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Madagascar

di Guido Dalla Casa - 24/11/2011

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  Antananarivo, capitale del Madagascar, detta anche Tananarive, o semplicemente Tanà: un groviglio di umani e di macchine, come quasi tutte le città del mondo, sia pure in modo diverso.
  Data la stagione, vedo in giro la jacaranda in fiore: è un albero bellissimo.
  Sulla banconota più diffusa del Madagascar, quella da 10.000 ariari (tre-quattro euro) sono rappresentate attrezzature di cantiere (ruspe, gru e cingolati) e una luce al termine di una autostrada. Sono queste le aspirazioni? Strade e lavori di terra?  Per fortuna sulle altre banconote c’è anche qualche simpatico animaletto.         
  Di foreste non ne sono rimaste molte. La densità umana è notevole, anche se inferiore a quella europea. L’incremento demografico è invece fortissimo: si vedono bambini ovunque; bambini e zebù, l’animale domestico più diffuso.
  Poi ci sono i Parchi naturali: bellissimi, fonte di speranza, lì si trovano i lemuri, che sono sopravvissuti solo su quest’isola, dopo un’esistenza di cento milioni di anni. I Parchi sono istituzioni davvero benemerite: ma qui, come in tutte le Nazioni del mondo, sono puntini sulla carta geografica, e hanno spesso uno scopo  antropocentrico, servono per la “ricreazione” dell’uomo. Comunque sono un’àncora di salvezza: solo nei Parchi molti viventi si salveranno.
  I lemuri, o proscimmie, sono esseri senzienti simpatici, con occhietti vivaci e un’agilità prodigiosa, non invadenti. Sono sopravvissuti da quei tempi lontani solo in questa grande isola dell’Oceano Indiano.
  Fuori dai Parchi è tutto antropizzato, come nel resto del mondo, in primo luogo in Europa. Mi domando se esiste davvero la percezione che l’espansione umana, che ha raggiunto livelli spaventosi nell’ultimo secolo, toglie lo spazio vitale agli altri esseri senzienti. La crescita demografica-economica distrugge la Vita nei suoi equilibri e nelle sue componenti essenziali. Sappiamo fin dai tempi di Lamarck, cioè da un paio di secoli, che la Vita è unica, è un meraviglioso fenomeno senza confini interni, non ci sono discontinuità.
  L’espansione e la crescita umane sono una patologia nel mondo naturale.
  I Lemuri sono venuti prima dei Primati veri e propri e sono quindi nostri antenati.
  L’ultimo giorno del viaggio, nella riserva di Perinet, più di cento Km a est di Tanà, mentre un piccolo lemure mi guardava con i suoi occhietti e magari pensava a una banana, mi è venuta in mente la pagina di un libro letto cinquanta anni fa, con una descrizione  più poetica e spiritualmente profonda del mito delle origini di qualsiasi cultura umana; tornato a casa, sono andato a rileggerla:
  L’uomo è anzitutto un mammifero placentato; in secondo luogo, è un primate fra i mammiferi; poi è un primate che cammina interamente su due gambe, lasciando liberi gli arti anteriori per usarli come mani; infine, in virtù del grande sviluppo del suo cervello, è un essere molto conscio di sé, capace, in grado maggiore di qualunque altro animale, di trarre profitto dall’esperienza individuale e sociale.
  Nel Cretaceo il suo antenato era un piccolo animale insettivoro affine allo scoiattolo, che oggi sopravvive soltanto nel Borneo. Questo animale aveva cinque dita in ciascun piede, con cui raschiava, scavava, afferrava e si arrampicava; cercava il cibo sugli alberi e per terra e oltre a mangiare insetti probabilmente amava le bacche, le uova degli uccelli, i nidi; e quando mangiava stava seduto sulle natiche alla maniera degli scoiattoli, tenendo stretto il cibo con le zampe anteriori. Probabilmente si serviva dell’olfatto per cercare la preda, dell’olfatto e dell’udito per sfuggire ai nemici, come tutti gli altri animali dell’éra Mesozoica.
(Homer W. Smith, Dal pesce al filosofo, Ed. Boringhieri, 1961)    
  Il “piccolo insettivoro” di cui parla Smith è molto simile al tarsio spettro del Borneo, un tarsioide  affine agli attuali lemuri del Madagascar.