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Tiocfaidh ár là!

di Tommaso Della Longa - 27/07/2006



Una terra misteriosa, fiera, affascinante. Un popolo che dopo secoli di lotta non ha ancora abbassato la testa, in un’Europa sorda e cieca che fa finta di nulla. Già, perché la questione dell’Irlanda divisa in due, con le sei contee del nord ancora in mano all’invasore inglese, dovrebbe far gridare allo scandalo: come si fa a parlare tanto dei diritti fondamentali dell’uomo e del diritto all’autodeterminazione dei popoli quando in Europa ancora esiste una vera e propria colonia? Gruppi paramilitari, assassini, arresti sommari, carceri piene di prigionieri politici, sottomissione politica, culturale, economica. Questa è la situazione che i cattolici nordirlandesi sono obbligati a vivere quotidianamente, con i protestanti inglesi che controllano gli organi di informazione, la polizia, il sistema economico, il parlamento truffa di Stormont. Mentre negli ultimi tempi l’Irish Repubblican Army, l’esercito repubblicano irlandese che ha negli anni combattuto i britannici, ha siglato un vero e proprio cessate il fuoco e ha cercato di dialogare, da parte inglese, invece, sono continuati gli episodi di violenza e di odio in maniera indiscriminata. Solo pochi mesi fa, infatti, in un paese del nord un cattolico di 16 anni è stato ucciso a bastonate da un gruppo di protestanti. E se questa notizia ha avuto un minimo di impatto mediatico, nessuno ha detto che lo scorso 14 luglio è stato trovato un filmato che riprendeva l’aggressione, con vari insulti al ragazzo ucciso e la bandiera di un gruppo paramilitare protestante a chiudere. Nessuno ne ha parlato, i quotidiani inglesi non hanno neanche scritto una breve. Camminando per le strade di Belfast e di Derry, le due città più importanti del nord, si respira un’aria ancora molto tesa, con una sorta di coprifuoco “non ufficiale” che fa restare tutti dentro casa dalle undici della sera in poi. Le strade sono piene di splendidi murales, unico modo per esprimersi, e i cattolici hanno un forte culto dei caduti, tanto da avere anche un “parco della rimembranza”, come ce ne sono tanti in Italia. Se poi si guardano le finestre della case sulla storica Fall’s Road o nell’Ardoyne, storici quartieri cattolici, si notano tanti gigli bianchi esposti: il fiore della purezza significa che quella famiglia ha almeno un detenuto politico. E di gigli ce ne sono centinaia. E ancora, Belfast è divisa in due da un vero e proprio “muro” che divide e che ha un unico varco aperto solo di giorno. In Europa si festeggia la caduta del Muro di Berlino, come si fa a stare in silenzio davanti al vergognoso muro di Belfast? Anche nel resto delle sei contee si trovano a macchia di leopardo paesi protestanti e paesi cattolici. Come fare a riconoscerli? Basta guardare le bandiere per strada, “union jack” contro tricolori irlandesi, e la storia del posto: normalmente se il paese ha un castello o comunque qualche segno che riporta indietro nel tempo è sicuramente cattolico, gli agglomerati di prefabbricati e nuove costruzioni a schiera sono protestanti. Un po’ come in Palestina, anche in Irlanda l’invasore anglosassone ha colonizzato le terre con le “implantation”: fino ad una decina di anni fa venivano portati inglesi protestanti in terra irlandese e gli veniva regalato un appezzamento di terra e una casa. Perfino le pecore che si vedono dalle strade a pascolare sono schierate: quelle marchiate con un tondo verde sono di proprietario cattolico, quelle con un tondo rosso sono fedeli alla Regina! E’ una situazione paradossale, fa quasi sorridere a raccontarlo, ma è quello che quotidianamente gli irlandesi sono costretti a vivere. Quest’anno, però, è successo qualcosa di importante. Qualcosa che, forse, potrebbe iniziare a portare veramente la pace in queste terre martoriate dalla guerra e dall’odio. E’ difficile, infatti, che il popolo irlandese dimentichi il 12 luglio di quest’anno. Ma facciamo un passo indietro. Il 12 luglio del 1690 il Principe protestante Guglielmo d’Orange sconfisse l’esercito del Re cattolico Giacomo II. A distanza di qualche secolo, per ricordare questa vittoria, i protestanti “orangisti” organizzano ancora, a partire da giugno fino alla data del 12 luglio, una serie di manifestazioni e marce in tutta l’Irlanda del Nord, in particolare a Belfast. Puntuale tradizione di queste marce un po’ ridicole un po’ folkloristiche