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I limiti del capitale sono i limiti della Terra

di Leonardo Boff - 02/11/2011

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Una settimana dopo lo scoppio della bolla economico-finanziaria, il giorno 23 settembre,
è avvenuto il cosiddetto Earth Overshoot Day, cioè “il giorno del trapasso della Terra”. Grandi
istituti che seguono sistematicamente lo stato della Terra avevano annunciato: a partire da questo
giorno il consumo dell'umanità ha sorpassato del 40% la capacità di supporto e rigenerazione del
sistema-Terra. Traducendo: l'umanità sta consumando un pianeta intero più il 40% di quello che non
esiste. Il risultato è la manifestazione indiscutibile dell'insostenibilità globale del sistema di
produzione e consumo imperante… Siamo in “rosso” e così non potremo continuare perché non
abbiamo più fondi per coprire i nostri debiti ecologici.
Questa notizia, allarmante e minacciosa, ha guadagnato solo poche righe nella sezione
internazionale dei giornali, al contrario dell' altra che fino ad oggi occupa le prime pagine dei mezzi
di comunicazione e i principali notiziari della televisione.. Logico, e non potrebbe essere altrimenti.
Quello che struttura le società mondiali, come molti anni fa lo stabilì Polaniy nel suo famoso libro
“La grande trasformazione”, non è né la politica né l'etica e molto meno l'ecologia, ma unicamente
l'economia. Tutto è diventato mercato, inclusa la stessa Terra. E l'economia ha sottomesso a sé la
politica e ha mandato nel limbo l'etica.
Ancora oggi siamo obbligati giorno per giorno a leggere più e più  relazioni e analisi della crisi
economico-finanziaria come se solamente essa costituisse la realtà realmente esistente. Tutto il resto
é messo in secondo piano o ridotto al silenzio.
La discussione dominante si restringe a questa questione: quali correzioni bisogna fare per salvare il
capitalismo e regolare i mercati? In questo modo potremo continuare al solito a fare i nostri affari
all'interno della logica stessa del capitale che è: quanto posso guadagnare col minor investimento
possibile, nel lasso di tempo più breve e con maggiori opportunità di aumentare il mio potere di
competizione e di accumulazione? Tutto ciò ha un prezzo: la dilapidazione della natura e la
dimenticanza della solidarietà generazionale verso quelli che verranno dopo di noi.. Anche loro
devono soddisfare i loro bisogni e abitare un pianeta minimamente sano. Ma questa non è la
preoccupazione né il discorso dei principali Autori mondiali e neppure della maggioranza degli stati,
come quello brasiliano che , in questa questione, è amministrato da analfabeti ecologici.
Pochi sono quelli che pongono la questione fondamentale:  infine, si tratta di salvare il sistema o
risolvere i problemi dell'umanità?  Essa, l'umanità, è costituita in gran parte da sopravvissuti di una
tribolazione che non ha pausa né fine, provocata esattamente da un sistema economico e da
politiche  che arrecano beneficio solo al 20% dell'umanità, lasciando il restante 80% a mangiare le
briciole o abbandonati alla loro sorte. Curiosamente, le vittime che sono la maggioranza neppure  
sono presenti o rappresentate nei Forum in cui si discute il caos economico attuale, ed è ovvio, per il
mercato sono ritenute di nessun valore economico….
La crisi attuale costituisce un'opportunità unica, per l'umanità ,di fermarsi, pensare e vedere dove si
sono commessi errori, come evitarli e che direzioni nuove dobbiamo tutti insieme stabilire  per
uscire dalla crisi, per preservare la natura e progettare un orizzonte di speranza, portatore di
promesse per tutta la comunità vivente, incluse le persone umane. Si tratta né più né meno di articolare un nuovo progetto di produzione e consumo con una ripartizione più equanime dei
benefici naturali e tecnologici, nel rispetto della capacità di sostentamento di ogni ecosistema,
dell'insieme del sistema-Terra e vivendo in armonia con la natura.
Mikahil Gorbachev, presidente della Croce Verde Internazionale e uno dei principali animatori della
Carta della Terra, gruppo al quale appartengo, ha avvertito recentemente:” Ci serve un nuovo
paradigma di civilizzazione perché l'attuale è arrivato alla sua fine e ha esaurito le sue possibilità.
