alcuni mesi fa per l’editore Vallecchi. Il libro è un interessante lavoro scritto a quattro mani da Gianni Borgna e Adalberto Baldoni, due intellettuali e politici di opinioni diverse, il primo esponente del PCI/PDS/ DS/PD mentre il secondo dirigente del MSI/AN, che pur da sponde opposte e per motivi diversi riconobbero sin da subito la grandezza artistica e l’originalità dell’intellettuale “corsaro” , scontrandosi spesso coi rispettivi mondi di appartenenza, dove Pasolini non era certo accettato in modo indolore se non addirittura osteggiato violentemente. La destra lo detestava per le sue idee e soprattutto per la sua dichiarata omosessualità, mentre la sinistra, di cui Pasolini faceva parte, rifiutava molte delle sue analisi controcorrente ed anticipatrici, e la sua incontestabile autonomia di giudizio, le sue “eresie”.

Gianni Borgna ripercorre le tappe fondamentali della vita di Pier Paolo Pasolini, soffermandosi sulle sue principali opere letterarie e cinematografiche, e soprattutto sui suoi rapporti altalenanti, spesso tumultuosi, con il Pci e con gli intellettuali di sinistra, ricordando inoltre i suoi incontri personali con il poeta, da dirigente romano della FGCI. I giovani comunisti, a differenza dei “grandi”, con Pasolini ebbero un proficuo rapporto di collaborazione e confronto, in quanto, come disse lo stesso Borgna nella sua orazione funebre ai funerali del poeta, Pasolini aveva capito «che noi preferiamo l’eresia alla norma, lo scontro dichiarato delle idee all’inerzia del pensiero. Che anche noi esploriamo in cerca del mistero senza fermarci mai alla sola apparenza». Pasolini aveva preso posizione su temi scottanti come l’aborto, lo sviluppo senza progresso, il consumismo, l’omologazione, il potere democristiano, rivelandosi un intellettuale a tutto tondo, ma poco compreso dai dirigenti di un partito tutto sommato conformista e lanciato verso il compromesso storico, e che non capendo le sue intuizioni perse una grande occasione per capire una società che cambiava radicalmente, trasformandosi da contadina a postindustriale.

Adalberto Baldoni illustra invece la profonda avversità della destra nei confronti di Pasolini, condannato senza appello perché comunista e omosessuale. Dal Secolo d’Italia al Borghese, dallo Specchio al Nuovo Meridiano, tutti ingigantivano le controversie giudiziarie di Pasolini, fino ad approvare  le aggressioni verbali e fisiche nei suoi confronti, da parte dei giovani missini ed extraparlamentari. Un atteggiamento di totale chiusura che divenne un’occasione persa, quando all’inizio degli anni settanta ai tempi degli Scritti Corsari sul Corriere della Sera uscì il celeberrimo articolo del poeta e scrittore sulle stragi (“Io so”…). Pasolini  si distaccava dalla vulgata antifascista dell’epoca sulle stragi e, rivelandosi una volta di più libero e profetico, denunciava come le stragi servissero a consolidare il potere della DC che governava l’Italia, e come i mandanti delle stragi facessero parte degli apparati dello Stato. Baldoni, che da dirigente dei giovani missini era stato uno dei principali promotori delle contestazioni allo scrittore, chiese a Cesare Mantovani, uno dei responsabili del Secolo d’Italia, di poter commentare l’articolo controcorrente di Pasolini dandogli il giusto risalto,  per sentirsi rispondere: «Pasolini? Ci manca solo che il giornale dei fasci diventi megafono dei compagni e dei froci». Un atteggiamento di totale chiusura, che toccò anche punte di grande volgarità in occasione della tragica morte dello scrittore, e che rimase il leit motiv della destra per molti anni, fino alla fine degli anni ottanta, quando la sezione missina di Acca Larenzia organizzò tra grandi polemiche un dibattito su Pasolini, una prima, rispettosa ed obbiettiva rivisitazione del grande intellettuale da parte degli ambienti di destra.