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Ritorno al Centro

di Bede Griffith - 10/07/2006



 

Dove dobbiamo trovare la “religione perenne” – il sanatana dharma, come dicono gli indù? Dobbiamo trovarla in ogni religione, nel suo terreno di coltura o sorgente, ma essa è al di là di ogni formulazione. Non la conosciamo con il senso o la ragione, ma con una esperienza spirituale profonda. Questa profondità è chiamata Centro ed è la fonte dalla quale scaturisce ogni religione, la meta cui essa aspira ed è presente nel cuore di ogni uomo. Da questo Centro l’umanità si è allontanata ed è a questo Centro che deve ritornare. Ogni religione cerca di farlo conoscere e di tracciare la strada del ritorno.

Ogni persona deve scoprire questo Centro dentro di sé, questo Terreno del proprio essere, questa Legge della propria vita. Esso è nascosto nelle profondità di ogni anima, e attende di essere scoperto. È il tesoro nascosto in un campo, la perla preziosa. Ma adesso è nascosto sotto profondi strati di abitudini e convenzioni. Il mondo gli costruisce intorno una grande barriera protettiva. È il paradiso originario dal quale siamo tutti venuti – come diceva Wordsworth, “il Paradiso è sparso qua e là nella nostra infanzia”. Una volta eravamo tutti innocenti, ma siamo caduti in questo mondo, e un “angelo con una spada fiammeggiante” impedisce il nostro ritorno.

Tutti questi misteri sono nascosti nell’inconscio. Il Paradiso delle origini è ancora da qualche parte al di là di noi, ma i nostri strati di abitudini e convenzioni si formano addirittura alla nascita e ci legano a questo mondo, iniziano la loro opera mentre siamo ancora nell’utero, tessono la grande tela di maya che ci nasconde al nostro vero Io e ci rende stranieri nella nostra casa. Ma il sentiero del ritorno dobbiamo trovarlo ovunque. Ogni mito e rituale di religione primitiva è una rivelazione dei misteri nascosti dell’inconscio e un sentiero per la scoperta dell’Io.

Se dobbiamo trovare il sentiero del ritorno, dobbiamo essere disposti a imparare da ogni antica tradizione, dalle religioni tribali dell’Africa e dell’Asia, da quella degli aborigeni australiani e degli indiani d’America. Tutti questi popoli, soppressi e quasi eliminati da razze colonizzatrici, recano in sé i tesori dell’antica saggezza. La nostra civiltà resterà psicologicamente squilibrata finché non renderà giustizia a questi popoli. In essi, il senso della solidarietà umana con la natura è stato preservato. Essi non considerano la natura come fa il pensiero scientifico – cioè un oggetto esterno da studiare in modo freddamente razionale – ma come una parte vivente del loro stesso essere.

I seguaci di queste religioni tribali sanno di essere parte della natura, di essere imparentati con la terra e il cielo, con le piante, gli animali e gli uccelli. Sanno di essere come un bambino nel grembo di Madre Natura, dove il mondo, come ha detto Thales, è “pieno di dèi”. Questi dèi non sono finzioni dell’immaginazione, bensì la potenza vivente della natura, presente nella terra, nel mare e nel cielo. Appartengono al mondo “psichico”; il mondo che conosciamo soltanto nei sogni, ma che è non meno reale del mondo fisico. In questo mondo ci sono anche gli spiriti degli antenati. L’umanità non si considera isolata nello spazio cosmico, ma in comunione con gli spiriti dei morti. Nelle profondità dell’inconscio, siamo una cosa sola con la natura e l’intera umanità, aperti allo Spirito divino che è in ogni cosa e non rinchiuso nella prigione di una individualità separata in un mondo estraneo. L’antica saggezza è conservata come cosa sacra nei templi degli indù. Il tempio è l’immagine sia del cosmo che dell’anima. Andare in giro in un simile tempio, visitando gli altari dei differenti dèi, significa armonizzare l’anima con le forze del cosmo e scoprire il “centro” sia del cosmo, sia dell’anima. Il centro del tempio è il garbhagriha – l’“utero” nel quale debbono essere trovati il lingam e lo yoni, simboli del matrimonio del maschio e della femmina che qui ha luogo. Il rituale del tempio è, allo stesso modo, un segno esteriore della trasformazione interiore dell’anima, della scoperta della vita divina nascosta nell’anima.

Così, la rottura della noce di cocco è simbolo della rottura del duro guscio esteriore dell’anima per scoprirvi dentro la vita divina. Le ceneri poste sulla fronte sono un simbolo dell’incenerimento del piccolo io, dell’ego peccaminoso, e della manifestazione del vero Io dal quale tutte le impurità sono state bruciate. Il punto rosso posto tra gli occhi è un simbolo del “terzo occhio”, l’occhio della saggezza, che è “unico”, contrariamente ai due occhi che vedono il mondo della dualità. Così, tutto tende a permettere all’anima di scoprire il suo “Centro”; a liberarlo dall’ego separato e integrarlo nell’unità cosmica. È un concreto simbolo della via del ritorno all’Io, alla conoscenza di Dio.

Tutte queste religioni derivano dall’alleanza cosmica – la rivelazione universale data a tutto il genere umano. È una rivelazione di Dio attraverso la natura e l’anima. Tutto il cosmo è una rivelazione di Dio. Quindi, l’ordine e la bellezza dell’universo sono una rivelazione della saggezza e della bontà del Creatore.     

(Traduzione di Giuseppe Giaccio)