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Il venticinquesimo anniversario della morte di Andy Warhol

di Valerio Zecchini - 02/04/2012

Kim Kardashian e’ oggi la persona piu’ famosa d’America. Ma chi e’, e cosa fa di speciale? Assolutamente nulla, non ha nessun particolare talento e non e’ neanche tanto bella, e’ diventata celebre grazie a un reality show nel quale ha fatto sesso in diretta e adesso e’ la star di un suo personale reality, “The Kardashians”. 

“The Kardashians”  e’ un reality show familiare, proprio come quello di cui era protagonista qualche tempo fa Ozzy Osbourne, ex cantante dei Black Sabbath e idolo dei cultori dell’heavy metal. E’ uno spettacolo (si fa per dire) dove semplicemente viene filmata la vita privata di queste persone e delle loro famiglie, nelle loro case.

Il programma televisivo attualmente piu’ visto in America e’ un altro reality, di genere musicale, “American idol” – la maggior parte dei cantanti che negli ultimi tempi sono arrivati in classifica proviene da “American idol” o da “The x factor”, programma molto simile che gli fa concorrenza. Il reality show e’ oggi un fenomeno di valenza planetaria, che addirittura ha avuto fortuna anche in alcuni paesi islamici, dove in teoria il senso del pudore dovrebbe ancora avere una certa tenuta. E tutti sappiamo che in Italia questo genere televisivo, dopo un inizio un po’ faticoso, ora puo’ vantare un successo piu’ che solido.

Molti hanno indicato Andy Warhol, scomparso il ventidue febbraio di venticinque anni fa, come il progenitore del reality show, e almeno in parte sicuramente lo e’ stato. Se gli Stati Uniti avessero avuto un ministero della propaganda, Warhol avrebbe dovuto esserne ministro plenipotenziario a vita e post mortem, sarebbe anzi giusto definirlo il Goebbels dell’americanismo. Vediamo a proposito alcuni suoi illuminanti aforismi:

“La cosa piu’ bella di Firenze e’ Mc Donald’s”.

“In futuro, tutti potranno essere famosi per quindici minuti”.

“Il consumismo e’ cio’ che ci rende veramente tutti uguali: io bevo la Coca-cola, il presidente degli Stati Uniti beve la Coca-cola, il barbone all’angolo della strada beve la Coca-cola”.

“Le stelle non sono in cielo, le stelle sono sulla terra” (“stella” intesa come star del cinema).

Chi minimamente conosce gli Stati Uniti sa che sono la perfetta “societa’ dello spettacolo” – qualsiasi cosa e’ organizzata second le regole dello spettacolo, la politica in primis – e la competizione per accedervi e’ spietata. Perche’ e’ anche una societa’ estremamente massificata e omologata, in cui per i piu’ l’unico modo per uscire dall’anonimato e’ diventare in qualche modo, a qualche titolo partecipanti dello “spettacolo” e quindi piu’ o meno famosi. Il reality show e’ dunque l’evoluzione naturale della societa’ dello spettacolo – forse il suo punto d’arrivo finale? Comunque sia, lo stile di vita americano si e’ diffuso ed imposto in tutto il mondo, e Warhol ne e’ stato il principale ambasciatore perche’ le sue opere sono impresse a fuoco nell’immaginario collettivo planetario – per essere piu’ precisi pero’, sarebbe meglio dire il secondo Warhol.

C’e’ infatti da fare una distinzione tra la sua vita prima dell’attentato ad opera di Valerie Solanas del 1968 (in cui si salvo’ per miracolo) e dopo. Semplificando molto si potrebbe dire che da re dell’arte underground quale era prima del ‘68 si trasformo’ gradualmente, dopo l’attentato, in campione di conformismo e presenzialismo mondano.

Nella fase pre-’68 era preponderante la sua produzione di film e di screen tests; di questi ultimi ne esistono a centinaia e sono dei provini fatti a tutti coloro che si trovavano a passare per la sua celeberrima “factory”: inquadratura a camera fissa, di fronte e di profilo, per cercare di carpire la natura intima del soggetto, chiunque fosse,  perche’ per Warhol in tutti c’era qualcosa di interessante, tutti potevano essere delle star… Allo stesso modo funzionava il suo cinema: filmare per ore l’Empire State Building o uno che dormiva, o un altro che mangiava una banana, o la faccia di qualcun’altro ancora mentre era sottoposto a una sessione di sesso orale per vedere come reagiva – tutti I momenti della vita sono ugualmente importanti, non c’e’ bisogno di tagliare nulla… Quello che poi potremmo chiamare cinema d’azione funzionava cosi’: mettere insieme un gruppo di persone le piu’ disparate e vedere cosa succede, come interagiscono; camera fissa, senza sceneggiatura, senza montaggio. La maggior parte di questi film sono ovviamente noiosissimi, ma in alcuni casi la giusta miscela di protagonisti funzionava, come e’ ad esempio il caso di “Kitchen”, interpretato dalla bellissima Edie Sedgwick, la piu’ promettente delle “superstars” di Warhol che pero’ mori’ giovanissima e divenne un mito della ciltura underground. “Kitchen” e’ un gustoso esempio di “cinema da camera improvvisato”, con la cinepresa fissa sulla cucina di un appartamento da cui entrano ed escono personaggi nevrotici e ciarlieri, che agiscono presumibilmente sotto l’effetto di droghe esotiche. Da questo cinema derivano la sit-com televisiva e successivamente il reality show? Stilisticamente si’, almeno in parte, ma cio’ che li divide profondamente e’ il diversissimo processo di identificazione da parte del pubblico – nel senso che il reality di oggi e’ fatto in prevalenza con persone con le quali l’uomo-massa possa facilmente identificarsi, mentre i film di Warhol erano interpretati da artisti, poeti, marchettari, ricche ereditiere in cerca di avventure; alcuni tra loro comunque, come il leggendario Joe D’Allessandro, riuscirono in seguito ad intraprendere una carriera come attori veri e propri.

Come si e’ detto fu pero’ nella seconda parte della sua vita, in particolare negli anni ottanta, che Warhol si trasformo’ nell’alfiere del sistema americano e la sua opera seriale divento’  un’acritica celebrazione dello star system.

La geniale, disarmante semplicita’ della sua pop art e’ stata certamente sopravvalutata (la pop art italiana di Schifano e Rotella e’, almeno tecnicamente, sicuramente superiore alla sua) e tutti la conoscono fin troppo bene. Il suo lascito piu’ importante consiste nell’aver scoperto e lanciato grandi artisti come Jean-Michel Basquiat e soprattutto I Velvet Underground; e non solo per aver prodotto il loro primo album (Andy Warhol’s Velvet Underground featuring Nico – 1967), da molti – me compreso – considerato il disco piu’ importante nella storia della musica, ma anche per aver ispirato con la sua morte prematura quell’altro capolavoro di Lou Reed e John Cale che fu “Songs for ‘Drella”(1990).

Tuttavia, piaccia o non piaccia, a Warhol e’ riuscito cio’ in cui avevano fallito le avanguardie storiche e le neo-avanguardie del dopoguerra: portare l’arte alle masse, il che’ nel mondo  d’oggi significa portare l’arte nel mondo dei consumi e dell’intrattenimento.