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La prossima Fallujah?

di Dahr Jamail - 06/07/2006


Hassan Zaidan Lahaibi, del Consiglio dei Rappresentanti del parlamento iracheno, ha affermato: 'Se le cose continuano così ci sarà una crisi umanitaria. In tanti vengono uccisi o feriti, gli altri emigrano senza meta'

Gli abitanti terrorizzati si riversano fuori da Ramadi dopo che l’esercito americano, da mesi, sta lanciando un’offensiva contro la città, ricorrendo a tattiche quali taglio dell’acqua, dell’elettricità e degli aiuti sanitari, imposizione del coprifuoco, agguati di cecchini e colpi sparati in aria. Questa volta gli iracheni hanno ragione a temere il peggio – un attacco simile a quello che subì la vicina Fallujah.

Perchè i militari Usa arrivino a distruggere Ramadi, la capitale della provincia di al-Anbar, è solo questione di tempo. Ramadi non è lontana da Fallujah; sia per motivi di appartenenza tribale sia per la repulsione all’idea di essere occupati, molte persone a Ramadi si riferiscono a Fallujah chiamandola “Ramadi”. Conosco molte persone di Ramadi che hanno perso parenti e amici durante i due assalti a Fallujah. E il livello di antiamericanismo da quelle parti è sempre stato alto.

Ormai sappiamo bene cosa succede quando i militari Usa in Iraq decidono di attaccare un’intera città... conosciamo a memoria il copione di Haditha, Al-Qa’im, Samarra, di alcuni quartieri di Baghdad, Balad, Najaf, e di Fallujah… – finora. La città è assediata da settimane se non mesi, l’acqua e l’elettricità sono state tagliate, così come gli aiuti sanitari, è stato imposto il coprifuoco, si è fatto ricorso ad attacchi aerei preliminari. Poi inizia il vero attacco. Ora il vero attacco a Ramadi è cominciato.

Aerei da guerra sfrecciano nel cielo e intensificano i bombardamenti, gli altoparlanti nella città avvertono i civili di un “feroce attacco imminente”, (in realtà già cominciato), migliaia di famiglie restano asserragliate in casa – proprio come a Fallujah durante i due attacchi sulla città. Ancora una volta i molti che rimangono in città non possono permettersi di andarsene perché sono troppo poveri, o non hanno i mezzi di trasporto, o vogliono fare la guardia alla loro casa perché è l’unica cosa rimasta.

Lo sceicco Fassal Guood, ex governatore di al-Anbar, ha detto: “La situazione è disastrosa. Niente servizi, né elettricità né acqua”. Ha poi aggiunto: “Sappiamo che i comandanti americani e iracheni hanno deciso di sferrare una vasta offensiva, in qualunque momento; prima avrebbero dovuto consultarsi con noi”.

Un uomo che vive a Fallujah e che ha visitato Ramadi di recente mi ha raccontato: “Tutti i nuovi governi iniziano con un massacro. Sembra essere il prezzo che deve pagare l’Iraq, soprattutto nelle zone sunnite. Ramadi è stata privata dell’acqua, dell’elettricità, dei telefoni e di tutti i servizi da circa due mesi. Gli Usa e le forze governative hanno detto chiaramente ai cittadini di Ramadi che non disporranno di servizi a meno che non consegnino i ‘terroristi’. Le operazioni sono iniziate la settimana scorsa ma sembra che i marines abbiano problemi con un città più estesa di Fallujah. (Ramadi ha almeno 50.000 abitanti più di Fallujah). L’uccisione di civili è una procedura quasi quotidiana da parte dei cecchini e dei soldati Usa con automezzi blindati. Il problema peggiore per gli abitanti di Ramadi rispetto a quelli di Fallujah nel 2004 è che non possono fuggire a Baghdad – dove troverebbero gli assassini delle milizie governative. Ciononostante, l’esercito americano ha detto loro di evacuare la città. D’altra parte, il governo e lo stesso esercito Usa hanno espressamente detto che convinceranno le milizie a partecipare al grande attacco contro la città. L’ONU e il resto del mondo restano in silenzio, come sempre, e di quello che sta accadendo a Ramadi a nessuno sembra importare”.