consiste nell’attraversamento, da parte dei protestanti dell’Orange Order insieme ai famigerati Ulster Freedom Fighters e Ulster Volunteer for Freedom, veri e propri gruppi paramilitari che vivono nell’impunità solo perché fedeli a Londra, dei quartieri cattolici al fine di affermare la supremazia della propria comunità, generando in modo scontato l’ira ed il risentimento della comunità irlandese. Nel 1997, in seguito ai ferocissimi scontri, i cosiddetti “troubles”, che quell’estate scoppiarono durante le manifestazioni, il governo filoinglese istituì la “Parades Commission”, con il compito di stabilire i percorsi delle marce. Peccato, però, che la Commissione sia ovviamente anch’essa schierata con i protestanti e che ogni anno autorizzi i “marcers” a transitare nei quartieri cattolici e, in particolare, a Belfast lungo una delle vie principali dell’area di Ardoyne (storico quartiere cattolico), piena di case e di negozi. E’ ovvio, quindi, che ogni anno scoppino i “troubles”, con i protestanti che provocano gli incidenti e i cattolici che difendono strenuamente i propri quartieri dagli inglesi e dall’esercito di sua maestà. Come si può chiedere alla comunità di Ardoyne, così pesantemente vessata per l’intero corso del conflitto e che in passato ha anche dovuto subire l’onta di vedere  i propri bambini attaccati  ed insultati lungo la via per la scuola  perché cattolici (la triste vicenda della Holy Chross School), senza essere mai stata tutelata né dallo Stato, né dalla polizia, né tantomeno dalla Commissione Nordirlandese per i Diritti Umani (che ha giudicato non meritevole di tutela la vicenda di Holy Cross) di subire passivamente le provocazioni unioniste e soprattutto di avere fiducia nello Stato? Anche l’anno scorso ci sono state ore di guerriglia urbana al tentativo protestante di entrare nell’Ardoyne, con l’esercito inglese che, dopo tanti anni, aveva nuovamente schierato il reparto dei parà colpevole del tristemente famoso “Bloody Sunday” di Derry, dove furono uccisi degli irlandesi che manifestavano pacificamente. Quest’anno, invece, qualcosa è cambiato ed è successo qualcosa di molto serio. Per la prima volta dal 1969 non ci sono stati scontri durante le “marcette” dei servi di Londra. La comunità cattolica, insieme ai “Provisional” dell’Ira (l’ala socialista nazionale dell’esercito repubblicano irlandese), sono riusciti a non far scendere in piazza l’esercito inglese e garantire l’assenza di “troubles” con un imponente servizio d’ordine tutto irlandese. Qualche decina di “arancioni” sono passati ai margini del quartiere cattolico, l’ala dura protestante è passata dietro al corteo su degli autobus “speciali” scortati dalla polizia, l’Ardoyne non ha visto nelle sue strade gli inglesi e non ci sono stati incidenti. Un anno speciale, una vittoria importante per gli irlandesi. Tra l’altro, la vittoria è resa ancora più importante dal clima che si respirava nei giorni antecedenti al 12 luglio. Aggressioni agli irlandesi e attacchi continui a tutte le chiese cattoliche. Sulle enormi pire che ogni anno i protestanti accendono per festeggiare la notte tra l’11 e il 12 erano stati sistemati i tricolori irlandesi, era stato scritto il nome del martire irlandese Bobby Sands, colonnello dell’Ira primo a morire nello sciopero della fame nei famigerati Blocchi H, carceri di massima sicurezza inglesi costruiti appositamente per i prigionieri politici, e tanto per chiudere in bellezza i protestanti avevano anche preparati alcuni manichini raffiguranti i caduti dell’Ira. E’ facilmente immaginabile la tensione che è scaturita da questi atteggiamenti provocatori e vergognosi dei fedeli alla Regina. Ma i cattolici hanno dato grande prova di maturità e sono riusciti ad arrivare all’obiettivo: bloccare le marce protestanti nei quartieri irlandesi, senza violenza. Alla notizia del video della morte del ragazzo cattolico, ovviamente, la tensione è subito risalita e, come ha raccontato padre Gary della Holy Chross Church di Belfast, il prete che ha scortato le bambine cattoliche a scuola nel triste episodio del 2001, “il conflitto cova nelle ceneri, basta una scintilla per far riscattare la molla della violenza e dell’odio”. Ma la comunità irlandese sembra avviata ormai verso un percorso intransigente di pace, senza mai dimenticare il sacrosanto diritto a difendere la propria terra.
Tiocfaidh ár là! (motto irlandese in gaelico che significa “il nostro giorno verrà”).