Dobbiamo giungere a una posizione consensuale su nuovi valori. In 30 o 40 anni la Terra potrebbe
esistere senza di noi”.
La ricerca di un nuovo paradigma civilizzatore è condizione della nostra sopravvivenza come specie.
Così come è ora non possiamo continuare. Nell'ultima pagina del suo libro L'età degli estremi.
Discutendo con Hobsbawm del secolo breve, Roma, Carocci, 1998. ISBN 88-430-1195-2 dice
enfaticamente Hobsbawm:” Il nostro mondo corre il rischio di esplodere o di implodere. Bisogna
cambiare e il prezzo del fallimento, ossia l'alternativa al cambiamento della società, sono le
tenebre”.
E' importante capire che siamo avvinti da quattro grandi crisi: due congiunturali – quella economica
e quella alimentare – e due strutturali - quella energetica e quella climatica. Tutte queste sono
interconnesse e la soluzione deve essere includerle tutte. Non è sufficiente affrontare solo la
questione economica, come è l'atteggiamento dominante nei dibattiti attuali. Si deve cominciare
dalle crisi strutturali perché se non saranno ben indirizzate, diventeranno insostenibili sempre di più.
Le crisi strutturali, pertanto, sono quelle che meritano più attenzione. La crisi energetica rivela che
il modello basato sull'energia fossile che movimenta l'80% della macchina produttiva mondiale ha i
giorni contati. O inventiamo energie alternative o avremo in pochi anni  un incommensurabile
collasso.
La crisi climatica possiede i tratti della tragedia. Noi non stiamo andandole incontro, già vi siamo
dentro. La Terra ha già cominciato a riscaldarsi. La ruota ha cominciato a girare e non si sa come
fermarla, o solo diminuire la sua velocità, o minimizzare i suoi effetti catastrofici o adattarsi ad essa.
Miliardi e miliardi di dollari devono essere investiti annualmente per stabilizzare il clima […] visto
che il suo riscaldamento potrà essere tra 1,6 e 6 gradi, il che potrebbe configurare una devastazione
gigantesca della biodiversità e l'olocausto di milioni di esseri umani.
In ogni modo, per quanto mitigato, questo riscaldamento produrrà sconvolgimenti significativi
nell'equilibrio climatico della Terra e provocherà nei prossimi anni circa 150 – 200 milioni di
rifugiati climatici secondo dati forniti dall'attuale Presidente dell'Assemblea Generale dell'ONU,
Miguel d'Escoto, nel suo discorso inaugurale a metà ottobre del 2008. E questi difficilmente
accetteranno il verdetto di morte sulle loro vite. Romperanno frontiere nazionali, destabilizzando
politicamente molte nazioni.
Queste due crisi strutturali renderanno impraticabile il progetto del capitale. Esso partiva dal falso
presupposto che la terra è una specie di baule dal quale possiamo estrarre risorse indefinitamente:
oggi appare chiaro che la terra è un pianeta piccolo, vecchio e limitato che non sopporta un progetto
di sfruttamento illimitato.Nel 1961 serviva metà della Terra per soddisfare le domande degli uomini. Nel 1981 pareggiavamo:
serviva la Terra intera. Nel 1995 già oltrepassavamo del 10% la sua capacità di rigenerazione, ma
era ancora sopportabile. Nel 2008 passiamo al 40% e la Terra sta dando segnali inequivoci che già
non sopporta più un’ulteriore crescita della domanda. Se mantenessimo la crescita del PIL mondiale
tra il 2-3% all'anno, nel 2050 serviranno due Terre, cosa che è impossibile. Ma non arriveremo là .
Rimane ancora da ricordare che tra il 1900, quando l'umanità contava 1,6 miliardi di persone e il
2008 , con 6,7 miliardi, il consumo è aumentato di 16 volte. Se i Paesi ricchi volessero
generalizzare a tutta l'umanità il suo benessere – i calcoli già sono stati fatti – saranno necessarie
due Terre uguali alla nostra.
