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Cercasi amore per la fine del mondo

di Valerio Zecchini - 23/11/2012

 

“La  vita e’ sogno”, dice il titolo dell’opera piu’ famosa di Calderon  De La Barca; gli umani lo sanno benissimo, tuttavia cercano disperatamente di istituzionalizzare  e regolamentare questo sogno in tutte le maniere possibili e immaginabili, nell’illusione di renderlo un “sogno prevedibile”. Oggi questa pretesa e’ stata portata alla massima esasperazione: vogliamo catalogare, archiviare, collezionare tutto cio’ che esiste, e nel contempo ipotechiamo  il futuro con pagamenti a rate, mutui cinquantennali, assicurazioni di ogni tipo.  Sono tutti segnali di un’entropia generalizzata, di un ciclo dell’eterno ritorno sempre piu’ implacabile e insopportabile, di un diffuso sentimento della fine della Storia.

Ma probabilmente e’ proprio questo eccesso di prevedibilita’ che sta lentamente spegnendo le nostre anime. Si dira’: ma come, non viviamo nel culto  dell’insolito, dell’originalita’ e della novita’? I               nostri schermi televisivi non sono forse delle passerelle per personaggi strambi? Si’, ma e’ la cornice       entro cui  tutto cio’ avviene che non cambia da tempo immemorabile,  e l’inesorabilita’  di questo eterno  ritorno di tutte le cose, con le sue sempre piu’ miserabili varianti, ci ha irrimediabilmente usurato.

“Cercasi amore per la fine del mondo” e’ un road movie, una storia d’amore, una commedia (si tratta ovviamente di umorismo nero), ma non e’ un film di fantascienza, e’ anzi un film molto profondo e realistico sull’oggi, su quello che davvero succederebbe se domattina le  autorita’ dichiarassero ufficialmente che   mancano  tre settimane alla fine del mondo.

La  pellicola si apre appunto cosi’: viene  annunciate l’esplosione di un’astronave  che stava tentando di fermare un enorme asteroide diretto verso la terra – quella missione era l’ultima speranza. Proprio in quel momento Dodge (Steve Carell), il protagonista del film, viene lasciato dalla moglie che se ne va col figlio piccolo. E qui  c’e’  la prima idea geniale del film: Dodge e’ un compassato impiegato di una compagnia  di assicurazioni sulla vita, una professione che in un tale contesto suona come uno   scherzo      cosmico. Dopo un  goffo tentativo di suicidio, s’imbatte in Penny (Keira  Knightley), una stravagante vicina di casa molto piu’ giovane di lui, che a sua volta sta per scaricare il fidanzato fricchettone e ossessivo. Finira’ che  s’imbarcheranno insieme in un viaggio in auto fuori dalla metropoli  americana in cui vivono, lui per cercare una vecchia fiamma dei tempi dell’universita’, lei  per raggiugere gli amati genitori. Si ricongiungeranno  pero’ nel finale, perdutamente innamorati  l’uno dell’altra proprio perche’ apparentemente cosi’ diversi   l’una dall’altro.

Da notare che per tutto il viaggio Penny si porta dietro una dozzina di  dischi in vinile: l’unica proprieta’ che aveva scelto di salvare per gli ultimi venti giorni, prima di scappare dallo stabile in procinto di essere assaltato e saccheggiato dagli abitanti dei quartieri piu’  poveri.  E che vinili sono? John Cale, Lou Reed, Scott Walker Jr., Leonard Cohen, insomma la musica classica dei nostri giorni. Lui invece  decide di salvare il cane.

Intorno  a loro, tutto va in sfacelo nel modo che piu’ si addice a una societa’ ormai completamente postreligiosa: c’e’ chi soffoca l’angoscia continuando    a fare metodicamente cio’ che aveva sempre fatto,  come il poliziotto che assurdamente li arresta per eccesso di velocita’. Altri che si  danno al deboscio piu’ sfrenato, come il miglior  amico di Dodge, che assieme alla moglie   organizza megaparties a base di orge ed eroina, dove i bambini vengono obbligati a ubriacarsi di whiskey, perche’ se no quando lo   faranno? Nessuno parla di catarsi religiosa,tutti sono ormai totalmente estranei a qualsiasi forma di       autentica trascendenza, perfino  nell’approssimarsi dell’apocalisse; durante il viaggio si imbattono in una sorta di  battesimo collettivo in spiaggia, ma il tutto avviene in un clima di disperata convivialita’      -sembrano degli atei che hanno deciso di convertirsi all’ultimo momento (non si  sa mai…).

La scena finale e’ un commovente momento di grande cinema che non puo’ essere descritto ma soltanto visto.  In essa si condensano romanticamente tutti i surrogati della spiritualita’  rimasti all’uomo contemporaneo: l’amore, l’affetto per gli animali, l’abbandonarsi alla musica -  la piu’ pura tra tutte le arti.

Film preciso che coglie perfettamente lo spirito dei nostri tempi, con una sceneggiatura di ferro (della stessa Lorene Scafaria), una colonna sonora appropriatissima e attori in gran forma – va segnalato il bel cameo di Martin Sheen nella parte del padre del protagonista (per chi non se lo ricordasse, era l’ufficiale  dei marines incaricato di uccidere Marlon Brando in “Apocalypse now”).