Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Malesia-Cina: un'amicizia solo di facciata?

Malesia-Cina: un'amicizia solo di facciata?

di Valerio Zecchini - 21/10/2011




Dopo la sconfitta e l'annichilimento nel secondo conflitto mondiale,il Giappone risolse il suo trauma in modo affine alla Germania, con la furiosa conversione di ogni energia e disciplina in capacita` produttive. Riconquisto` l'Asia attraverso le riparazioni di guerra che le avevano imposto i vincitori; esse dovevano servire a schiacciare l'economia giapponese per sempre,invece le permisero di impossessarsi astutamente dei mercati asiatici in modo piu` organico e completo di prima. Il Giappone chiese di pagare quella catasta di miliardi di dollari in natura: col suo lavoro, con beni e servizi. Glielo accordarono. Tutti sapevano che il Giappone non aveva valuta, ma Tokyo pago`: impianto` fabbriche, complessi chimici, raffinerie, centrali che, finiti i pagamenti delle riparazioni, ebbero bisogno di manutenzioni e completamenti: invogliavano alla continuazione e alla replica. Le "riparazioni" giapponesi (ne ebbe anche la Thailandia, che non fu vittima, ma alleata) erano divenute, per alcuni Stati asitici, le sole entrate regolari. Chiesero che continuassero, a titolo di aiuti. E Tokyo aiuto`. Negli anni sessanta e settanta, mentre gli Stati Uniti s'ingolfavano sempre di piu`a fondo nella lotta della giungla vietnamita, in quella stessa Indocina da cui avevano deciso di sloggiare il Giappone anche a prezzo della guerra, il vecchio impero completava la sua sorprendente palingenesi. La "sfera di coprosperita`asiatica", che l'esercito dei Samurai aveva cercato di raggiungere a prezzo di una sfida mortale con le potenze anglosassoni, rinasceva per opera di un esercito di tecnici, come conclusione di una sfida pacifica.
Con gli anni novanta tutto cambia:irrompono sulla scena le "tigri asiatiche"(e la Malesia ne e` una delle capofila)e inizia la lenta ma inesorabile recessione economica del Giappone (oggi accompagnata anche da una preoccupante instabilita` governativa:quattro Primi Ministri in cinque anni).Nel contempo inizia la trionfale marcia economica di India e Cina, che infine portera`quest'ultima a superare il PIL nipponico proprio in queste settimane:un trauma psicologico immane per il Sol Levante, e una vittoria simbolica fino a qualche tempo fa impensabile sull'antagonista storico per i comunisti/neoliberisti di Pechino.
Dunque ora le parti si stanno invertendo: tocca a Tokyo giocare in difesa, mentre Pechino s'impegna a fondo in un imperialismo economico a tutto campo.I rapporti politico-economici tra Cina e Malesia possono considerarsi emblematici di come tale imperialismo tenda spesso ad operare in forma mascherata od occulta, generando tensioni sotterranee.Inoltre, tenendo conto che quasi il 25% della popolazione malese e`di origine cinese, e` facile supporre che la tentazione di considerare la Malesia un territorio di caccia privilegiato sia forte.
Neanche un anno fa(inizio novembre 2010) il Primo Ministro malese Najib Razak,in una lunga intervista alla statunitense CNN ha sottolineato che i rapporti con la Cina sono buoni, e molto diplomaticamente non ha preso posizione sul recente incidente marittimo tra Cina e Giappone, conclusosi drammaticamente con l'arresto dell'equipaggio del peschereccio cinese che, come mostra chiaramente un video su "you tube", aveva proditoriamente investito una motonave nipponica.Cosi` come ha sorvolato su varie dispute territoriali in corso nel Mar Cinese Meridionale tra Cina e vari stati del Sud-Est Asiatico, Malesia inclusa.
E` pur vero che oggi, parlando in pubblico, qualsiasi esponente politico si guarda bene dall'inquietare piu` di tanto le autorita` cinesi, ormai temutissime. Ma nei fatti, dietro la facciata istituzionale, nei rapporti tra Cina e stati dell'ASEAN (unione economica dei dieci stati del Sud-Est Asiatico),in particolare Malesia, cova un notevole nervosismo.