La crisi del 1929 dava per scontata la sostenibilità della Terra; la nostra non può più contare né su
questo fatto né sull’abbondanza delle risorse naturali. Nessuna soluzione meramente economica
della crisi può sopperire questo deficit della Terra. Non considerare questo dato rende l'analisi
zoppa in quella che è la determinazione fondamentale e la nuova centralità.
Tutto questo ci convince che la crisi del capitale non è una crisi ciclica. E' crisi terminale. In 300
anni di egemonia praticamente mondiale, questo modo di produzione con la sua espressione politica,
il liberalismo, ha distrutto con la sua voracità sfrenata, le basi che lo sostentano: la forza  lavoro,
sostituendola con la macchina, e la natura, devastandola al punto che essa non riesce , da sola, ad
auto-rigenerarsi. Nonostante tutti gli espedienti con cui i suoi ideologi provenienti dalla tradizione
marxiana, keynesiana, o altre tentino di inventare sbocchi per questo corpo moribondo, essi non
saranno capaci di rianimarlo. I suoi dolori non sono dolori del parto di un nuovo essere, ma   dolori
di un moribondo. Esso non morirà né oggi né domani; possiede la capacità di prolungare la sua
agonia, ma ha esaurito la sua potenzialità di offrirci un futuro riconoscibile. Chi lo sta uccidendo,
questo modo di produzione,  non siamo noi, visto che non ci spetta ucciderlo ma superarlo, nella
buona tradizione marxiana ben ricordata da Chico Oliveira nella sua lucida intervista, ma la stessa
natura e la Terra.
Ripetiamo: i limiti del capitalismo sono i limiti della Terra. Già siamo addossati a questi limiti tanto
della Terra quanto del capitalismo. Continuando saremo distrutti da Gaia, in quanto essa, nel
processo evolutivo, elimina sempre quelle specie che in maniera persistente e continuata
minacciano tutte le altre. Noi, homo sapiens e demens, ci siamo fatti, secondo la dura espressione
del grande biologo E. Wilson, il Satana della Terra, quando la nostra vocazione era di esserne il
custode, il guardiano e l'angelo buono.
Dove andremo? Né il Papa, né il Dalai Lama, né Barack Obama né tantomeno gli economisti ci
potranno indicare una soluzione: ma almeno possiamo indicare una direzione. Se questa fosse  certa,
il cammino potrà avere curve, salire o scendere, e anche conoscere scorciatoie, questa direzione ci
porterà ad una Terra nella quale gli esseri umani possono ancora vivere umanamente e trattare con
cura, con compassione e con amore la Terra, nutrice, bambinaia e nostra Grande Madre.
Questa direzione, come tanti altri già hanno segnalato, poggia su questi cinque pilastri: (1) un uso
sostenibile , responsabile e solidale delle limitate risorse e dei servizi della natura; (2) il valore d'uso
dei beni deve avere la priorità sul suo valore di scambio; (3) un controllo democratico deve essere
costruito nelle relazioni sociali, specialmente sui mercati e sui capitali speculativi.; (4) l'ethos
minimo mondiale deve nascere dall' interscambio multiculturale, dando enfasi all'etica dell'
attenzione, della compassione, della cooperazione e della responsabilità universale; (5) la
spiritualità, come espressione della singolarità umana e non come monopolio delle religioni, deve
essere incentivata come una specie di aura benefica che accompagna la traiettoria umana, poiché
grazie ad essa, l'essere umano e la storia  si collocano in una dimensione oltre lo spazio e il tempo, dando senso al nostro breve passaggio per questo piccolo pianeta.
Dobbiamo credere, come insegnano i cosmologi contemporanei, nelle potenzialità nascoste in
quella Energia di fondo dalla quale tutto proviene, che sostenta l'universo,  che parla
confidenzialmente ad ogni essere  e che soggiace a tutti gli eventi storici e che permette eventualità
sorprendenti. E' dal caos che nasce il nuovo ordine. Dobbiamo fare di tutto perché il caos attuale
non sia distruttivo ma creativo, quindi sopravviviamo con lo stesso destino della Terra, l’unica casa
comune che abbiamo per abitare.
Fonte:Eenvolverde/Agencia Carta Maior
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Traduzione e adattamento di Tiberio Collina per l’Associazione Eco-Filosofica