E’ noto: nei posti di comando mancano le donne; da qui la battaglia per le “quote rosa”. Era invece meno riconosciuto il danno sociale procurato dalla mancanza di insegnanti maschi nella scuola, soprattutto nelle elementari e medie inferiori. Anche qui però ci stiamo ora accorgendo della necessità di una presenza più equa di entrambi i generi, lungo tutto il percorso educativo. Tanto che anche l’Europa è intervenuta per raccomandare un’equilibrata presenza di uomini tra gli insegnanti.
Una recente raccomandazione del Consiglio d’Europa illustra alcune ragioni per le quali nella scuola è necessaria anche la presenza dei maschi. Secondo l’UE: «E’ importante aumentare la percentuale di uomini nella scuola al fine di modificare gli atteggiamenti e dimostrare che non solo le donne possono offrire istruzione e cura.
La disponibilità di modelli di entrambi i sessi è positiva per i bambini e può contribuire a spezzare i pregiudizi di genere.
Un posto di lavoro in cui sono presenti rappresentanti di entrambi i sessi aiuta ad ampliare l’esperienza dei bambini e a ridurre la segregazione di genere nel mercato del lavoro».
L’assenza di uomini, infatti, è fonte di discriminazione per entrambi, donne e uomini. Le donne perché richiuse in un ambito lavorativo divenuto una sorta di “riserva” femminile. Gli uomini (quei pochi rimasti), perché ormai considerati anomali.
Da questa situazione si sviluppano casi gravi, come quello divenuto famoso qualche anno fa, quando il maestro Maurizio Boscherini venne allontanato dalla scuola dove insegnava da molti anni perché si era rifiutato di firmare una circolare sotto la dizione: “le maestre” (raccontò poi le sue esperienze, di discriminazione appunto, in un libro intitolato: “L’ultimo maestro”).
Dalla raccomandazione europea, come dalle ricerche fatte in tutto il mondo sull’argomento, emerge che è proprio l’idea novecentesca dell’educazione come lavoro femminile (in precedenza il ruolo maschile nell’educazione era stato molto importante), che è ormai necessario abbandonare.
Nella scuola di oggi occorre valorizzare sia le componenti femminili dell’accoglienza, che quelle maschili della proposta e direzione. Entrambe, naturalmente, sono presenti sia nelle donne che negli uomini, dato che la psiche ha in sé tutte e due le componenti, ma vengono espresse secondo stili comunicativi, anche fisici, diversi. E i bambini, come poi gli adolescenti, hanno bisogno di entrambi i “modi” educativi, così come traggono profitto dalla presenza di tutti e due i genitori. Senza contare che ognuno dei due sessi sente la necessità di essere rappresentato anche nel corpo insegnante.
Dalle ricerche svolte nel mondo è infatti emerso che la scarsa presenza di uomini tra gli insegnanti induce negli allievi maschi innanzitutto una svalutazione di sé.
L’insegnante è, infatti, una figura di prestigio e di potere, e il fatto che tra essi non vi siano maschi crea insicurezza nei ragazzi. Inoltre rafforza l’allontanamento maschile dalle professioni educative, con le conseguenze “segregative” temute dal Consiglio d’Europa.
Occorre quindi un cambiamento nel modo di vedere la professione dell’insegnante, che deve tornare a rappresentare entrambi i sessi, perché gli allievi hanno necessità di rimanere negli anni decisivi della propria formazione in contatto con tutte e due le figure, quella femminile e quella maschile.
Qualcosa sta cambiando: in qualche paese i maschi si riaffacciano (lentamente) nelle cattedre; le scuole (soprattutto le private) tornano a cercarli.
E’ importante, come ricorda l’Europa, seguire con attenzione questo processo.