La Cina infatti sta continuando a fare acquisizioni importanti e a conquistare posizioni di influenza, mentre probabilmente medita di impossessarsi della Malesia nel suo insieme. Recentemente, un’azienda di nome State Grid Corporation of China (SGCC), affiliata al governo cinese, ha annunciato i suoi piani per investire undici miliardi di dollari nel cosiddetto “corridoio per l’energia rinnovabile  del Sarawak” (regione del Borneo malese ricca di risorse energetiche).L’investimento si articolera`nell’arco di un paio d’anni, ma sara` focalizzato soprattutto nello sviluppo di specifici settori-energetico e manifatturiero- nel corridoio del Sarawak. I dettagli dell’accordo col governo malese non sono noti, ma e`sicuro che la SGCC fornira` i capitali e l’assistenza tecnica. L’agenzia governativa1MBD dal canto suo supervisionera`le dinamiche dell’investimento, a cui l’amministrazione Najib guarda con trepidazione, in quanto finora la crescita del corridoio del Sarawak e` stata piuttosto scarsa per carenza di fondi statali.
Il governo ultimamente e`stato molto sollecito nell’incoraggiare la Cina,data la sua grande disponibilita`di denaro, a fare investimenti diretti nel paese; ma in realta` la Malesia ha bisogno della Cina per due ragioni essenziali.La prima, lo stato  ha un crescente problema di disavanzo pubblico, e cio` ne ha limitato la capacita` di finanziamento e supporto dei progetti di sviluppo. La seconda, la Malesia non e`stata in grado di competere con successo per ottenere investimenti stranieri diretti, con i mercati emergenti  di paesi come l’India, il Vietnam, la Cina, la Thailandia e Singapore. Da cio` si deduce che forse i media negli ultimi anni hanno esagerato nella loro descrizione di un mercato malese in irresistibile crescita.
Inoltre, come appare chiaro dalla questione del “corridoio del Sarawak”, la Cina vuole aumentare la sua sfera di influenza impiegando capitali sotto forma di investimento straniero diretto, attraverso aziende di proprieta` statale piu` o meno mascherate da private. Un’astuta strategia di penetrazione che i cinesi potrebbero applicare nei confronti di qualsiasi nazione, incrinandone a loro vantaggio la stabilita` politico-economica. Come se non bastasse, l’amministrazione regionale del Sarawak ha fatto sapere che, almeno per realizzare le prime fasi del progetto, saranno necessari migliaia di lavoratori stranieri. Arriveranno dalla Cina?
Anche quell’icona della politica nazionale che e`l’ex presidente Mahathir si e`recentemente prodotto in ammirati elogi del “miracolo economico cinese” e della sua “stabilita`politica”(sic). Ma intanto la diplomazia si guarda le spalle. Quasi in contemporanea col tour asiatico di Obama, la Malesia(come altre nazioni dell’ASEAN) e` stata visitata dal ministo della difesa americano Robert Gates, preceduto da Hillary Clinton e seguito da Bill Clinton. E` evidente che le relazioni economiche sempre piu` strette con Pechino si vogliono controbilanciare con un riavvicinamento militare agli Stati Uniti, i quali sono ancora la prima potenza militare del Pacifico.
Hillary Clinton ha evitato di intromettersi nelle questioni interne malesi dribblando l’incontro col leader dell’opposizione, attualmente sotto processo, mentre Gates ha assicurato che ora l’alleanza militare e` piu`solida.Addirittura la Malesia, stato a maggioranza musulmana, ha inviato uno staff di quaranta medici per dare una mano alla NATO in Afghanistan.
In una situazione come l’attuale, dove la sempre crescente tensione diplomatica tra Tokyo e Pechino puo` arrivare alle estreme conseguenze, e dove non si sa se e quando l’espansionismo economico cinese si trasformera` in espansionismo territoriale, la Malesia non ha alternative: continuare a sorridere in pubblico al “gigante giallo”, ma in realta` tenere alta la guardia soprattutto contro un possbile, insidioso nemico interno.
Valerio Zecchini