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Finanziaria 2011. Una manovra a… “coda di gatto”

di Federico Pace - 15/09/2011


La manovra economica correttiva, dopo essere stata riscritta almeno quattro volte in meno di un mese per le frizioni ed i tira e molla interni alla maggioranza, ha “finalmente” visto la luce sotto forma di maxi emendamento accompagnato dall’ennesima questione di fiducia posta dal governo prima al Senato e poi alla Camera. Tra le principali misure prevede: l’aumento di un punto dell’Iva ordinaria dal 20 al 21% (che secondo l’associazione dei consumatori costerà 385 € l’anno ad ogni famiglia), il contributo di solidarietà del 3% per i redditi oltre i 300mila euro e l’anticipo al 2014 dell’avvio graduale dell’aumento dell’età di pensionamento delle donne del settore privato.

Nella versione originaria, la manovra integrativa di Ferragosto si basava su un aumento del gettito fiscale di 7,9 miliardi nel 2012 e di 17,7 miliardi nel 2013. Con il maxiemendamento in cui sono state accorpate tutte le modifiche al testo, il contributo delle maggiori entrate sale a 36 miliardi (14 miliardi nel 2012 e 22 miliardi nel 2013). Incremento che si deve per gran parte all’aumento dell’Iva, al gettito atteso dalla nuova stretta antievasione e al contributo di solidarietà del 3% sui redditi oltre 300mila euro l’anno. Il capitolo dei tagli alla spesa è rimasto sostanzialmente invariato: 10,4 miliardi nel 2012 e 7,7 miliardi nel 2013.

Ed i tagli ai “costi della politica”? Dalla manovra sono spariti o quasi. L’accorpamento dei comuni? Non si fa, sebbene da questo si sarebbe risparmiato poco o niente. Abolizione delle provincie? Si farà una modifica costituzionale, ma solo per cambiargli nome. Taglio allo stipendio dei consiglieri regionali? Il governo dopo averlo promesso si è ricordato che non può violare l’autonomia delle regioni. Soppressione degli enti pubblici non economici con meno di 70 dipendenti? Soppressa la soppressione. Riduzione del numero dei parlamentari? Per ora no. Taglio alle indennità dei membri di Camera e Senato nel caso in cui il parlamentare oltre all’indennità abbia altre entrate? Uno sconto di sei volte di meno rispetto a quanto previsto nel testo originario. Incompatibilità assoluta del mandato parlamentare con altri incarichi elettivi? E’ diventata un’incompatibilità relativa: è vietato solo l’ accumulo del seggio alle Camere con le cariche elettive “monocratiche” (presidenti provinciali e sindaci di Comuni oltre i 5 mila abitanti).

Misure quindi che ancora una volta si abbattono per la maggior parte sulle famiglie del ceto medio basso e che si aggiungono alle riduzioni delle detrazioni già previsti dalla manovra di giugno: da quelle per i figli a carico ai bonus per la ristrutturazione della casa, dalle spese per la sanità ai redditi da lavoro dipendente, dagli asili agli studi universitari… senza dimenticare i tagli di 40 miliardi in tre anni all’assistenza che colpiranno le persone con disabilità, i bambini, i non autosufficienti, le famiglie sono stati mantenuti.

Tagli e tasse indistinte, lineari per tutte le famiglie indipendentemente dal reddito e dalla composizione del nucleo familiare. Alla faccia del quoziente familiare. La manovra economica varata dal governo rappresenta un doppio tradimento dal punto di vista della giustizia sociale: non si tocca chi più potrebbe dare mentre si colpisce chi ha di meno sia direttamente con nuove imposte sia indirettamente con i tagli agli enti locali.

Numeri alla mano dunque oltre il 65% della manovra è quindi fatta da nuove entrate e solo il 35% di tagli alla spesa. Si tratta quindi di una manovra non strutturale che non fa che rinviare il problema.

E forse lo rinvia solo per poche settimane. Secondo il “Centro Studi Economia Reale” le previsioni di crescita del governo, sui cui è basata l’attuale manovra, sono completamente sballate. Per il 2012 il governo stimava un avanzamento del Pil (prodotto interno lordo) dell’1,7%. Le ultime previsioni dell’Fmi, confermate anche dall’Ocse, indicano invece un incremento dell’economia limitato allo 0,5%. Questa mancata crescita inevitabilmente ridurrà le entrate e di conseguenza non si avrà il pareggio di bilancio previsto.

Una manovra che dimostra ancora una volta che oggi manca quello che una volta si chiamava il senso dello Stato. In questo vuoto prevalgono gli interessi particolari, ma la somma degli interessi particolari non fa il benessere del Paese ma il suo contrario ovvero il malessere del Paese.