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L'ultima roccaforte

di Massimiliano Viviani - 05/09/2011

 




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All'interno di Movimento Zero e tra i movimenti che orbitano attorno a Uniti e Diversi, si è soliti parlare di decrescita, di piccole patrie, di autoproduzione, come di soluzioni possibili ai mali che attanagliano questa fase di modernità avanzata. Tuttavia a mio parere queste prospettive economiche e politiche da sole non sono sufficienti, sia per la loro difficile realizzabilità, sia perchè restano pur sempre all'interno della mentalità utilitarista moderna, e rischiano di non risolvere nulla, o addirittura di essere funzionali allo stato di cose che critichiamo. E' possibile che per operare un cambiamento vero sia necessario partire da una prospettiva diversa, di tipo spirituale: prima di parlare di economia e di politica, credo che bisogni identificare uno spirito nuovo, dei nuovi valori, qualcosa in cui credere fermamente e che sia in grado di infondere vitalità a una società cotta, bollita, quasi morta.
Ora, è difficile pensare che questi nuovi valori ci possano essere forniti da sistemi utopistici o culturali come le visioni di Latouche o De Benoist. Guardando alla realtà presente, l'unica forza che sotto i bombardamenti mediatici (e non solo) del capitalismo liberal-democratico, e di fronte alle sue lusinghe edoniste e materialiste, sta tenendo banco con una forza e un'energia inaspettate, è l'Islam. Di fronte a tanta tenacia c'è da levarsi tanto di cappello. Certo in ciò l'Islam è stato favorito anche dalle enormi riserve di petrolio, che gli hanno permesso di potersi adeguare alle esigenze della modernità senza per ciò dover stravolgere la propria mentalità e i propri costumi, potendo nel contempo coniugare tecnologia e tradizioni; ma voglio pensare che in tutto ciò ci sia anche un segno del destino.
Gli attacchi del sedicente martire cristiano di Oslo del luglio scorso sono stati un indizio del clima di islamofobia che il mondo occidentale subisce oramai da decenni. A parte la ridicola liturgia dei sospetti su Al Qaeda ogniqualvolta scoppi qualcosa più di un petardo, tanta gente in Europa -molta più di quanta si possa credere, e non solo mitomani o esaltati- è convinta che sia in atto una guerra tra la nostra civiltà cristiana, portatrice di valori autenticamente umani, e un Islam oscurantista e retrogrado, incompatibile con la nostra società la quale, quand'anche non fosse il migliore dei mondi, per lo meno resta quello meno peggiore.
E' difficile far capire ai paladini dei nostri valori, che se una guerra di civiltà c'è, non è tra Islam e Cristianesimo -dato che questo è già morto e sepolto, e non certo per colpa dell'Islam- ma tra l'Islam e il Materialismo edonista, l'unico vero culto oramai praticato nella nostra Europa. Perchè se mai un giorno essa dovesse riguadagnare una sua identità e delle sue tradizioni, sarà probabilmente proprio ad opera della tanto bistrattata cultura islamica, e non certo per merito dei cattolici o delle sagre paesane dei leghisti. I quali vanno rassicurati sul rischio di un'invasione musulmana, poichè gli attuali invasori, che risiedono dall'altra parte dell'Atlantico, pare abbiano tutto sotto controllo, e invasioni altrui non le permetterebbero mai.
Appurato quindi che la guerra di civiltà in Europa non coinvolge affatto il Cristianesimo, ma se mai il materialismo e il capitalismo, va sottolineato come l'intolleranza non nasca da parte islamica: è per il capitalismo che è inconcepibile che altre civiltà possano ancora restare ancorate alle proprie tradizioni e non si abbandonino allo squallido edonismo che trionfa sovrano nel cristiano continente. Il quale -è bene ricordare- se cristiano fosse veramente, avrebbe valori tradizionali molto più vicini a quelli musulmani che a quelli liberali, progressisti, utilitaristi, economicisti e via dicendo.
Questi principi di cristiano non hanno proprio niente, perchè trattasi dei princìpi dell'Illuminismo, che del vero Cristianesimo fu nemico mortale: non si accusi allora il forestiero di portare la rogna quando questa ce l'hai in casa. Diciamo piuttosto che il cristianesimo non c'entra nulla: i crociati dell'Europa di oggi, i Borghezio, le Santanchè, i Belpietro, senza dimenticare Santa Oriana da Manhattan, temono invece di perdere quella anticultura dei piaceri, del denaro, del possesso di beni, delle libertà materiali e superficiali, che tanto fa impazzire l'Occidente, rivestita magari di cristianesimo in salsa new age o di tavolata con polenta taragna.
Vorrei proprio vedere chi avrebbe il coraggio di negare che la nostra festività religiosa più importante è stata trasformata in una ricorrenza consumistica atta a gustare cotechini, panettoni e altre ghiottonerie ("Il Natale quando arriva arriva" diceva Pozzetto in una pubblicità televisiva tempo fa) proprio dal nostro egoismo, dal nostro cinismo, dalla nostra avidità, gli stessi vizi che molte altre culture in varie parti del mondo ci rimproverano e per cui siamo tanto detestati. Provino costoro a tenere la stessa mancanza di rispetto con il Ramadàn!
Sanno che non potrebbero. Ed è questo ciò che temono: che l'Europa torni ad essere una civiltà seria con una cultura e con dei valori da osservare. E' vano sperare nel Cattolicesimo: questo oramai si è ridotto a sentenziare di utero, di preservativo e di "sacralità della vita", dimenticando che per un cristiano la vera vita dovrebbe essere quella eterna, quella che dà Cristo, non quella di quaggiù. Del resto non c'è da stupirsene quando la Chiesa cattolica sostituisce il presepe con l'albero di Natale, simbolo sacro dello shopping e dei regali, che da diversi anni oramai a dicembre campeggia trionfalmente in Piazza San Pietro. Tra una giornata mondiale per la gioventù, un incontro per la pace tra i popoli e un meeting lo sviluppo dei paesi del Terzo mondo (alla faccia della povertà elogiata da San Francesco) il Cattolicesimo si è allineato al pensiero dominante, e così ha sentenziato la propria fine. Potrebbe anche sparire, non cambierebbe nulla.
A tutt'oggi, l'Islam rimane una delle poche realtà -e comunque l'unica esportabile- che mantiene legami considerevoli con le proprie tradizioni spirituali e sociali: conserva ancora la dimensione del sacro e di conseguenza di quel limite oltre il quale l'uomo non può andare; mantiene vivo il senso del tragico e si rifiuta di attribuire all'uomo la funzione di "godersi la vita" riducendo la sua esistenza a una pagliacciata; non si arroga la facoltà di conoscere tutto tramite scienza e tecnologia, dominando e controllando l'esistente, ma lasciando al mistero e al destino la parte più profonda e insondabile degli eventi del mondo. Questo è il valore delle tradizioni che a noi interessa, non la difesa dei dialetti, delle campane e della polenta.