Il palco è stato allestito: ora gli iracheni si stanno preparando ad una nuova conta di morti civili – presumibilmente alta. Ciò si aggiunge al recente annuncio del Dipartimento della Difesa Usa secondo il quale sono stati stanziati oltre 19 milioni di dollari come indennizzo per le famiglie irachene a cui le truppe Usa hanno ucciso un parente. La quota media è di 2.500 dollari per persona, e circa la metà dei 19 milioni di dollari sono stati versati proprio nella provincia di al-Anbar. Indicativo dei livelli di violenza tragicamente alti raggiunti in Iraq, l’importo totale degli indennizzi stanziati nel 2005 è quasi il quadruplo di quello dell’anno precedente.

Il fatto che l’invio in Iraq di 1.500 truppe Usa, nello specifico a Ramadi, sia passato pressoché inosservato sui resoconti dei media mainstream, non è stata una sorpresa per gli abitanti di Ramadi – dove le battaglie di strada tra le truppe e la resistenza imperversano da mesi.

Il blackout dei media su Ramadi compete con quello relativo alle misure draconiane adottate dai militari americani durante l’assalto a Fallujah del novembre 2004 – se non addirittura le batte. Finora i soldati sono stati riluttanti nel permettere ai giornalisti di viaggiare con loro a Ramadi. Ad ogni assalto americano alla città irachena, cresce il blackout dei media – e per Ramadi il quadro non fa che peggiorare.

La maggior parte di quello di cui abbiamo sentito, a parte alcuni servizi sporadici da fonti interne alla città assediata, è propaganda del portavoce dell’esercito americano a Baghdad, il maggiore Todd Breasseale: costui ha parlato solo di trasferire verso Ramadi le 1.500 truppe appena arrivate dal Kuwait. “Trasferire questo reparto permetterà ai capi delle comunità e agli ufficiali del governo di iniziare ad abbracciare la loro sfida: riaffrancare le loro città dagli elementi criminali”.

Come a Fallujah, migliaia di cittadini terrorizzati di Ramadi stanno lasciando la propria città, per poi vedersi rifiutare la possibilità di entrare a Baghdad. Senza tende, cibo o aiuti di qualsiasi genere da parte dei militari – ciò costituisce un crimine di guerra – essi sono abbandonati a nient’altro di più delle loro scorte di viaggio, e senza un posto dove andare. Questi rifugiati si sommano alle statistiche che parlano di oltre 100.000 famiglie deportate in Iraq – la maggior parte delle quali il risultato delle “grandi operazioni” dell’esercito americano.

I servizi delle fonti interne di Ramadi da settimane dicono che i soldati americani hanno occupato le abitazioni civili per utilizzare i tetti delle case come piattaforma per i cecchini; vengono uccise persone innocenti tutti i giorni, la gente vive nell'angoscia e nell'indecisione – partire senza sapere dove andare o restare in casa ed essere verosimilmente uccisi?

Hassan Zaidan Lahaibi, un membro del Consiglio dei Rappresentanti del parlamento iracheno, ha affermato recentemente di fronte ai giornalisti: “Se le cose continuano così raggiungeremo una crisi umanitaria. In tanti vengono uccisi o feriti, gli altri emigrano senza meta”.

Potrebbe senz'altro essere descritto così anche il resto dell’Iraq, dove la maggior parte della gente lotta per sopravvivere sotto il peso di una crescente e brutale occupazione: squadre della morte supportate dagli Usa, milizie fanatiche, disoccupazione dilagante e infrastrutture devastate.


Dahr Jamail è un giornalista free lance che scrive dall’Iraq. È tra gli autori dell'antologia TUTTO IN VENDITA – Ogni cosa ha un prezzo. Anche noi.

 


Fonte: AlterNet
Traduzione a cura di Elena Mereghetti per Nuovi Mondi Media

 

 

"Migliaia di famiglie abbandonano Ramadi nel momento in cui gli ospedali rimangono senza medicinali: la città è minacciata da un massiccio attacco congiunto delle forze Usa e irachene"

(Il comunicato stampa di Doctors for Iraq, 25 giugno 2006, da 'Osservatorio Iraq')