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L'ardore

di Valerio Zecchini - 28/03/2012

 

Per mondo della Tradizione si intende un insieme di civiltà orientate Dall’Alto e verso l’Alto; si tratta cioè di tutte quelle civiltà che, pur nella varietà delle loro forme non solo religiose ma soprattutto misteriche (ossia iniziatiche), hanno in comune un orientamento sacrale, nel senso che sono ispirate dal sacro e tendono verso il sacro, inteso e vissuto come dimensione trascendente e, al tempo stesso, immanente, ossia una sacralità che entra nella storia e nell’umano, che permea di sé i vari aspetti della vita individuale e sociale di una determinata civiltà. Ogni aspetto della vita, dall’amore al sesso alle arti ed ai mestieri, diviene, in questo particolare Tono una occasione, una possibilità di aprire la comunicazione con il Divino, quindi una opportunità di elevazione e realizzazione personale. In questo senso il mondo moderno, come mondo desacralizzato e materialistico, costituisce un’anomalia condannata da tutti I Maestri della Tradizione, in primis Julius Evola ed Ezra Pound. Il concetto di un tipo di società orientata dal terreno e verso il terreno, relegante alla fede privata individuale tutto ciò che possa avere il vago sentore di un anelito spirituale, è dunque qualcosa che appartiene esclusivamente all’epoca moderna più recente, pressappoco da Cartesio in poi e soprattutto dall’illuminismo e dalla rivoluzione francese in avanti. Fino al medioevo  e al neoplatonismo rinascimentale l’orientazione sacrale della vita e della società era un dato centrale e normale,mentre ora prevale la secolarizzazione, l’essere immersi in modo esclusivo nel tellurico e nella storia.

Roberto Calasso, in questa  sua fondamentale e monumentale opera, analizza e commenta il Veda  le Upanisad, i quali, pur nella loro unicità, rappresentarono l’archetipo di tutte le religioni a venire Ð non solo orientali. Qualcosa di immensamente remoto dall’oggi apparve più di tremila anni fa nell’India del Nord: il Veda, un Sapere che comprendeva in sé tutto, dai granelli di sabbia fino ai confini dell’universo. Distanza che si avverte nel modo di vivere ogni gesto, ogni parola, ogni impresa. Gli uomini vedici prestavano un’attenzione adamantina alla mente che li reggeva, mai disgiungibile da quell’Ardore da cui ritenevano si fosse sviluppato il mondo. Lattimo acquistava senso in rapporto a un invisibile traboccante di presenze divine. Fu un esperimento del pensiero cosi estremo che sarebbe potuto scomparire senza lasciare traccia del suo passaggio nella Terra dove vaga in libertà l’antilope nera(cosi veniva definito il luogo della legge). Eppure quel pensiero Ð groviglio composto di inni enigmatici, atti rituali, storie di dei  e folgorazioni metafisiche Ð ha l’indubitabile capacità di illuminare con luce radente, diversa da ogni altra, gli eventi elementari che appartengono all’esperienza di chiunque, oggi e dappertutto, a cominciare dal puro fatto di essere coscienti. Il primato della consapevolezza su tutto è la pietra angolare del pensiero vedico Ð infatti qualche millennio prima di Cartesio, i ritualisti vedici ebbero la percezione della coscienza del pensiero (la massima delle consapevolezze), della divaricazione tra Io e se. Ciò ovviamente entra in rotta di collisione con molte di quelle che vengono ormai considerate ferme acquisizioni. Questo libro racconta come attraverso I Cento cammini a cui allude il titolo di un’opera smisurata e capitale del Veda, lo Satapatha Brahmana, si può raggiungere ciò che sta davanti ai nostri occhi passando attraverso ciò che da noi è più lontano.

I sommi sacerdoti del ritualismo vedico erano i brahmani, élite di iniziati, coloro che sapevano orientare l’immenso potere della mente, che agivano e non venivano agiti, come accadeva invece a coloro che vivevano nella non-verità, i non-iniziati.  Per gli uomini vedici, là storia non era molto importante. Non hanno lasciato nulla, né città, né templi, né altari, sono rimasti solo i testi, da secoli oggetto delle più varie interpretazioni, che Calasso cerca Ð con successo Ð di ordinare. In buona parte nomadi, l’unica cosa veramente importante per loro erano i rituali con le loro varie formule, nei quali era contenuto tutto il senso dell’esistenza e in cui si  rendeva esplicita tutta la potenza della mente. E fondamentale era poi l’ebbrezza procurata dal soma, succo estratto da una pianta sacra dai poteri inebrianti; secondo loro, solo in quanto gli uomini riuscivano a offrire ebbrezza agli dei  potevano pretendere di attrarli sulla terra. Il libro contiene anche un’amplissima riflessione sul significato dei sacrifici animali e umani (suprema forma di comunicazione con l’invisibile) non solo in ambito vedico, ma come elemento centrale di ogni culto religioso nel mondo pre-moderno. A questo proposito è singolare come Calasso abbia dimenticato di citare l’opera di Hermann Nitsch e degli Azionisti Viennesi, che ebbero il grande merito di far irrompere nella pratica artistica contemporanea il sacrificio rituale  in tutta la sua primordiale violenza simbolico-sacrale.

Ma L'ardore ha al suo centro simultaneamente l’India vedica e l' Innominabile attuale: infatti nell’ultimo capitolo (Antecedenti e conseguenti) Calasso si sofferma a lungo nell’analisi della moda attuale del multiculturalismo, passo finale e meta ultima del processo di secolarizzazione globale. Ponendo allo stesso livello valoriale ogni religione e ogni tradizione, le si tutela come delle sopravvivenze ben vestite, mentre il centro della scena sociale è saldamente occupato dalla triade tecnoscienza/consumismo/intrattenimento Ð si tratta di ciò che ormai correntemente viene chiamato Relativismo culturale. E non deve ingannare il risorgere del cosiddetto fondamentalismo religioso (non solo islamico ed ebreo, ma ora anche cristiano e financo induista), il quale appunto non è altro che la spia della scomparsa di un clima spirituale Normale e reazione violenta all’avvento di una società post-religiosa. 

La vulgata marxista che vedeva le religioni unicamente come forza ausiliaria del potere costituito (Oppio dei popoli), è ormai completamente compenetrata alla mentalità contemporanea, mentre la verità è che da sempre potere politico e potere religioso hanno tanto collaborato tra loro , quanto si sono combattuti. E comunque, come ben dice Calasso, l’attuale neopositivismo imperante può generare solo frustrazione e sentimento del vuoto. La scienza illustra, ma non spiega nulla Ð non è produttrice di alcun senso. Il bisogno di riti e miti è oggi più impellente e urgente che mai. Il dilemma che attualmente ci si pone di fronte è dunque questo: come superare lo sterile cerebralismo dell’uomo moderno, per approdare di nuovo a una feconda modalità di pensiero sintetico-intuitiva, in grado di rimetterci in contatto col dominio spirituale?

E bene ricordare che L'ardore è il settimo pannello di un’Opera a in corso finora composta da La rovina di Kasch (1983), Le nozze di Cadmo e Armonia (1988), Ka (1996), K (2002), Il rosa Tiepolo (2006) e La Folie Baudelaire (2008). Chi se lo può permettere, legga tutto Ð la sua vita spirituale ne guadagnerà moltissimo in intensità, risolutezza, lucidità.