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“Flash mob” di massa a Roma: prove tecniche di “mobilitazione giovanile”?

di Enrico Galoppini - 15/11/2012

Fonte: europeanphoenix




Alla luce di quanto è accaduto in Piazza del Popolo, a Roma, alcuni giorni fa, credo che rileggere un mio precedente articolo sui “flash mob” possa essere d’una certa utilità per inquadrare intanto il fenomeno.

Che cosa è successo? Alcune migliaia di persone (dai 15 ai 30.000 presenti, si dice), nella quasi totalità adolescenti, hanno risposto ad una “convocazione” partita da Facebook e si sono radunate in piazza per scatenarsi sulle note di una “musica di un “cantante” coreano.

L’avvenimento colpisce per la sua evidente follia.

Intanto, non c’era un “artista” in carne ed ossa, per il quale valeva la pena di muoversi. Non era, dunque, un concerto (gratuito). Non c’era nemmeno un impianto da cui fuoriusciva ad un volume sufficientemente alto per improvvisare una ‘discoteca in piazza’ una musica registrata, la quale, invece, era perlopiù riprodotta dai telefonini degli stessi presenti, in preda ad un delirio, com’è verificabile dai filmati. Attenzione, i telefonini, più esattamente gli “smartphone”, sono stati sincronizzati, tramite apposita “applicazione”, affinché emettessero all’unisono questa “musica”: «“Posizionatevi dove volete e ballate rivolti verso il Pincio!”, avevano annunciato gli organizzatori che,  per far sentire la musica anche a chi era lontano dal palco, hanno fatto suonare il brano in modo sincronizzato sugli smartphone dei ragazzi in piazza»[1]. Ergo, non si tratta più di normali telefoni, che come dice la parola servono per parlare a distanza, ma di uno sviluppo molto più sofisticato ed insidioso di quest’apparecchio, il quale adesso permette a chiunque disponga delle chiavi d’accesso remoto di gestirne anche migliaia per volta, inserendovi i messaggi che vuole e ‘teleguidando’ i loro possessori, che tra l’altro s’accapigliano regolarmente per accaparrarsene l’ultimo modello in uscita, con un atteggiamento sfociante nell’idolatria e nel feticismo.

Lo “smartphone” è poi considerato da questi ragazzi una sorta di estensione del proprio corpo, o della propria “personalità” (che ancora non hanno), tant’è che ce l’hanno perennemente tra le mani, anche e soprattutto durante le ore di lezione a scuola, come può testimoniare qualsiasi insegnante. Ed è perciò visto come “autorevole”, nel senso che ai messaggi e alle informazioni che ne vengono tratte è attribuita la medesima ‘sacralità’ che un pensionato individua nelle “notizie” di un telegiornale che promanano da quell’altra protesi della propria “coscienza” che è il televisore. Da questi apparecchi, per tutti costoro, esce sempre qualcosa che ha il marchio dell’affidabilità, se non addirittura della “verità”.

Che cosa abbia esaltato questi giovani che credono – poveri allocchi - di essersi “autoconvocati” (nelle prime file hanno tutti la maglietta fornita da altri organizzatori), è presto detto: loro stessi erano “i protagonisti”, ovvero è stato il loro esserci per fare quel che hanno fatto “l’evento” stesso.

Chiunque abbia capito di quali istinti si nutre la “democrazia” non faticherà ad individuare il carattere squisitamente plebeo e farsescamente “partecipativo” di una simile situazione.

La “democrazia”, infatti, è illusione di poter “contare” offerta davvero a buon mercato a tutti, sia con lo strumento classico del voto sia con tutta una serie di comportamenti, uno più stereotipato dell’altro, compendiati nella parola “moda”, di cui la pubblicità, nel suo senso più ampio, è il vettore.

Il tutto all’insegna del “divertimento”, perché se c’è una cosa che l’uomo compiutamente “democratico” deve assolutamente fare è “divertirsi”, cioè sviare dal suo centro e perdersi così in indefinite occasioni di dispersione e discentramento.


“L’evento”, poi, è ovviamente di quelli “globali”, come documenta un sito appositamente dedicatogli. Così la gioventù che vi partecipa, e che costituisce, con la sua “coreografia”, l’evento stesso, si sente parte di un “movimento”, nel vero senso della parola. Di un’onda di “energia”, che passa per tutte le capitali del “villaggio globale”.

Ma ci sono anche altri aspetti da rilevare.

Bisogna infatti abituarsi a “guardare avanti”, a prevedere i successivi sviluppi di tendenze già evidenziatesi, nonché a ragionare “per esclusione”, cioè in base a quello che non succede e/o non può succedere poiché intollerabile da parte dei dominanti, anche se le modalità “ludiche” e “provocatorie” fossero le medesime.

