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Il Libano brucia, l'Europa tace. Perché?

di Carlo Gambescia - 17/07/2006

 

Che tipo di riflessione politica più generale si può fare sull’offensiva israeliana in Libano?
Se ne può fare una di ordine interno - sulla crisi mediorientale - e discutere sulle ragioni degli uni o degli altri. Riflessione che potrebbe essere importante, solo se costituisse il punto di partenza di una effettiva pratica politica. Infatti l’agire politico, sul piano internazionale, implica la presenza di attori capaci di trasformare la teoria o analisi in pratica.
Ma l'Europa tace. Mostrando così di aver rinunciato a esercitare qualsiasi ruolo attivo nella politica mondiale.
In questo senso è più interessante riflettere sulle ragioni profonde del silenzio europeo di questi giorni. Esemplare è l’atteggiamento imbarazzato e inconcludente che hanno assunto Parigi, Londra, Berlino e Roma, in occasione del summit moscovita del G8. Per non parlare della totale inconsistenza politica, mostrata anche in Russia, dall’attuale Presidente della Commissione Europea.
A molti dispiacerà il nostro pessimismo… Ma purtroppo, piaccia o meno, l’Europa “comunitaria” è precipitata, e non da oggi, in una specie di condizione sonnambolica: è a un tempo vigile e non vigile. Ha un certo potenziale economico, e dunque si aggira per il mondo, ma non ha alcuna forza politica: perché nessuno, quando la vede camminare nel sonno, si spaventa più di tanto. E soprattutto nessuno ritiene opportuno svegliarla, e rivelare all'Europa, che se unisse forza economica e forza politica, potrebbe diventare, anche sul piano militare, una potenza di tutto rispetto. In grado di intervenire, dove ce ne fosse bisogno, trasformando la teoria in pratica.
Perché l’ Europa si è ridotta così? Sintetizziamo le cause in quattro punti.
Primo punto. La Seconda guerra mondiale è stata vinta da americani e russi e perduta dagli europei, a prescindere dagli schieramenti di appartenenza. Di qui la nascita di una condizione di sudditanza morale degli europei nei riguardi dell’alleato americano a causa dell 'aiuto "decisivo" ricevuto nella guerra contro il nazifascismo.
Secondo punto. La sudditanza morale è stata sostanziata da una dipendenza materiale e produttiva, che risale al Piano Marshall. Sudditanza che da allora si è sempre più approfondita a danno dell’Europa. Si può parlare di un’alleanza economica imposta con la forza materiale e morale, e divenuta per ragioni geopolitiche, ancora più stretta, durante la Guerra fredda. La cosiddetta globalizzazione, che sostanzialmente è un fenomeno tecnologico ed economico interno al capitalismo, viene oggi ideologicamente utilizzata, sulle due sponde dell’Atlantico, per rendere l’alleanza tra Stati Uniti ed Europa, addirittura, indissolubile.
Terzo punto. La credenza nell’ “ombrello americano” (nella capacità degli Usa di difenderci da eventuali avversari, prima i nazionalsocialisti e fascisti, poi i comunisti sovietici ), ha indebolito la capacità militare degli europei: sia in termini di selezione e inquadramento delle élite militari (al “mestiere delle armi”, per lunghi anni, almeno fino alla Prima Guerra del Golfo, i giovani, soprattutto di estrazione sociale medio-alta, hanno preferito altri lavori socialmente ed economicamente più rimunerativi); sia sul piano degli armamenti, della strategie militari (sempre coordinate strettamente con gli americani,) e degli investimenti economici (sempre “centellinati” sulla base dei desiderata statunitensi). Di qui l’attuale estrema debolezza militare dell’Europa. Che, attenzione, non ha impedito e non impedisce, la vendita sottobanco di armi europee a mezzo mondo… Insomma, non siamo in grado di difenderci, ma lucriamo sulle guerre altrui.
Quarto punto. Le dipendenze morali, economiche e militari, si sono saldate attraverso il progressivo interscambio professionale e culturale tra le due sponde dell’Atlantico, avvenuto soprattutto all'interno delle classi sociali più elevate dei rispettivi paesi (un sistema di relazioni alimentato dai gusti cinematografici e musicali imposti da Hollywood come comuni, ma fatto anche di contatti legati a periodi di studio e lavoro, impieghi spesso prestigiosi, affari più o meno puliti, eccetera) . Una crescente osmosi socioculturale, interna all'alta borghesia euro-americana, che si è fondata ideologicamente sulla condivisione di valori comuni. Due in particolare : la celebrazione del denaro e dello sviluppo a ogni costo e il culto ipocrita dei diritti umani, sulla cui concessione e riconoscimento decide tuttora, e di volta in volta, Washington. Di qui, quel rilievo sacramentale, frutto quasi di un riflesso pavloviano, che viene conferito all'alleanza con gli Stati Uniti, dalle classe dirigenti europee, in larghissima parte ormai americanizzate
L' americanizzazione morale, economica, militare e culturale europea implica - ecco il problema - l'assoluto rispetto per il Primo Alleato degli Stati Uniti: Israele. Attualmente, siamo giunti al punto, che chiunque osi criticare Israele non solo viene considerato immediatamente un nemico politico dell'America, ma un nemico tout court del genere umano.
Ora, una volta capito perché l'Europa tace, restano però da risolvere due difficilissimi problemi: chi sveglierà, e come, la sonnambula?