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Un sospetto negli ospedali di Beirut: «Tel Aviv sta usando bombe proibite»

di Giuseppe Zaccaria - 24/07/2006

 


BEIRUT. In ogni guerra giunge il momento dell'orrore, e per la spedizione punitiva sul Libano quel momento è adesso. In poche ore prima un giornale della capitale e poi un sito Internet diffondono fotografie dal contenuto orribile che però mostrano cosa sta accadendo ai quattro angoli del Paese, soprattutto dove le televisioni non possono arrivare. Sono immagini di pura macelleria, persone dilaniate dalle bombe, cancellate dagli spostamenti d'aria, quarti umani sparsi nella polvere, umani bruciati vivi da una sostanza che non si capisce ancora quale sia. Anche questa è propaganda, però appartiene a quel genere di propaganda che in poche ore fa il giro del mondo.

L'altra mattina a Beirut il giornale «Al Safir» (ossia l'ambasciatore, «la voce di chi non ha voce» come recita lo slogan sotto la testata) aveva pubblicato alcune istantanee purgate per quanto era possibile farlo e perfino con quei tagli le immagini erano risultate repellenti, troppo crude per attirare l'attenzione e vincere il rifiuto istintivo del lettore. Il quotidiano poi è di quelli minori, genericamente schierato a sinistra, insomma non proprio un «New York Times» libanese. Adesso ha aperto un sito dedicato a questo orrore.

Oggi la rete internet ripropone sequenze in versione integrale e lo fa attraverso un sito vicino alla resistenza irachena (http://www.uruknet.info) che non nasconde per nulla né il proprio antiamericanismo né l'avversione a Israele però con tutte le avvertenze del caso, credetelo, propone spettacoli difficili da reggere. Lo scopo di chi ha diffuso istantanee di pura macelleria è chiaro, si vuole spargere nel mondo orrore, esecrazione, sdegno, rispondere con la violenza delle immagini alla violenza delle armi. Certamente anche nella Galilea chi ha soccorso i coloni uccisi dai razzi di Hezbollah avrà visto analoghe panoplie di resti umani però in questo caso l'operazione è più inquietante poichè la galleria degli orrori viene proposta sotto un titolo all'apparenza innocente: «Can you help us, please?». Per favore potete aiutarci, sapete dirci quale tipo di arma può provocare simili danni?.

Il dubbio emerge dalle dichiarazioni di alcuni medici: i jet di Israele stanno adoperando armi proibite, o in parole più povere bombe al fosforo? Il direttore del «South Medical Center» di Saida, città del Sud si chiama Bashir Saam e mostrando una macabra sfilata di corpi anneriti lancia l'allarme. «Questi sono i corpi di alcune persone uccise il 17 luglio nelle incursioni contro un ponte e sono arrivati in condizioni davvero strane. Appaiono neri per le ustioni però hanno il cuoio capelluto intatto, nessun trauma interno però sono gonfi e puzzano in un modo che non ho mai sentito prima. Posso soltanto ipotizzare che siano stati colpiti da una sostanza chimica che li ha uccisi in un tempo piuttosto breve, qualcosa che dev'essere stato assorbito attraverso la pelle». «Non posso dire di più, abbiamo mandato copie delle fotografie all'Ordine nazionale del medici, a Xavier Solana e Kofi Annan sperando che almeno questo possa scuotere le coscienze». A Beirut cercare conferme mediche è difficile anche perchè attraversare la città al tramonto è attività da squilibrati, e gli ospedali sono sommersi di lavoro. Soltanto in cima alle colline cristiane nell'ospedale di Jabaal Amel c'è un medico disposto a concederci qualche minuto.

Si chiama Abdallah Shaab e spiega che tutti i colleghi disponibili sono impegnati in sala operatoria. «Ho visto anch'io quelle foto - dice - ma soprattutto un paio di giorni fa ho visto i resti di due persone giunte alla "morgue" di quest'ospedale. Erano i resti di padre e figlio che arrivavano dalla parte Sud della città, un uomo dal corpo arso in maniera innaturale un piccolo di tre o quattro anni tagliato in due. Anche noi stiamo cercando di capire cosa può averli ridotti in quel modo ma non abbiamo nè il tempo nè le attrezzature per farlo».

Al giornale «Al Safir» che ha la redazione ad Hamra - il solo quartiere di Beirut rimasto vivibile, con negozi aperti e un certo traffico dalle 8 alle 14 - è sorprendente accorgersi che il vero autore di un'iniziativa che sta attraversando il mondo è una donna. Si chiama Hanadi Saalman, ha di poco passato la trentina ed è l'equivalente del capo del settore esteri.

«Le foto erano diffuse dalle agenzie locali e internazionali - spiega, come travolta dagli effetti della sua scelta - noi abbiamo solo avuto il coraggio di metterle assieme...Non ho assolutamente idea di cosa documentino ma so che adesso in tutto il mondo ci sono èquipes che le stanno studiando per capire cosa possono dimostrare».

Queste foto sul piani informativo scateneranno l'inferno. Sono mixate in modo abile però documentano un orrore senza limiti: la bambina calcinata (Sidone, 17 luglio), pezzi di una donna (Tiro, 1Cool, quarti di umano (15 luglio, nei pressi di una base Onu), i frammenti devastati di una bambina a Wahabin (14 luglio), corpi carbonizzati sparsi. Pare che già alcuni reperti siano stati spediti in Europa. A tara sera Mario Aoun, segretario generale dell'albo dei medici, dichiara a «New Tv» che «ci sono seri indizi del fatto che sul nostro povero Paese si stanno usando armi chimiche. Che il mondo ci auti».


http://www.uruknet.info/?p=m24936