Rivendico l'orgoglio di essere allievo di Cardini
di Domenico Del Nero - 27/12/2011
Fonte: totalita
Ci ha insegnato, la tolleranza, la necessità di essere liberi e intellettualemnte onesti
Caro Franco, credo che il delitto maggiore di cui certa intellighenzia da carta stampata possa accusarti non sia certo quello di averci fornito una preparazione a prova di bomba (bomba metaforica, sia chiaro!) e eccellenti strumenti metodologici e concettuali; ma di averci, soprattutto, sempre esortato a usare il cervello nostro, nel bene e nel male, e non i surrogati altrui. Questo valeva sul piano della storia, quando ridendo di chi si faceva venire coliche biliari al solo di nome del revisionismo, ci spiegavi che la storia è in un certo senso revisione perpetua, ovviamente fatta con gli strumenti della ricerca e dell’intelligenza e non del pregiudizio ideologico; ma anche quando ci invitavi a leggere i fatti e gli eventi contemporanei facendo sempre attenzione a non farci condizionare dalla logica “cowboys” (sempre buoni) e “indiani” sempre cattivi.
A proposito di quel mattone sciropposo, zuccheroso e sommamente indigesto che è il libro Cuore,grazie al quale tante generazioni sono venute su convinte della santità del verbo risorgimentale e di quell’Italia Umbertina che i “cattivi” li prendeva a cannonate anche quando chiedevano semplicemente un tozzo di pane, mi sembra di averti sentito ripetere in più di una occasione che, in definitiva, il personaggio più simpatico di quel polpettone è proprio “l’infame” Franti, l’unico che sfugge a quella insopportabile galleria di virtù preconfezionate, inscatolate e in definitiva un tantino ipocrite. E allora anche noi … anche io … e naturalmente anche tu, siamo tutti dei Franti. Lo siamo perché forse, da quando abbiamo appreso l’uso della ragione, non abbiamo mai accettato che i buoni debbano necessariamente stare da una parte sola e soprattutto a diffidare di certi “buoni”: che sono anche, nella società contemporanea, certi maestri di una sinistra salottiera, un po’ civettuola e amante delle buone cose di pessimo gusto, ma che non esita poi, nel nome dei propri principi di bontà giacobina, a additare al pubblico ludibrio e al sovrano disprezzo chiunque non sia omologato alla linea propria e dei propri padroni del vapore (che sono poi magari, alla faccia della difesa dei ceti deboli, ben pasciuti industriali o finanzieri); o anche una certa “destra” (ma hanno ancora senso queste distinzioni, nel mondo contemporaneo?) che quanto a omologazione e … penna curva certo non è da meno.
Per quanto mi riguarda, io, nato nell’anno 1960, rivendico con orgoglio di essere allievo di Franco Cardini, che ha rappresentato e rappresenta per la mia generazione e per altre successive quello che per l’appunto Attilio Mordini ha rappresentato per lui e per la sua. E ci fa tanto più sorridere l’indegno accostamento del suo nome – a qualunque titolo e per qualunque motivo – ai tristi fatti di cronaca che hanno di recente funestato Firenze perché se c’è una persona che, facendo imbufalire a seconda dei tasti toccati e dei calli pestati personaggi di destra e di sinistra (in questo bisogna dire che è anche un maestro di … par condicio), si è sempre battuta contro qualsiasi forma di discriminazione, di razzismo e di intolleranza questo è proprio Franco Cardini: bastano a provarlo tante sue battaglie a favore del dialogo con quella cultura islamica a cui appartenevano i due ragazzi senegalesi assassinati, o le sue letture sui fenomeni dell’emigrazione, del moderno imperialismo e di certe “crociate” (le virgolette sono d’obbligo!) in nome non certo di Cristo o del Profeta, ma di altre “divinità” assai più laiche e … laide. Letture forse non sempre in tutto condivisibili (ma Cardini, a differenza dei tanti barbassori di turno, non si è mai professato dogma di fede ) ma sempre caratterizzate da un grande coraggio, da una profonda competenza e soprattutto dalla volontà di andare oltre quello che l’informazione “ufficiale” ammannisce, cercando di far riflettere chi legge: il che è precisamente quello che invece oggi si vuole assolutamente evitare.
E’ inevitabile dunque che personaggi come lui siano spesso “sotto tiro” e si cerchi magari di inchiodarlo proprio a quei luoghi comuni contro i quali essi lottano a una vita: come quello, per l’appunto, che chiunque abbia nel proprio percorso culturale e umano elementi che si possano definire “destroidi” (a meno che, ovviamente, non abbia fatto ammenda alle innumerevoli Canosse di questi ultimi decenni) deve per forza avere qualche punto di contatto con xenofobia, razzismo, campi di concentramento et similia. Ci sarebbe solo da sorridere, se non fosse che queste cose vengono ancora prese sul serio. Eppure sono proprio i Franco Cardini (purtroppo molto rari) e forse certi suoi indisciplinati e politicamente scorretti allievi che possono ancora dire qualcosa di vivo, di autentico a questo nostro paese meno beato di poco tempo fa, ma certo non meno beota (almeno per certi aspetti); e lanciare forse anche un segnale di speranza. Grazie, Franco e continua a essere maestro di quella Humanitas che hai saputo trasmetterci come esempio vivente e non certo libresca reliquia.