Pensiamo quindi ad una “convocazione spontanea” (che – come detto - non può esistere) di migliaia di cittadini che nel breve volgere di tempo riempiono una delle principali piazze di Roma per gridare all’unisono, con tanto di apposito sottofondo musicale, “nazionalizziamo la Banca d’Italia!” e “moneta di popolo!”; oppure, in Via Veneto, di fronte all’ambasciata americana, “Via le basi Usa e Nato dall’Italia!”. Oppure, sempre senza preavviso, immaginiamo un’adunata di cittadini italiani di fede islamica, in una pubblica piazza, per impetrare il ristabilimento della “Legge di Dio” sulla terra. E non oso pensare cosa accadrebbe se, ad esempio il 28 ottobre, anniversario della Marcia su Roma, affluissero “spontaneamente”, in Piazza Venezia, migliaia di ragazzi in camicia nera per gridare “Viva il Duce!”, con tanto di musica “tecno balilla”!

“Scandalo” e “orrore”, e richiesta di “severi provvedimenti” sarebbero le reazioni dei benpensanti “democratici”, rappresentati dai loro affezionati “autorevoli” quotidiani e tv, con la forza pubblica che prontamente interverrebbe per bloccare ed identificare i presenti, per non parlare dei promotori sulla rete, addebitando loro una sequela di reati, tra cui l’occupazione di suolo pubblico e la manifestazione non organizzata.

Ma se invece si giunge a migliaia in una pubblica piazza per “divertirsi” e sbracarsi in maniera ‘dionisiaca’ in una fiera dell’assurdo e della demenza, allora va tutto bene e nessuno interviene, né ci si pone alcun dubbio sui rischi di un assembramento che, per le sue dimensioni, era suscettibile, per un nonnulla, di trasformarsi in un serio problema d’ordine pubblico.


Ma queste sono ancora domande da poco.

A mio avviso, qualche “manovratore”, sfruttando canali “innocui” come quello del “divertimento”, sta svolgendo delle prove tecniche di mobilitazione di masse giovanili, attraverso i “social network”, nel caso in cui ciò si rendesse necessario per motivi politici.

Oggi la politica che viene data in pasto alla gente è un puro spettacolo. Perciò, che cosa di meglio di una “rivoluzione mediatica”, con “popoli viola”, “indignati” o anche solo “giovani” fatti confluire in una piazza al centro dell’attenzione mediatica, per poi poter “teletrasmettere” la “rivolta”, la “rivoluzione” e l’inevitabile… “cambiamento”?

Muovere in questo senso migliaia di persone - specialmente giovani per i quali la “cultura”, la coltivazione di sé è un puro miraggio, essendo più importante la pettinatura, il capo d’abbigliamento, il tatuaggio, il “piercing” ecc. - non è affatto difficile. Tra l’altro si noti che tutte queste mode un tempo erano prerogativa di elementi della società posti ai suoi margini, mentre oggi pare “normale” agghindarsi come un pagliaccio, andare in giro come una svergognata o deturparsi come i classici galeotti dei film.

La questione da capire bene è che una massa di decerebrati – sulla quale i genitori, decerebrati come loro, non esercitano alcuna attrattiva - può essere spinta a fare qualsiasi cosa purché presentata nel modo giusto (che è quello che i “polli” sono propensi ad accettare).

Certamente, qui, parlando di “rivoluzione” non si ha in mente alcunché di palingenetico, di rinnovatore in profondità al punto da ritornare alle origini, come il termine stesso “rivoluzione” indica, e né stiamo considerando il suo significato corrente, che pur essendo inesatto e disordinato sarebbe pur sempre qualcosa, visti i tempi.

No, questi “giovani”, appositamente “mobilitati”, verrebbero lanciati come una massa d’urto ed usati dai “media globali” come uno spettacolo da esibire, per far credere che essi, con la loro sola “energia”, “sono il cambiamento”. Ma “cambiamento” in che direzione?

Tutto è abbastanza chiaro, se solo si fa caso all’insistenza ormai sempre più maniacale sui “diritti umani”, che tutto comprendono tranne che i veri aneliti universali dell’essere umano.

Spero di sbagliarmi, ma se il buongiorno si vede dal mattino, quando queste tecniche di “mobilitazione” di masse di “giovani” avranno raggiunto un grado sufficiente di operatività, ci sarà da vederne delle belle.

Così, una volta che una torma di decerebrati ossessionati dai “diritti” (“dei gay” e assimilati, “delle donne”, “dei giovani” eccetera), compendiati da quello di “fare come mi pare”, verrà catapultata contro una nuova ‘Bastiglia’, quello sarà il segnale che il famoso “mondo nuovo”, quello della “libertà senza limiti” traducentesi nei fatti nel suo esatto contrario, avrà finalmente preso inizio.



[1] http://www.leggilo.net/80643/flashmob-a-roma-per-30mila-giovani-sulle-note-di-gangnam-style-video.html.