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Manifestazione al Consolato libanese di Milano

di redazione - 20/07/2006




Circa duecento libanesi si sono ritrovati ieri in piazza Velasca a
Milano per protestare contro l'ingiustificata aggressione sionista
perpetrata a sangue freddo contro la popolazione inerme di quel
Paese. La manifestazione, organizzata dalla comunità libanese e
dall'A.S.Ri, si è svolta senza particolari tensioni, ma gli slogan
gridati e i volti commossi e tesi delle persone che vi
partecipavano, esprimevano tutto il dolore e l'impotenza che si
trova ancora una volta ad affrontare il popolo libanese di fronte
alla tracotanza e alla violenza sistematica dell'Entità sionista.
Una impotenza e un dolore che ben esprimeva il volto piangente di
una anziana donna, mentre le persone si accalcavano per raccontare
le proprie dolorose storie. "Ho perso mio fratello durante la guerra
civile" urla disperata una donna, "ora ho paura per i miei
familiari. Non riusciamo a parlare con loro, gli israeliani hanno
distrutto le linee telefoniche, non sappiamo dove sono andati".
E questo vale per tutti: chi ha moglie e figli dispersi, chi ha due
bambini handicappati e non ha più loro notizie, è un continuo
rincorrersi di voci, le urla si sovrappongono e ognuno vuole
raccontare la propria storia. I libanesi raccontano degli ospedali
distrutti, dei civili massacrati, delle loro case bruciate dai
cannoni e dagli aerei con la stella di David. Un uomo con gli occhi
lucidi urla sopra tutti e si chiede il perché di tutto questo, del
perché l'occidente non sta alzando un dito. Il suo silenzio lo rende
partecipe almeno quanto la macchina da guerra sionista in questi
veri e propri genocidi. "Stanno distruggendo un Paese che abbiamo
ricostruito dopo tanti anni di guerra per che cosa? Per due soldati?
Si può uccidere un popolo per due soldati?" urla un'altra persona.
Sunniti, sciiti, cristiani. Li si riconosce, soprattutto le donne,
dal loro modo di vestire. Sono tutti qui, indistintamente dal loro
credo religioso per gridare la loro rabbia contro chi sta radendo al
suolo il loro Paese. I cori aumentano di intensità. Due pacifisti
(italiani) ingenuamente cercano di portare nel gruppo uno striscione
con scritto "disarmo". Glielo impediscono. Disarmo per chi? Forse
non capiscono o non vogliono sentire gli slogan che inneggiano a
Nasrallah. Forse non vogliono sentire o fanno finta di non sentire
le grida che inneggiano alla "morte di Israele".
Perché questa è la verità che molti non vogliono accettare. Buona
parte dei libanesi accetta le azioni dei resistenti Hizbollah. Buona
parte dei libanesi e oggi e ogni giorno che passa saranno sempre di
più, odierà lo Stato occupante che affligge i loro fratelli
palestinesi. Perché stanno ancora una volta provando che cosa
significhi la volontà omicida dell'esercito sionista.
Dov'è l'Onu? Che fanno i Paesi che contano a livello internazionale?
Perché non si chiede a Tel Aviv di liberare le migliaia di ostaggi
libanesi ancora detenuti nelle carceri sioniste? Intanto un
gruppetto rumoreggia alla vista del quotidiano `Rinascita' che passa
nelle mani di alcuni giovani libanesi: evidentemente ritengono di
avere il monopolio sui dolori dei popoli, non rendendosi conto di
fare soltanto la parte degli sciacalli. Ringraziamo quindi il
consigliere provinciale Pietro Maria Maestri di Rifondazione
Comunista per aver espresso `democraticamente' il diritto alla
libera informazione bollando il sottoscritto (invitato dagli
organizzatori) come un nazista senza diritto di parola.
Cristiano Tinazzi


INTERVISTA

Wasim Mehdi, giovane libanese, italiano da parte di padre, ci
racconta che in Libano la situazione è molto grave. Qualcuno dice
anche peggio della precedente invasione sionista. "Noi vogliamo fare
una protesta oggi contro i bombardamenti continui dell'esercito
sionista. Abbiamo visto tantissimi civili morire e l'ONU è rimasta
ferma davanti a queste tragedie. Noi vogliamo che la nostra nazione
venga liberata e che l'ONU non si muova soltanto quando ci sono
degli interessi politici o economici. Chiediamo al mondo di muoversi
affinché possa fermare gli attacchi dell'esercito sionista" .


Voi pensate che la reazione spropositata israeliana in seguito al
rapimento dei due soldati sia soltanto una scusa per estendere il
conflitto a Siria e Iran? 
"Sicuramente, il tentativo è anche quello da parte dell'esercito
sionista è quello di coinvolgere Iran e Siria. Hanno già tentato di
coinvolgere la Repubblica Islamica accusandoli di aver fornito
missili a lunga gittata e personale militare agli Hezbollah. L'Iran
ha negato ogni forma di coinvolgimento e anche la Siria. A me dà
fastidio, sinceramente, questa differenza di valutazione che si sta
attuando nei mezzi di informazione a riguardo della situazione
libanese: i due soldati non sono ostaggi, ma prigionieri di guerra,
e ci sono migliaia di ostaggi, non detenuti, libanesi e palestinesi.
L'esercito sionista non ha rispettato i patti che sono stati presi
tramite la Germania con Hezbollah per quanto riguardava la
liberazione di molti ostaggi. E per la loro liberazione Hezbollah
non poteva fare altro che prendere dei prigionieri di guerra per
fare maggiore pressione su Tel Aviv. Abbiamo visto tutti poi come è
andata. L'esercito sionista non riconosce il valore dei diritti
umani ma soltanto la violenza dei missili. Mi dispiace che molti
canali di informazione italiani diano una informazione distorta di
ciò che sta succedendo. Fortunatamente c'è internet e ci si può
informare diversamente."

Come vedono i libanesi Hezbollah? Ora è l'unica forza che sta
combattendo contro gli invasori.
"In generale bene, e non soltanto i musulmani sciiti. Abbiamo visto
anche nelle manifestazioni di qualche mese fa più di un milione di
persone scendere in piazza per garantire l'esistenza di Hezbollah.
In generale, la maggior parte dei libanesi sostiene la lotta per
l'indipendenza. Ricordiamoci che esistono ancora alcune zone del
Paese che sono tuttora occupate dall'esercito sionista. Ricordiamo
che esistono ancora migliaia di ostaggi nelle mani di Tel Aviv.
Ricordiamo le centinaia di incursioni fatte dagli aerei con la
stella di Davide. Oggi ci sono cristiani, musulmani  sciiti e
sanniti tutti insieme per protestare contro questo crimine."

Tu hai parenti in Libano?
"Sì, io ho molti parenti, mio padre è italiano però adesso si trova
in Libano. Sono molto preoccupato per la situazione dei miei
familiari, soprattutto nei quartieri sciiti continuamente
bombardati. Mi duole il cuore vedere Beirut, dove ho passato la mia
infanzia, distrutta, vedere un fiume di sangue. Lascia un senso di
impotenza, perché l'unica cosa che posso fare è venire qui a Milano
a manifestare o tentare di chiamare i miei genitori per sapere
qualche cosa. Più di questo non posso fare."

C.T.